Barbara Rizzo, in Asta, è stata brutalmente assassinata nella Strage di Pizzolungo, (Erice) mentre accompagnava poco dopo le 8:35 del mattino, a scuola i suoi piccoli gemelli, Salvatore e Giuseppe, di soli sei anni uccisi anch’essi da un’autobomba destinata a colpire il magistrato Carlo Palermo. Solo per un caso, Margherita Asta[1], sorella dei due bambini, scampa all’attentato perché accompagnata a scuola da una vicina di casa. La mattina del 2 aprile del 1985, sulla strada statale che attraversa Pizzolungo, posizionata sul ciglio della strada statale, un’autobomba è pronta per l’attentato al sostituto procuratore Carlo Palermo che dalla casa dove alloggia a Bonagia si sta recando al palazzo di Giustizia di Trapani a bordo di una 132 blindata, seguito da una Fiat Ritmo di scorta non blindata. In prossimità dell’auto carica di tritolo l’auto di Carlo Palermo, supera una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo. L’utilitaria si viene a trovare tra l’autobomba e la 132. L’autobomba viene fatta esplodere comunque, nella convinzione che sarebbe saltata in aria anche l’auto di Carlo Palermo.
L’utilitaria invece fa da scudo all’auto del sostituto procuratore che rimane solo ferito. Nella Scirocco esplosa muoiono dilaniati la donna e i due bambini. Il corpo squarciato della donna viene catapultato fuori dall’auto mentre i corpi a brandelli dei bambini finiscono dispersi molto più lontano. Tra i soccorritori, giungono dalla vicina via Ariston il marito della donna, Nunzio Asta, con suo cognato ma anche la Scirocco è così ridotta in frammenti che sul luogo dell’attentato trovano solo la 132 e la Ritmo e i due non sospettano che i loro congiunti possano essere stati coinvolti nell’esplosione. Dopo l’arrivo della polizia e delle autoambulanze Nunzio Asta torna a casa e si reca in auto al lavoro nella sua officina. Poco dopo la polizia gli telefona per chiedergli il numero di targa dell’auto, senza aggiungere altro e Nunzio Asta scopre che una sua impiegata ha già verificato che i suoi figli non sono mai giunti a scuola.
Dei quattro agenti della scorta quelli sulla 132, l’autista Rosario di Maggio e Raffaele Mercurio, rimangono leggermente feriti mentre gli altri due vengono gravemente colpiti dalle schegge, Antonio Ruggirello a un occhio, Salvatore La Porta alla testa e in diverse parti del corpo. Dopo l’arrivo dei soccorsi e delle autopattuglie il giudice Palermo raggiunge il palazzo di Giustizia con una auto della polizia e qui i colleghi lo convincono a recarsi all’ospedale Sant’Antonio Abate dove viene sottoposto ad un esame audiometrico e ricoverato.
Sul luogo dell’attentato, in prossimità della spiaggia è stata collocata una stele con riportato:
« Rassegnati alla morte non all’ingiustizia le vittime del 2-4-1985 attendono il riscatto dei siciliani dal servaggio della mafia. Barbara, Giuseppe e Salvatore Asta »
Le indagini sull’attentato vengono condotti dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta Sebastiano Patané.
Tra i sopravvissuti, Raffaele Di Mercurio, 36 anni all’epoca della strage, morì nel 1993 per una malattia cardiaca. Nello stesso anno morì Nunzio Asta per problemi cardiaci (al tempo dell’attentato aveva già subito un intervento di by-pass): della famiglia Asta rimase solo la figlia maggiore Margherita, 11 anni al momento dell’attentato, che si è successivamente dedicata alle attività dell’associazione antimafia Libera in provincia di Trapani.
Per quanto riguarda gli esecutori della strage, in primo e secondo grado sono stati condannati Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia. Ma la sentenza è stata cassata nel ’91 perché gli imputati non avrebbero commesso il fatto. Tra quei giudici c’era Corrado Carnevale. Nel 2004, in primo grado sono stati condannati Balduccio Di Maggio, Vincenzo Virga e Totò Riina quali mandanti della strage.