I Finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria Torino hanno tratto in arresto due imprenditori al loro arrivo all’aeroporto “Sandro Pertini” di Caselle: è l’epilogo di un’operazione condotta dalle Fiamme Gialle del capoluogo piemontese, che hanno atteso il rientro da un viaggio in Argentina e Brasile per eseguire un’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari nei confronti di D.A., 45enne di Chieri (TO), e F.S., 37enne di Pino Torinese (TO), notificando il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, D.ssa Alessandra Danieli, per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, realizzata mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Sono state così completate le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino (pool “penale dell’economia”) che, già alla fine del 2013, avevano disvelato un sistema truffaldino, volto ad ottenere indebiti benefici economici e fiscali, facente capo ad una società consortile ed a sue consorziate, con la complicità di un commercialista.
I due arresti di ieri sono, infatti, da correlare a quelli eseguiti il 17 dicembre scorso, sempre dalla Guardia di Finanza di Torino, che aveva condotto in carcere, in concorso e per la medesima fattispecie delittuosa, l’imprenditore G.D.P., di Rivalta (TO), amministratore di diritto e di fatto della società consortile (e di alcune consorziate) ed il suo consulente, P.V., di Chieri (TO).
Il sistema di frode, incentrato su appalti di servizi nei settori del facchinaggio o della consegna della corrispondenza, è venuto alla luce dopo alcune verifiche eseguite dall’Agenzia delle entrate di Torino e prevedeva che, dopo l’aggiudicazione delle gare da parte della società consortile, le commesse fossero sub-appaltate, prima ad un consorzio “filtro” creato ad hoc, poi a singole cooperative con sedi a Torino, Milano, Siena, Roma ed in provincia di Caserta, le quali, pur assicurando la regolare esecuzione dei lavori in Piemonte ed in Toscana, non versavano l’IVA e le ritenute all’Erario, con illeciti guadagni poi utilizzati, sia per “battere” la concorrenza sia per arricchimenti personali.
I soci lavoratori delle cooperative, seppur assunti da queste ultime, operavano sotto lo stretto controllo di G.D.P. con il risultato che 35 milioni di fatture emesse dalle cooperative al consorzio “filtro” – e da questi “ribaltate” per il medesimo importo alla società consortile – rappresentavano documenti emessi per operazioni inesistenti (i lavoratori, di fatto, erano alle dipendenze della società consortile).
Già eseguiti dei sequestri patrimoniali fino a concorrenza del valore dell’evasione constatata – pari a circa 21 milioni di euro, che hanno riguardato unità immobiliari, tra cui una villa di 16 vani sulle colline torinesi, autovetture, motociclette e conti correnti, per la successiva confisca a garanzia del credito erariale
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