Si regge su un delicato equilibrio fra coesistenza pacifica ed esplosioni di intolleranza violenta, all’interno di una Società civile stratificata e disuguale caratterizzata dal livello della casta di appartenenza, quasi sempre penetrabile.
In India, se si nasce appartenendo ad una casta è assolutamente difficile se non improponibile che nel corso della vita si possa entrare a far parte di una casta di rango sociale superiore.
Nella gestione degli eventi che hanno coinvolto i nostri due militari, in particolare nella fase iniziale, le nostre Autorità non hanno tenuto in debito conto di questi aspetti tuttaltro che marginali. Si è infatti deciso di impostare un negoziato secondo criteri validi nelle realtà occidentali, preoccupati a non scuotere gli equilibri fra i due Paesi. Un low profile che nel tempo si è dimostrato scarsamente efficace nei confronti di una realtà come l’India.
Lo dimostrano gli eventi a cui abbiamo assistito in questi 14 mesi. Di fronte ad una “timida Italia” New Delhi si è proposta giocando una partita di forza a fronte di un’Italia esitante che appariva debole ed incerta, peraltro abbandonata a se stessa dalla comunità internazionale e dalla stessa Unione Europea.
Anche il gesto altamente umanitario con la donazione di un aiuto economico del nostro Paese a favore delle famiglie dei due morti e del proprietario del peschereccio che a detta degli indiani era stato coinvolto negli eventi che vedevano protagonisti i due Marò, è stato interpretato da Delhi come una ulteriore ammissione di colpevolezza.
In questo contesto è stata protagonista anche un’Unione Europea molto disattenta tanto da portare la baronessa Asthon, “alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea”, ha confondere i due nostri militari con contrasctors di Agenzie private di sicurezza.
Una UE non considerata peraltro dall’India come un vero Stato Federale, tanto che Delhi ancora non ha un Dipartimento presso la UE ma continua a gestire i rapporti direttamente in bilaterale con i paesi membri.
La successione degli eventi
In estrema sintesi i punti salienti di quanto è avvenuto senza ritornare su particolari ormai credo noti a tutti.
Il 15 febbraio 2012 la Marina Militare emana un comunicato ufficiale, il numero 04, con il quale annuncia :
“I Fucilieri del Battaglione S. Marco, imbarcati come nucleo di protezione militare (NPM) su mercantili italiani sono intervenuti oggi alle 12,30 indiane, sventando un ennesimo tentativo di abbordaggio. La presenza dei militari della Marina Militare ha dissuaso cinque predoni del mare che a bordo di un peschereccio hanno tentato l’arrembaggio della Enrica Lexie a circa 30 miglia ad Ovest della costa meridionale indiana …..”.
Un comunicato che ha dato inizio ad una delle più complesse controversie internazionali e che ha segnato il principio di un calvario per due nostri militari coinvolti in eventi tutti da dimostrare e comunque avvenuti mentre esercitavano le loro funzioni istituzionali nel rispetto di un mandato ricevuto dallo Stato con una legge , la 130 dell’agosto 2011.
Una Legge che ha previsto la presenza di Nuclei di Protezione Militare (NPM) con funzioni antipirateria marittima a bordo delle Navi commerciali italiane, ma che a mio modesto avviso manca di chiarezza in particolare per quanto attiene l’unicità di Comando in caso di attacco di pirati. La legge, infatti, fissa all’articolo 1 che il militare più alto in grado all’emergenza assume il comando del NPM e nello stesso tempo lascia al Comandante della nave, ad esempio, in che direzione procedere, come e con quale velocità.
La disavventura di due militari ormai in ostaggio dell’India da 14 mesi ed imputati di aver ucciso per errore due poveri pescatori indiani a cui va tutto il nostro rispetto, ha inizio nel momento che la Lexie viene indotta con l’inganno dalla Guardia Costiera di Mumbai a rientrare in acque territoriali indiane ed attraccare nel porto di Koci e la nave viene autorizzata dall’Italia a rientrare nelle acque territoriali indiane.
I militari vengono interrogati dalla Polizia locale ricorrendo ad un interprete locale, un Vescovo cattolico indiano, e no ad un traduttore giurato accreditato presso l’Ambasciata di Delhi come sarebbe stato auspicabile e come prassi in questi casi e nonostante le loro dichiarazioni che parlano di “fuoco di dissuasione” nei confronti del naviglio sospetto non vengono creduti.
