Del referendum sulle “riforme” costituzionali renziane si è cominciato a parlare. Non direi che se ne è cominciato a discutere, come, del resto, non si può dire che una vera, approfondita discussione se ne sia fatta e se ne faccia in Parlamento nelle due “letture” necessarie.
L’argomento primario è e rimane la frase di Renzi: “Se no me ne vado”. Che è, in fondo l’argomento più veritiero: la Costituzione viene modificata, ma, in realtà, “rottamata”, sconquassata, privata di quel tanto (o poco) di coerenza e di equilibrio che le erano propri e che sono l’essenza di ogni Costituzione, in funzione delle sorti di questo governo e del renzismo e, ahimè, del “Partito della Nazione”, la cui evocazione dovrebbe mettere in allarme ogni liberale ed ogni cittadino preoccupato della sorte delle libere istituzioni.
Il secondo dato saliente delle argomentazioni (si fa per dire) renziane a sostegno della “sua” riforma-rottamazione costituzionale è che è una riforma, il che è di per sé una sciocchezza, perché è l’ulteriore semplificazione dell’assioma “cambiare è bello”.
Terzo argomento è quello di carattere ancor più truffaldino, consistente nel fare tutto un fascio (senza allusioni pur possibili) tra riforme economiche, fiscali, amministrative, cioè di quelle nel campo di competenza dell’Esecutivo e delle sue responsabilità, e le riforme costituzionali, che dovrebbero, di regola, rimanere fuori dalle iniziative del Governo.
Ma non basta. Renzi, che proprio ora fa il galletto con le smargiassate nei confronti dell’Europa (non direi che fa l’euroscettico, che sarebbe già un atteggiamento più ragionevole e meno incoerente) ricorre spesso all’ulteriore truffa di far passare anche le riforme costituzionali come “richieste” e, magari “imposte” dall’Unione Europea. Alla quale non importa, ovviamente, un fico secco della rottamazione del Senato e del conseguente azzoppamento delle nomine del Presidente della Repubblica, dei Giudici Costituzionali e dei Componenti del C.S.M.
Detto tutto ciò va messo bene in chiaro che proporre di votare Si al referendum confermativo per parare il fondo schiena a Renzi è l’ultimo argomento nella scala delle assurdità politico-istituzionali, mentre votare No per levarselo dai piedi è una scelta che ha una certa coerenza con il rifiuto di accettare una manipolazione della Costituzione strumentale alla inamovibilità del “Partito della Nazione Renziana”.
C’è poi la questione delle “cattive compagnie” (la tesi di Cerasa e, forse, spero di no, di Giuliano Ferrara) con le quali ci si troverebbe a “mettersi” con quelli del No.
Mi scuso con i “Foglianti”, di cui apprezzo solitamente l’intelligenza. Ma anche questo è un equivoco ed una solenne sciocchezza.
Il referendum che si terrà (probabilmente) in ottobre non è una scelta tra la Costituzione più bella del mondo, come dice Benigni (che, infatti, non è un costituzionalista, né un cultore di problemi politici) e, magari, l’intangibilità della Costituzione di Rodotà e Zagrelbresky e la “novità renziana”.
Ma è un giudizio su queste cosiddette riforme costituzionali. Punto e basta.
Né esigenze pratiche della conduzione della campagne referendaria impongono forme più o meno marcate di uniformità di atteggiamenti e scelte di personaggi che rappresentino il No e ne garantiscano la credibilità.
Non ho mai avuto il tabù delle “cattive compagnie” (e ne ho sopportate tante e meno sollazzevoli che so, di quella di Benigni) ma in questo caso non si può neppure parlare di “compagnie”, di “comitato per il NO” (ognuno se ne può fare quello che più gli piaccia).
Ognuno dia il meglio per chi sa apprezzarlo.
Unica esigenza è quella di non negare a nessuno il diritto di stare da questa parte, rispettandone, come del resto è un dovere, le opinioni e non ponendo stupide valutazioni “qualitative” del voto di rigetto.
Una raccomandazione, che va fatta sia a microscopiche (e del resto distratte da altri, grotteschi impegni) entità ed ectoplasmi (penso, purtroppo, a quella cosiddetta Radicale) ed a forze significative, come quelle espresse da Berlusconi: nessuno pretenda di tirar fuori “il vero NO sono io”, ci sono modi meno ridicoli per suicidarsi. Lasciamo a Renzi di crogiolarsi con il suo “il SI sono io”. Che potrebbe andargli di traverso.
Mauro Mellini