La Corte di Appello di Catania, Prima Sezione Civile, con la sentenza n. 1011/2015 pubblicata lo scorso 10 giugno ha condannato il MINISTERO DELL’INTERNO al pagamento in favore di MESSINA Dario Marco Carmelo, difeso dall’Avv. Giuseppe Lipera, della somma di € 162.625,00 a titolo di risarcimento danni.
La Corte di Appello infatti, rigettando l’impugnazione proposta dal MINISTERO DELL’INTERNO avverso la sentenza n. 4559/2009 emessa dal Tribunale di Catania, nei confronti del MESSINA Dario, la quale aveva già l’Amministrazione dello Stato in primo grado, ha accolto l’appello incidentale proposto dal MESSINA, per il tramite dell’Avv. Lipera, quantificando in misura di gran lunga superiore il risarcimento dei danni patiti dal medesimo.
Il triste fatto che ha visto coinvolto il MESSINA si è verificato il 26/7/2003, allorquando il medesimo, all’epoca ventitreenne, mentre percorreva il Viale Africa di Catania a bordo di un ciclomotore, dopo un inseguimento, era stato fermato da agenti della Polizia di Stato, i quali lo avevano fatto cadere dal detto motociclo e dopo averlo ammanettato lo avevano picchiato selvaggiamente e quindi arrestato per resistenza.
A causa di tale violenta condotta assunta dagli agenti, il MESSINA riportava gravi lesioni fisiche delle quali era derivato un danno biologico permanente e temporaneo, nonché danni morali e materiali.
Per questa ragione il MESSINA nell’anno 2006 citava in giudizio il Ministero dell’Interno dinnanzi il Tribunale Civile di Catania per chiedere la condanna del predetto Ministero al pagamento a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti.
Il Tribunale di Catania con sentenza n. 4559/2009 condannava il Ministero dell’Interno al pagamento a titolo di risarcimento danni in favore del Messina di € 74.830,50.
Proponeva, quindi, appello il Ministero lamentando l’erroneità della sentenza impugnata; il MESSINA, dal canto suo, costituitosi nel giudizio di secondo grado, chiedeva il rigetto dell’appello e, a sua volta, proponeva appello incidentale per censurare la quantificazione del danno operata dal Tribunale.
Nel caso specifico, nell’atto di impugnazione il Ministero lamentava che il Tribunale avrebbe operato una errata valutazione delle prove testimoniali escusse, atteso che i testi non erano stati indicati come tali nel procedimento penale svoltosi a carico del MESSINA per il reato di resistenza ufficiale nel biennio 2003/2004.
Sul punto, il Collegio ha ampiamente motivato la condanna del Ministero dell’Interno rilevando che “la valutazione delle prove testimoniali escusse operate dal primo giudice non appare per niente scalfita dalle critiche mosse dall’appellante ministero. Invero la circostanza afferente alla mancata indicazione dei testi escussi in sede civile nel giudizio penale come testi a discolpa perde del tutto di rilievo a fronte di quanto dedotto dalla stessa parte appellata nella comparsa di costituzione secondo cui i detti testi erano stati indicati ritualmente nella lista depositata alla prima udienza dibattimentale alla quale il difensore del Messina non aveva potuto presenziare; che costui aveva a tal fine depositato apposita istanza di rinvio che non era stata riscontrata per errore dal giudice, così da far andare avanti il dibattimento con la nomina di un difensore d’ufficio che non era a conoscenza della esistenza dei testi da escutere; che tale rilievo difensivo era stato svolto a sostegno dell’appello proposto avverso la sentenza n. 3503/2004 emessa all’esito del dibattimento penale svoltosi quindi in modo lesivo dei diritti della difesa, sentenza che il difensore del Messina ha nella comparsa conclusionale dichiarato essere stata annullata all’esito del giudizio di appello. A fronte di tale specifica e plausibile argomentazione si appalesa l’inconducenza della mancata escussione in sede penale dei testi escussi in sede civile”.
In definitiva, a giudizio della Corte le critiche formulate dal Ministero non hanno consentito affatto di mirare l’attendibilità dei testi escussi nel corso del primo grado.
Il Ministero deve, quindi, adesso corrispondere al mal capitato € 162.625,00, a titolo di risarcimento di tutti i danni, morali e materiali, sofferti dal MESSINA oltre gli interesse legali e le spese giudiziali.