La sentenza indiana è già scritta ed il 19 febbraio 2012 i due marinai vengono catturati dalla Polizia indiana, le armi ed il munizionamento in dotazione alle Forze Armate italiane a bordo della Lexie sequestrate, la nave trattenuta in porto per più di un mese.
Iniziano almeno apparentemente le prove balistiche da parte di esperti indiani alle quali nonostante gli accordi con l’Italia è esclusa la presenza di esperti italiani dell’Arma dei Carabinieri che possono presenziare solo alle prove di sparo e non a quelle di comparazione.
Un atto arbitrario del Kerala ed una prima sberla legale all’Italia.
Tralascio le incongruenze delle prove balistiche ed autoptiche fornite dagli indiani e la loro interpretazione dei fatti, proponendo una sintesi in Power Point (http://www.fernandotermentini.it/vicendamaro.htm.) dell’attenta analisi tecnica sviluppata dell’amico esperto balistico Luigi Di Stefano e pubblicata sul siti www.seeninside.net/piracy.
Ritornando ai fatti, è da sottolineare l’impegno dell’allora Sottosegretario agli Esteri De Mistura che ottenne che i nostri due marò potessero lasciare la prigione ed usufruire di una sorta di libertà provvisoria, pur rilasciando un’intervista a mio avviso azzardata alla televisione indiana del tipo “…..i Marò sono incappati in un errore…..”, lasciando praticamente intendere che erano stati loro ad uccidere i due pescatori seppure con un atto colposo.
Trascorrono le settimane senza che sia pronunciata una sentenza od almeno una decisione giudiziaria esaustiva sulla competenza del giudizio da attribuire all’India od all’Italia secondo il Diritto Internazionale e la Convenzione sul Diritto del mare (Montego Bay del 1985 sottoscritta e ratificata anche dall’India) visto che la Lexie al momento dell’azione dissuasiva dei due Marò era in acque internazionali.
Si inserisce l’Alta Corte di Delhi che si riserva di decidere se la competenza del giudizio fosse o meno del Kerala e nel frattempo ai due militari viene concessa una licenza di due settimane per recarsi a trascorrere in Italia il Natale. Nel frattempo la Procura Ordinaria di Roma apre un fascicolo nei confronti dei due militari per omicidio volontario e nonostante la gravità del capo di imputazione non adotta nei loro confronti provvedimenti restrittivi che evitassero il pericolo di fuga.
In gennaio l’Alta Corte di Delhi riconosce che i fatti in cui è stata coinvolta la Lexie erano avvenuti in acque internazionali (20,4 miglia dalla costa) e riconosce che la Corte del Kerala non ha giurisdizione. Non riconosce invece il diritto italiano di giudicare i due militari negando loro anche il diritto dell’Immunità funzionale e stabilisce di nominare un Tribunale speciale destinato ad esprimersi nei confronti dei sospetti colpevoli.
Un’incisiva azione diplomatica della Farnesina riesce ad ottenere che ai due militari sia concesso un permesso di 4 settimane per votare in Italia.
L’11 marzo del 2013 alle ore 17,53 l’AGI pubblica una dichiarazione del Vice Ministro De Mistura che dichiara testualmente “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”.
De Mistura chiarisce poi che “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto internazionale o una sentenza di una corte internazionale” e che non c’e’ stata ancora una reazione indiana alla nota verbale consegnata dall’ambasciatore italiano a New Delhi Daniele Mancini.
“Le nostre priorità – ha spiegato il Sottosegretario – sono da un lato l’incolumità’ e il ritorno in patria dei nostri maro’ e dall’altro mantenere un ottimo rapporto di lavoro e di collaborazione con le autorità indiane. L’India – ha aggiunto – e’ un grande Paese con il quale abbiamo tutta intenzione di avere un ottimo rapporto. E questo – ha concluso – e’ un motivo in più per lasciare le divergenze nelle mani del diritto internazionale, magari con una sentenza di una corte internazionale”. Una dichiarazione che però dieci giorni dopo è stata sconfessata dai fatti i quanto i due Marò sono stati fatti rientrare invece improvvisamente in India. I motivi sono stati spiegati in Parlamento e non entro nel merito, esprimo solo tutto il mio sdegno per una vicenda iniziata male e finita ancora peggio e che coinvolge direttamente da quasi 15 mesi due militari italiani e le loro famiglie.
Solo un pensiero : i due nostri concittadini non possono essere considerati come merce di scambio in una controversia internazionale fondata principalmente su interessi economici.
