Rubrica a cura di Vincenzo Maimone
La specie umana sapiente, o sedicente tale, è estremamente variegata. È sufficiente un fugace zapping tra i programmi in cerca di talenti improvvisati o tra gli esotici, o urbani, reality shows per collezionare alcuni esemplari rappresentativi del genere.
La sottospecie a cui intendiamo rivolgerci, tuttavia, è meno preoccupante sotto il profilo patologico, anche se, in alcuni casi, altrettanto eccentrica e invasiva. Si tratta dei fantomatici Bikers. Solitamente li vedete scorrazzare, al primo timido annuncio di primavera, lungo ogni genere di strada, in gruppo o alla stregua di cavalieri solitari con lo sguardo fisso verso l’orizzonte e nelle orecchie Borntobe wild degli Steppenwolf come colonna sonora. I più puri, o gli ortodossi, fate voi, non temono le intemperie o le sferzate di tramontana e di pioggia del gelido inverno.
Una precisazione è, a questo punto, doverosa: descrivendo i Bikers non intendo catalogare i semplici motociclisti, ovvero quelli che vanno in giro con mezzi a due ruote, dotati di motore. Più semplicemente, non basta avere una moto per essere un Biker. Sarebbe troppo facile!
La questione è in realtà più complessa o, se volete, anche molto più poetica. Dietro le cromature e sotto i giubbotti di pelle, tra le patchese i motori elaborati, vibra una vera e propria filosofia di vita: un richiamo di libertà e di spazi aperti. Il mondo dei Bikers è vario e multiforme. Si tratta di un mondo caratterizzato da una pluralità di gruppi: Harley, Triumph, Guzzi, e, ovviamente il carenato mondo delle nipponiche. Ognuna di queste famiglie è connotata da propri modus vivendi, riti, eventi, occasioni di incontro e di raduno, modelli di riferimento: Marlon Brando o il commissario Manara, per i cultori della Triumph; Peter Fonda e Dennis Hopper o, più realisticamente gli improbabili “Svalvolati on the Road” per gli intramontabili easy riders dell’Harley, ecc..
Mentre scrivo queste righe mi rendo però conto di aver omesso un particolare non irrilevante e senza il quale, forse, queste parole non avrebbero mai visto la luce.
Devo ammetterlo, infatti, anch’io faccio parte di questa categoria umana: sono uno di loro, e ne sono felice. La mia è la tribù di Milwaukee.
Ed è proprio per questa ragione chevolendo lanciare una nuova rubrica sul tema del viaggio mi è sembrato del tutto naturale rivelare la mia appartenenza e dilungarmi in questa premessa esplicativa.
Il viaggio, infatti, è intimamente connesso con il mondo delle due ruote. Cosa sarebbe “LatinoAmericana”, ovvero, i diari di viaggio di Ernesto Guevara e Alberto Granado, senza “La Poderosa”?, solo per citare uno degli esempi più evocativi.
Nella filosofia biker, la strada è una vera e propria metafora di vita, nella quale la meta diventa irrilevante e, come si suol dire, ogni svolta, presa anche per caso o seguendo un puro istinto, alla fine, si rivela essere quella giusta.
Il titolo da me scelto vuole essere una sorta di esperimento. La mia idea è quella di trasportare un po’ di questa filosofia di vita nei paesaggi siciliani. Ho deciso di lasciarmi guidare dalla strada e dalle suggestioni di colori, odori e suoni e di tracciare due possibili itinerari, due esperienze che ho il piacere di condividere con ciascuno di voi mettendo insieme note logistiche di viaggio e considerazioni a cuore aperto.
Certo, i nomi delle assolate arterie stradali non hanno la stessa forza evocativa della Route 66 o delle Highways americane, tuttavia i paesaggi che è possibile incontrare lungo la strada rappresentano, molte volte, una buona approssimazione e non hanno nulla da invidiare agli orizzonti statunitensi e, dopo tutto, come ci ricordava Francesco Guccini introducendo Statale 17, “gli americani ci fregano con la lingua”.
