Parigi ha l’aria marziale. Gli archi, le statue, oro, nero, bronzo. Parigi, i cannoni del museo delle armi, le bandiere. Napoleone porta gli occhiali e corre in motorino. È buffo, ma lui non lo sa. Parla di armi, guerra e nucleare e gioca a far affari con la Russia, l’India, l’Iran. Napoleone con il casco e il motorino. La Francia sembra invidiare l’America. Quella dei missili, dei carri armati, del napalm e dei marines.
I “marines” di Parigi vanno a passo veloce con il loro copricapo a forma di pentolino. Corrono a destra e a manca. Sono militari. Militari, persone che prestano servizio presso un corpo militare. Non sono soldati. Non sono soldati veri. Le loro scarpe non hanno conosciuto la polvere e il sangue. Sono come i soldatini di carta degli anni ’60, solo un po’ più grassi, meno belli, meno autorevoli. Somigliano ai moderni Napoleone tutti in guerra dalla scrivania. Chissà se anche loro vanno in motorino, chissà. Andranno con il casco o metteranno il pentolino?
Ogni tanto ne vedi uno diverso. Un pentolino grigio-verde sulla testa, il passo più lento ma sicuro. Lo sguardo attento. Quelle scarpe lucide, quelle divise in ordine, se non hanno conosciuto la polvere del campo dove scorre il sangue, certamente hanno conosciuto quella dei campi di un addestramento duro. Sono legionari. Soldati! Una ronda. Due ai lati, uno al centro. Non hanno pentolini sulla testa. L’indice è lungo, leggero, disteso a fianco del copridito del mitra. Gli anfibi si muovono lenti. Soldati! Parigi è anche allerta terrorismo.
Champs-Elysees. Divise blu, manganelli. Anche qui passi lenti. Sono le forze di polizia, quelli dell’antisommossa. All’ingresso dei negozi la sicurezza. La maggior parte sono uomini di colore. Spalle larghe, collo taurino. Tanto quanto basterebbe a scoraggiare un eventuale malintenzionato. I parigini per strada corrono. Lo sguardo perso nel vuoto. Sembrano zombie che vanno di fretta. Accelerano il passo, ti superano, si fermano. Se ti eri chiesto dove andassero così di premura, adesso lo sai: da nessuna parte.
Sul bus e nel metrò i soliti volti tristi e grigi. Grigi come il cielo, le case e la Senna nei giorni in cui non c’è il sole. Il più del tempo. I parigini non schiamazzano, non parlano, non sorridono. Con la musica nelle orecchie e i loro volti tristi vanno con lo sguardo perso nel vuoto. Tristi zombie sotto un cielo grigio interrotto dal volo dei corvi. Non ho mai visto una città con tanti corvi quanti ce ne sono qui a Parigi. Corvi e piccioni. Piccioni e corvi. Un gabbiano taglia il cielo sopra la Senna. Più che un volo libero sembra una fuga. Avrà premura anche lui? Quella premura per nulla?
Gente triste, pensierosa, paurosa. Basta poco per aver paura. Un gruppetto di uomini di colore, la storia di una rapina in un negozio, un’altra ad un bancomat. È terrore! Mi viene in mente una canzone di De Andrè, il Bombarolo: “Chi non terrorizza s’ammala di terrore…”
A Parigi a terrorizzare devono essere veramente in pochi… La tv manda continuamente in onda le interviste ad una dozzina di testimoni di una rapina ad un negozio. Niente spari, niente sangue. Eppure, sono tutti sotto shock. Un tizio dinanzi al bancomat viene avvicinato da alcuni ragazzetti. Maschi e femmine. Nessuno ha in mano un’arma. Una ragazzina digita il prelievo. Infila i soldi in tasca. Vanno via. Non corrono, non hanno paura. A Palermo, Napoli, Roma o Milano, sarebbero fuggiti via di corsa. A Palermo, Napoli, Roma o Milano, l’uomo dinanzi al bancomat non avrebbe consegnato i soldi. A Milano forse avrebbero preso un paio di ceffoni. Da Roma in giù poteva andar peggio e si sarebbero dovuti augurare che la polizia giungesse in tempo utile.
Una donna è stata molestata, palpeggiata, dentro il metrò. Un ubriaco, uno come tanti. Lei ha urlato, chiesto aiuto, reagito. Non è intervenuto nessuno. Eppure, sembra che almeno in trenta abbiano assistito alla scena. Han fatto finta di nulla e poi, al momento di salire sul metrò, hanno scelto un vagone diverso da quello dov’era salita la ragazza con il molestatore ubriaco. “Avevo paura che reagisse contro di me” – si giustifica uno dei testimoni. “Chi non terrorizza s’ammala di terrore”. Eppure c’erano almeno trenta persone…
Agli sportelli degli uffici, alle casse dei supermercati, alle biglietterie, le code sono ordinate. Le strade sono pulite. Qui esiste il senso civico. Un raggio di sole rompe il grigio del cielo. Dinanzi ai bar, i tavolinetti delle terrazze sono gremiti. Due, tre per ogni tavolo. Senti le loro voci. Anche loro parlano. Come le lucertole al primo raggio di sole sono usciti tutti. Non corrono. Stanno ai tavoli, chiacchierano e offrono ai raggi i cerulei volti. Ti sembra quasi che sorridano. Sotto un raggio di sole Parigi è diversa. Il grigio non è più grigio, è bianco. Le tende dei bar hanno colore. I giardini sono verdi e i fiori, come tutti i fiori del mondo, sono colorati.
Pentolini colorati continuano ad agitarsi nel nulla. Le ronde continuano a far la ronda. La gente però sembra aver meno paura, è meno triste e pensierosa. Napoleone non va più i motorino. Senza casco sorride alle telecamere. Continua a essere buffo. Buffo più dei pentolini sulla testa dei militari. E dire che da italiano dovrei essermi abituato a tutto. Un presidente barzellettiere – per non dire altro – che ci ha resi ridicoli agli occhi del mondo. Eppure, non riesco proprio ad abituarmi all’idea che in Francia sieda un Napoleone che gioca a far la guerra e conduce gli affari nazionali, dal nucleare agli armamenti militari, con il suo buffo sorriso e le sue vacue promesse.
Forse era meglio se avesse continuato ad andare in motorino..
Gjm