In questi momenti di conforto/sconforto seguiti alle dimissioni dell’ex-Sindaco Marino (sono mesi che lo chiamo così e finalmente la storia mi ha dato ragione), quello che mi interessa di più sono le urla piangenti degli inconsolabili.
La scomparsa dell’ex-Sindaco ha provocato reazioni di rabbia e dolore, che inevitabilmente hanno prodotto motivazioni per tale sconforto che oscillano tra l’elencazione pedissequa dei suoi meriti, al confronto con i predecessori, fino alle infauste previsioni sul futuro (nero) di questa città.
Io personalmente non solo non mi appassiono alla diatriba in quanto avevo previsto questa fine già da tempo, ma mi dissocio dalle analisi seppur fatte in buona fede da chi considera le dimissioni di Marino una iattura, pur avendolo (ahimé) votato.
Sapete, se ci si sofferma sui dettagli, e se si usa il noto e ben rodato italico strumento del benaltrismo, qualsiasi episodio può essere letto come si desidera.
Io invece vorrei prendere un bel grandangolo e fotografare Roma da lontano, ORA, in questo esatto momento, dopo due anni di amministrazione di Marino.
E quello che vedo non mi piace.
E sinceramente non me ne frega niente se Alemanno è stato peggio, se i dipendenti comunali remano contro, se il partito fa la fronda, se la mafia, la camorra, etc etc etc.
Non me ne frega una beneamata mazza.
A me frega che Roma è diventata ancora più invivibile, che le strade sono ormai dissestate, che il trasporto pubblico non è più al collasso ma all’infarto del miocardio, che i vigili scioperano a capodanno e i tassisti bloccano la città, a me frega che la mondezza è dappertutto, che il ponte della musica è pieno della merda di quelli che ci vanno a fare le feste di compleanno e poi lasciano tutto li e non pulisce nessuno, che cinquecento metri di marciapiede da casa mia alla scuola di mia figlia sono diventati una discarica, che tutti gli esercizi commerciali hanno uno zingaro o un nero di fuori che chiede l’elemosina, che non si trova parcheggio neanche a pagamento, che Via dei Fori Imperiali è pedonale ma Viale Libia un inferno di metallo, che ormai i rom che frugano i cassonetti si sono organizzati e li tengono sempre aperti così non devono neanche più fare fatica, che ai bar del centro fregano tutti i turisti, che intorno a Fontana di Trevi, al Colosseo, a Piazza Navona e così via stazionano centinaia se non mi gliaia di pakistani con le loro cassettine e i loro pupazzetti che si infrangono migliaia di volte al giorno contro una tavola, che tutti i commercianti e i punti di ristoro invadono i marciapiedi senza pagare, e se chiedi lo scontrino sei solo un rompicoglioni.
A me mi frega solo che questa città, la MIA città, la culla della cultura occidentale, della cristianità, la Capitale d’Italia, la depositaria di una storia, cultura e arte unici al mondo, questa città è diventata uno schifo, e dopo due anni è anche peggio.
Quindi asciugatevi le lacrime, vedove inconsolabili.
Era ora.
Era veramente ora.