Non si contano le strette di mano dei Capi di Stato occidentali a Salmane ben Abdelaziz Al Saoud, Re dell’Arabia Saudita.
Eppure secondo Amnesty International, l’Arabia Saudita fa parte dei paesi che applicano la pena di morte ed il cui triste bilancio di esecuzioni è ancora aumentato. Il metodo più utilizzato è quello della decapitazione in un clima di cinismo al quale si aggiunge la sordità agli appelli da parte di associazioni ed anche di Capi di Stato la cui sincerità potrebbe essere messa in dubbio.
Chi sta intervenendo per Raëf Badawi, il blogger saudita condannato a 10 anni di prigione ed a mille frustate per aver parlato di un’Arabia Saudita più libera? Chi sta intervenendo per il giovanissimo Ali Mohammed al-Nimr condannato a morte nel maggio scorso per aver manifestato contro la monarchia? E per il poeta palestinese Ashraf Fayad condannato a morte per apostasia? Fayad che rappresentò l’Arabia Saudita alla Biennale di Venezia nel 2013 ma indagato della “polizia religiosa” per propositi atei. Già la definizione “polizia religiosa” è inquietante.
Questi tre ragazzi sono un simbolo ma l’elenco è troppo lungo. Human Rights Watch, Amnesty International ed altre associazioni per i diritti umani continuano a ricordare la loro sorte al mondo. La loro e quella di tanti sconosciuti.
Renzi è andato in visita nel reame in novembre. Amnesty International Italia e Rete Italiana per il Disarmo, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e sulle politiche di difesa e sicurezza (Opal) di Brescia avevano richiesto la sospensione dell’invio di sistemi militari all’Arabia Saudita impegnata in un sanguinoso conflitto nello Yemen. Di diritti umani non è stata questione e l’Italia continua ad esportare bombe. Ma non è proprio l’Italia la promotrice del “Trattato internazionale sul commercio di armi”?
La Francia non è da meno. Vogliamo ricordare il tweet del 13 ottobre scorso del Primo Ministro Manuel Valls? “Francia-Arabia Saudita: 10 miliardi di € dei contratti ! Il Governo (francese) mobilitato per le aziende ed il lavoro”.
Meno male che c’è la Svezia che, nel marzo scorso, ha posto fine all’accordo di collaborazione militare firmato con l’Arabia Saudita nel 2005. L’Ambasciatore saudita è stato richiamato in patria ma gli svedesi hanno mantenuto la loro decisione.
Intanto che i tre ragazzi possono solo sperare nella grazie reale, i grandi di questo mondo parlano del futuro ecologico del pianeta e della pace.
Luisa Pace