Lago di Pozzillo
Dopo una settimana meteorologicamente incerta, un sole sincero mi avvolge con il suo tepore. Il serbatoio è pieno e il sound del motore è quello giusto. La mia Sportster 883 R borbotta allegramente mentre si scalda e si prepara ad accompagnare me e miamoglie in questa escursione. Imbocchiamo l’autostrada A18: il traffico in tangenziale è quello tipico del fine settimana, fortunatamente. Abbiamo deciso di andare a vedere il Lago di Pozzillo: si tratta del più grande bacino artificiale della Sicilia posizionato proprio in mezzo alla campagna tra la provincia di Enna e quella di Catania.
Il vento sferza la mia faccia e rende ovattati i suoni circostanti. La sensazione è piacevole, un sorriso si allarga sul mio viso. Inizio a pensare che sia proprio questo il gusto della libertà.
Percorriamo la tangenziale fino al bivio della Palermo-Catania. Mi immetto nella A19 e decido di godermi il paesaggio, mantenendo un’andatura vivace, ma senza grossi strappi. Assaporo ogni chilometro. La primavera si presenta con tutta la sua gamma di colori. Le diverse sfumature di verde dei pascoli e dei campi coltivati si alternano al rosso vivo dei papaveri. Questi giochi cromatici sono un vero e proprio balsamo per gli occhi e per la mente.
La nostra uscita è quella di Catenanuova. Imbocchiamo la SS 192 e subito dopo la SP 74 fino a Catenanuova, quindi ci immettiamo nella SP 23bis seguendo la segnaletica per Regalbuto.
Le curve sono docili e la moto si piega lievemente rendendo piacevole il percorso. Ci addentriamo in un paesaggio che,metro dopo metro, ci dà sempre più l’idea di trovarci in un territorio di confine. Entrare a Regalbuto, infatti, è come fare un balzo indietro nel tempo. L’atmosfera è quella tipica dei paesini dell’entroterra e l’immagine che gli stretti vicoli e il liscio lastricato ci restituiscono assomiglia molto ad una cartolina della Sicilia degli anni ’30. Sulle panchine siedono giovani, meno giovani e anziani. Ai bar e alle botteghe si alternano i circoli culturali.
La curiosità e il suono del mio ferro attirano indubbiamente l’attenzione e gli sguardi, il che appaga il sottile narcisismo che pervade l’animo di un biker. Uno dei paesani con una spiccata inflessione dialettale e una convivialità, che cancella in un istante ogni tipo di formalismo, si complimenta con me e chiede informazioni sulla mia motocicletta. Rispondo rapidamente alle sue domande, lo saluto con un sorriso e mi dirigo verso il lago. La strada è un po’ traballante a causa dell’incuria. Mentre compio l’ennesimo slalom tra le buche e le voragini che rendono frastagliato il manto stradale, lo spettacolo del bacino artificiale si apre alla nostra vista. Il lago è incorniciato tra verdi colline: l’effetto scenico è assicurato.
Posteggiamo e lasciamo che il silenzio del luogo, rotto solamente dal richiamo di qualche cornacchia, dallo zampettare accorto di un airone cinerino e dal flebile sciabordio delle acque, ci pervada. Piccole raganelle saltellano allegramente lungo i bordi arrotondati della riva. Il liscio specchio d’acqua viene, di tanto in tanto, increspato dal rapido guizzo di qualche pesce temerario in vena di evoluzioni.
Ci sorprende la bellezza dei luoghi e ci rattrista la presenza di rifiuti: segno indelebile del passaggio e del bivacco di irresponsabili bipedi. Una scatola di mais dolce a due passi dalla riva del lago è un emblema, ed è una pugnalata in pieno cuore che mi spinge ad una laconica considerazione circa l’incapacità di valorizzare e proteggere luoghi così suggestivi. Credo che la Sicilia meriti di meglio e, certamente, una maggiore attenzione verso il suo territorio.
Rimaniamo ancora un altro po’ a godere di questa vista. Quindi decidiamo di rimetterci in sella. Questa volta preferiamo percorrere le strade interne. La SS 121 è un lungo serpentone quasi in mezzo al nulla. Qualche trattore ci incrocia lungo il tragitto. Curve e tornanti tagliano le campagne. Un percorso perfetto per le due ruote, o perlomeno, il genere di percorso che preferisco.
