Di uno Stato che dimentica, che divide, che discrimina. Discrimina le vittime innocenti di mafia dalle vittime del cosiddetto terrorismo mafioso, finendo con il discriminare anche queste da altri eventi terroristici e facendo ancora una volta differenze tra un evento e l’altro.
Alla base della discriminazione delle vittime innocenti di mafia il riconoscimento dello status, che prevede un diverso trattamento nei diversi (ma analoghi) casi di eventi luttuosi che vedono coinvolti onesti cittadini che con l’organizzazione criminale non hanno nulla a che spartire. Cittadini vittime per caso o bersaglio di killer perché “colpevoli” di aver ostacolato interessi mafiosi.
Vittime di serie B che pagano il prezzo di una legge iniqua che prevede benefici diversi tra vittime di mafia e vittime del terrorismo mafioso che vanno dall’anticipazione delle spese legali all’aumento figurativo di 10 anni di anzianità contributiva utile ai fini del diritto e della misura della pensione per chi ha subito una riduzione permanente della capacità lavorativa di qualunque entità e grado, nonché ad eventuali familiari aventi diritto.
Ultima ingiustizia, in ordine di tempo, la decisione della Commissione Bilancio della Camera dei deputati e del Governo che non ha recepito ne approvato nessuno dei due emendamenti alla Legge di Stabilità riguardanti la memoria delle vittime di mafia e i diritti dei loro familiari. Un’ingiustizia che non trova giustificazione nella copertura finanziaria visto il taglio di circa 50 milioni di euro applicato dal governo al fondo di rotazione destinandolo ad altre attività di solidarietà.
Lo Stato italiano, inoltre, per non farsi mancare nulla in materia di discriminazione, non ha mai riconosciuto i diritti dei familiari delle vittime di mafia uccise prima del 1961. Evidentemente, prima di tale data, nonostante quanto riportato da studiosi del fenomeno mafioso e nonostante la documentazione conservata presso gli archivi di Stato, la mafia non esisteva.
Dulcis in fundo, il riconoscimento di un assegno vitalizio soggetto alla perequazione automatica per i coniugi e i figli delle vittime di atti terroristici, senza tenere in considerazione alcuna i familiari di vittime innocenti di mafia.
Sulla vicenda è intervenuto Giuseppe Ciminnisi, figlio di una vittima innocente, che in più circostanze ha rappresentato e perorato le istanze di tanti altri familiari di vittime di mafia.
“Si tratta dell’ennesima ingiustizia nei riguardi di chi ha pagato a caro prezzo l’incapacità di uno Stato a tutelare i propri cittadini – ha dichiarato Ciminnisi – e che, alle già gravi mancanze, aggiunge criteri di riconoscimento di diritti che creano differenze incomprensibili ed ingiustificate tra vittime e familiari delle stesse accomunate soltanto da un dolore che ne ha segnato indelebilmente la vita. Ancora una volta registriamo come nel nostro Paese esistano vittime di serie A e vittime di serie B. Resta da comprendere qual è che sia la ragione di tale discriminazione. Evidentemente, si tratta di ragioni che sfuggono alla comprensione di chi, come me, ha vissuto il dramma della perdita di un proprio caro ad opera di quel cancro della società che è la mafia, ma che risultano incomprensibili anche a quanti hanno conoscenza in materia di diritto. Nessuna delusione da parte mia, visto che in tanti anni ho sempre registrato questo genere di ingiustizie da parte dello Stato, anche se – conclude Ciminnisi – tutto questo non è certo da stimolo a quanti hanno sempre cercato di collaborare con le Istituzioni per ripristinare la legalità nel nostro Paese. Siamo stati – riferendosi ai familiari delle vittime – una volta vittime della mafia e, grazie ai vari governi che si sono succeduti, più volte vittime delle ingiustizie dello Stato”.
