Nei giorni che precedono le elezioni politiche si vive, e nella nostra città in modo particolare,una vera “kermesse”che nessuna descrizione letteraria, per quanto vicina alla realtà, fotograficherà in modo conforme le grottesche e paradossali situazioni che si vengono a creare.
I quartieri si animano di cartoni-pubblicitari che irradiano volti di candidati nuovi e sempiterni; sorgono, dappertutto, comitati di partiti e partitini storici e riciclati che decantano lee loro proposte programmatiche obsolete o stantie con l’aggiunta di qualche promessa, che non verrà mai mantenuta, come panacea di ogni male. Le segreterie, quelle da sempre esistenti ma fino ad allora semi deserte, si rianimano di attivisti dispopsti a tuuto per il candidato scelto. Le halls degli alberghi pullulano di gente invitata o auto invitatasi ai ricevimenti e banchetti organizzati da questo o quel candidato, da questo o quel partito e, siccome si mangia tanto e molto bene capita sovente di vedere le stesse facce partecipare a tutte le feste, strafottendosene del colore o dell’ideale politico. Il vero “Scoop”, però,lo riservano gli stessi candidati i quali, per non lasciare niente di intentato vanno di persona, porta a porta, come testimoni di una verità religiosa, a fare volantinaggio, orgogliosi di distribuire direttamente ai mai ostili elettori il loro “mezzo-busto” dove primeggia, più che l’appartenenza politica, il volto ottimista e sorridente che ispira rassicurante bonarietà.
Come dicevo, accade di tutto. Ecco, ad esempio, un dialogo reale di cui sono stata diretta testimone. La giornata volgeva al termine quando sento scampanellare. Accompagnata dal mio fedele segugio-nano,apro la porta. Sul pianerottolo ci sono più persone con bigliettini e volantini. Dalle fotografie riconosco il volto del candidato che è in mezzo a loro. Mi sento lusingata, il mio cane no! Tant’è che,quasi per giusta intuizione,vorrebbe cacciare via tutti,con il suo persistente e convintissimo abbaiare. Lo calmo e mi scuso con gli astanti dicendo:
“Questo è un cane di razza, ha addirittura il “pedicure”!
– parafrasando per scherzo l’inesatto termine che i miei figli, allora bambini, usavano per definire il nostro ospite a quattro zampe.
Il candidato guarda, sorride e risponde:
“Anch’io ne ho uno a casa col “pedicure”-
Mi confondo perchè immaginare un cane con queste caratteristiche non è facile. Penso, allora: “Se dice sul serio è un poveraccio ignorante, ma può anche darsi, forse, che in un momento così delicato, dove ogni strategia viene spesa per convincere al voto, non vuole irritare la mia suscettibilità con una inopportuna correzione, preferendo tenersi il suo cane con un inimmaginabile e imbrobabile “pedicure” anziché col più corretto “pedigree”.
Intanto, mentre uno del gruppo pigia il campanello del mio dirimpettaio, il candidato incomincia ad illustrare il suo programma:
“ Basta col clientelismo e l’ illegalità – dice – anch’io sono stanco e provo vergogna vedere la nostra Sicilia all’ultimo posto di ogni graduatoria, specialmente nello sviluppo”. Parla, parla, parla…
Trovo quelle parole foriere di intenzioni perfettamente condivisibili e il tono di voce sicuro e rassicurante. Il mio spirito si rinfranca.
Si apre, intanto, l’altra porta,il mio coinquilino sull’uscio incrocia lo sguardo del candidato e, dopo solo un attimo di incertezza, i volti si irradiano. I due si abbracciano, si baciano, si fanno festa:
“Vicenzu caru!” –dice il mio dirimpettaio.
“Pippuzzu beddru! – risponde il candidato-Ma chi avrebbe mai potuto immaginare di bussare alla tua porta e rivederti dopo, che dire ? Trent’anni? Dove sei stato? Non dirmi che ti sei sposato! (Questa ultima osservazione mi fece un po sorridere, tenendo conto della non più tenera età di entrambi) Ti ho spesso pensato, riandando alla nostra bella infanzia ma di te non ho saputo più nulla”.
Così cominciano a raccontarsi e parla , parla, confidenzialmente, si arriva al dunque.
Ci nni sunnu figli? –domanda premuroso il candidato.
“Dù”
“Travaglianu?
“Ma quannumà! Di granni sù granni e macari diplomati, ma ‘u travagliu ‘un si vidi mancu cu binoculu!”.
A questa affermazione il candidato si adira, monta letteralmente in collera e con espressione risentita risponde:
“Ma comu! Chi razza di patri snaturatu si! Cu dù picciotti ca tampasianu casa casa e tu non ti fai ‘na passiata pi vinirimi a truvari na mè segreteria?”
Alle parole magiche, la moglie che si era tenuta in disparte, nascosta nei meandri più reconditi del focolare domestico, come per magia, appare sul pianerottolo esordendo:
“Chi piaciri, trasissi, trasisissi!”
Tutto lo Staff, senza degnarmi di un qualche saluto, entra mentre io, stizzita, chiudo la porta e, pensando al suo programma, mi rammarico per il fatto di non avergli detto che oltre al vivace cagnolino ho tre figli grandi, diplomati e da sistemare. Virità pi virità, ancora oggi me lo porto addosso come peccato! Che grande errore! Presa così alla sprovvista, non aggiunsi “trasissi, trasissi!”
Altro che novelle pirandelliane!!!
FARSA SICILIANA
Un angilu, passannu tra la terra,
sintì fracassu comu fussi guerra,
fuddra di genti ca ‘n mezzastrata stava,
cu si vasava o puru s’abbrazzava.
Fu curiusu, perciò vosi spiari:
ci rispunneru ca si jiva a vutari.
Era ‘na festa e quant’alligria!
Si facivanu tutti cumpagnia.
Di li discursa ca sintiva fari
ci parsi ca vulivanu aiutari
cu ‘no bisognu pirmanenti stava
ca, cunurtatu, oramà si cunsulava.
Tra li vaneddri, vecchi ma’ nningati,
abbrazzettu vinivanu addistrati
di ‘na para, risuluti ‘no parlari,
accù lu votu bisugnava dari.
Arrunghiati ‘ne seggi elettorali,
si nni stavanu addritta comu pali
e mustravanu fotografii di tanti
ca parivanu beddri comu santi.
L’angilu, mparpagliatu nni la menti,
si vuliva ammiscari tra la genti
pi capiri s’iddru avja strammatu
o lu munnu di bottu era cangiatu.
Ma unn’ happi tempu di s’arriminari
c’arrivà ‘u spogliu e si misiru a cuntari,
e si ‘na para cuntenta si nni stava,
c’era l’antra ca ‘ncazzata bastimiava
picchì lu numaru di lu cunsensu a vuci
nun cumbaciava ca summa di li cruci. .
All’angilu ci parsi cosa strana,
ma, piccù sapi, è tutta farsa siciliana.