Un’ultima sosta prima dell’ultimo tratto è d’obbligo. Una fresca granita di gelsi accompagnata da una fragrante brioche ci fornisce le giuste calorie e lo slancio per concludere la nostra passeggiata naturalistica e suggellare una giornata piena di piacevoli soddisfazioni.
Facciamo rientro a casa dopo aver percorso 148 chilometri tra colline e pascoli ridenti. Negli occhi abbiamo ancora l’immagine placida del Lago di Pozzillo.
Le Gole dell’Alcantara e un pranzo “senza tempo” a Castiglione di Sicilia
La bella stagione sembra aver avuto finalmente la meglio su un inverno ostinato che non aveva alcuna intenzione di mollare la sua presa per mettersi definitivamente a riposo. È il tempo perfetto per montare in sella e per tracciare un altro itinerario. Questa volta decido di lasciarmi guidare più dal gusto e dall’olfatto che dalla sola vista. Dopo una breve panoramica su Google maps individuo un territorio in grado di conciliare entrambe le mie esigenze da rider. Il Parco fluviale dell’Alcantaraè la scelta ideale: i sentieri naturali si intersecano con i sentieri del vino e con le numerose proposte di degustazione dei prodotti locali tipici. Non ho nessun dubbio è quella la nostra destinazione!
Indossiamo il casco e partiamo in direzione delle Gole dell’Alcantara. Percorriamo la SS 114 fino a Giardini Naxos, quindi imboccando la SS 185 ci inerpichiamo in direzione di Gaggi. Le Gole sono uno spettacolo affascinante. I giochi d’acqua e le rocce scolpite con perizia certosina dal fiume riempiono gli occhi e aprono lo stomaco. All’interno della zona attrezzata è possibile effettuare diversi percorsi alla scoperta degli anfratti più nascosti delle gole. Il sentiero delle Gole Alcantara, che costeggia le Gole dall’alto con diversi punti panoramici; la passeggiata dell’Alcantara che permette, attraverso l’uso di salopettes, di immergersi nelle gelide acque del fiume per risalire per circa 150 metri il corso d’acqua; ed infine, il percorso di Venere che con l’ausilio di muta, attrezzatura e assistenza, permette di giungere fino alla Cascata di Venere. Nel Parco, inoltre è presente uno sfizioso mercato del contadino dove è possibile assaggiare e acquistare prodotti tipici, salse, marmellate, miele, vino e liquori tipici.
Proseguiamo nella nostra esplorazione. Andiamo a zonzo lungo le valli dell’Alcantara. Erano parecchi anni che non percorrevo queste strade e l’upgrade dei miei ricordi mi costringe a diversi sforzi di memoria. Attraversiamo Francavilla di Sicilia e proseguiamo su su fino a Castiglione di Sicilia. Il sole adesso si fa sentire e dopo una breve sosta panoramica all’ombra degli eucalipti nel belvedere della Fortezza Greca, ci lasciamo tentare dal nome e dal menù di un ristorante ubicato in pieno centro storico. Sine Tempore, questo il nome, non delude le attese. Il menù è ricco e l’abbondante antipasto stimola piacevolmente il palato. Il vino locale è liquoroso e amabile, robusto quanto basta. I ravioli al pistacchio sono una vera delizia, li consiglio caldamente come pure la grigliata mista, per gli amanti del genere.
Subito dopo pranzo ci rimettiamo in sella e ci lasciamo cullare dalle curve della SP 74. Linguaglossa e Piedimonte sono immerse nella tipica quiete della siesta post-prandiale. Quasi nessuno in giro. Il nostro transito passa inosservato. La discesa è una danza lieve. Imbocchiamo l’A14 all’altezza di Fiumefreddo e facciamo ritorno a casa. Abbiamo percorso 122 Km, siamo pienamente soddisfatti ma il richiamo della strada è ancora forte e il desiderio di ripartire intenso.
Dopo tutto è proprio questa l’essenza della filosofia di un biker. Ed allora, non mi resta che congedarmi e prepararmi ad una nuova cavalcata e, come si usa dire in questi casi:
Seeyou on the Road!
Ci vediamo sulla strada…