Giovedì 15 maggio 2014, alle ore 18, presso la Feltrinelli di Catania, in via Etnea n. 285, presentazione del libro Maffia e delinquenza in Sicilia, di Giuseppe De Felice Giuffrida (Edizioni di storia e studi sociali). Rosario Mangiameli, curatore dell’opera, ne discute con Giuseppe Astuto, professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche nella stessa Università. Introduce e coordina il dibattito Renato Camarda, giornalista e componente del direttivo catanese dell’associazione Libera.
Giuseppe De Felice Giuffrida (1859-1920), noto come sindaco di Catania nel primo ventennio del XX secolo, scrisse Maffia e delinquenza in Sicilia in occasione del processo che si celebrò a Milano (1899-1900) per l’assassinio dell’ex direttore generale del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo. Fu quello il primo «assassinio eccellente» compiuto dalla mafia, segno della sua pericolosità e capacità di muoversi al di fuori degli ambiti territoriali e sociali in cui la tradizione la confinava. Il processo pose così per la prima volta all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la questione mafiosa. Con una serie di articoli pubblicati sul quotidiano socialista «Avanti!» e poi raccolti in questo libro De Felice contribuì non solo alla controinformazione, sventando tentativi di insabbiamento delle prove, ma alla stessa incriminazione dei presunti colpevoli: il deputato Raffaele Palizzolo e il campiere Giuseppe Fontana, protetti da una spessa cortina di solidarietà nella Palermo di quegli anni.
Maffia e delinquenza è un esempio della capacità politica di contrastare la mafia, ma anche della qualità di un dirigente popolare, che la storiografia ha troppo spesso relegato al solo ruolo di amministratore locale.
Giuseppe De Felice Giuffrida. Socialista, deputato dal 1892, si distinse nel giornalismo e fu tra i principali organizzatori dei Fasci dei lavoratori in Sicilia: venne perciò arrestato e condannato all’epoca dei moti del 1894. Amnistiato, sedette alla Camera dalla XVIII alla XXV legislatura. Attento ai fenomeni di degenerazione nella vita politica siciliana, denunciò a più riprese le connessioni tra mafia e potere politico in Sicilia. Un suo articolo sull’Avanti! dell’ottobre 1900 lo portò in tribunale nelle vesti di imputato per diffamazione, sicché venne condannato a tredici mesi di reclusione, sei dei quali gli furono condonati. A Catania promosse attività economiche e tentativi di larghe municipalizzazioni di servizi pubblici. Fu autore di numerosi saggi, tra cui: La voce d’uno scamiciato: versi, Catania, Tipografia di F. Martinez, 18; Popolazione e Socialismo, Palermo, Biondo, 1896; Maffia e delinquenza in Sicilia. Milano, Società editrice lombarda, 1900; La questione sociale in Sicilia. Roma, 1901; Le aberrazioni dei separatisti, in «Corriere di Catania», 25 settembre 1902.
Rosario Mangiameli. Docente ordinario di Storia contemporanea alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Catania. Ha pubblicato studi sulla politica di occupazione alleata nel corso della seconda guerra mondiale e sulla nascita dell’autonomia siciliana. Ha dedicato vari saggi anche alla questione mafiosa. Tra le sue pubblicazioni: Misurarsi con il regime. Percorsi di vita nella Sicilia fascista, Bonanno editore, 2008; La mafia tra stereotipo e storia, Sciascia editore, 2000; La regione in guerra, in Storia d’Italia, La Sicilia, Einaudi, 1987. Ha curato: Autonomie. Micronazionalismi e regionalismi in Europa, ed.it, 2011; Confessioni di un brigante, XL edizioni, 2013 Collabora a diverse riviste, tra cui «Meridiana»; è membro del direttivo della Società Italiana per lo studio della Storia Contemporanea.