Il 21 marzo il Governo decide di rimandare in India I due Fucilieri di Marina, il 26 marzo l’Ambasciatore Giulio Terzi si dimette dalla carica di Ministro degli Esteri. Il giorno successivo il Presidente del Consiglio nel Suo intervento alla Camera dei Deputati in parte non sembra confermare la dichiarazione all’AGI del Sottosegretario De Mistura.
Alcuni quesiti in sospeso
Questa la sintesi dei fatti. Tralasciando ogni possibile considerazione sul Diritto Internazionale e sulla Convenzione del Diritto del Mare che credo siano stati abbondantemente affrontati e anche chiariti in questi 14 mesi, è d’obbligo, però, proporre alcuni aspetti forse passati inosservati o quanto meno di cui si è parlato poco. Procediamo per punti a guadagno di chiarezza.
- Iniziamo con il quesito più ricorrente su chi abbia autorizzato la Enrica Lexie a rientrare in acque territoriali indiane. Una domanda a cui in parte risponde il Ministro della Difesa De Paola in occasione di un’interrogazione al Senato del 15 ottobre 2012 (interrogazione scritta n° 4-07057) , alla quale risponde fra l’altro “……Nella fattispecie, l’autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave. Ciò, tuttavia, per la presenza del NMP a bordo, è avvenuto a seguito di preventiva informazione della catena di comando militare nazionale….”.
In quella stessa occasione il Ministro non informa, invece, sull’esistenza fin dall’11 maggio del 2012 di un rapporto tecnico della Marina Militare reso noto la scorsa settimana dal quotidiano La Repubblica e che non concorre a chiarire le vicende. Un dossier “segreto” della Marina che basandosi sulle fatiscenti prove balistiche indiane arriva a concludere che i proiettili che hanno ucciso i due pescatori indiani al largo di Kerala non sarebbero stati sparati dai fucili assegnati ai due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che riporta tra l’altro, “…che il proiettile tracciante estratto dal corpo di Valentine Jelestine è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo ……………… Il proiettile estratto dal corpo di Ajiesh Pink è stato esploso dal fucile con matricola assegnata al sottocapo . ………”.
Altra notizia che emerge dal rapporto è che sul barchino dei pescatori che si era avvicinato fino a 80 metri dalla Lexie, ci sarebbero stati degli uomini armati.
- 2. Il documento a cui si riferisce il quotidiano con dovizia di particolari anche virgolettati, esiste. Ci si chiede se esso, secondo una prassi procedurale corrente, sia stato consegnato alla Procura Militare di Roma immediatamente a ridosso della compilazione accompagnato magari da una semplice informativa iniziale o se invece sia stato formalizzato solo durante la permanenza in Italia dei due Marò per il permesso elettorale. Un dubbio che emerge considerando che per quanto reso noto da organi di stampa solo in questo periodo la Procura Militare di Roma ha aperto un altro fascicolo nei loro confronti dei militari addebitando loro la “violata consegna e la dispersione di oggetti militari”.
- 3. Perché i due militari siano stati fatti rientrare in India contrariamente alle decisioni precedenti riferite dal Vice Ministro De Mistura come riportato dall’Agenzia AGI delle 17,53 dell’11 marzo 2013. Una decisione collegiale secondo quanto riferito alla Camera dei Deputati dal Premier Monti il 27 marzo in palese contrasto con la precedente dell’11 marzo altrettanto collegiale come si evince dall’agenzia di stampa AGI.
- 4. Una decisione importante quella di trattenere i militari in Italia in conseguenza della quale esperti nel settore dei rapporti internazionali, esperti militari e di Diritto Internazionale avrebbero dovuto prevedere reazioni indiane. Anche per non addetti ai lavori era chiaro, infatti, che non rimandare i Marò in India avrebbe innescato polemiche e reazioni di Delhi, come è puntualmente avvenuto e che hanno indotto ad un ripensamento dell’Esecutivo.
Una provocazione da cui forse pragmaticamente si poteva trarre qualche vantaggio a favore dei nostri Marò. Infatti, immediatamente l’India ha intrapreso iniziative non condivise in ambito internazionale, come quella di togliere l’immunità diplomatica all’Ambasciatore italiano. Immediatamente un levarsi di voci in vari contesti, compresa la silente Asthon che in quei giorni ha riacquistato la voce criticando l’India di disattendere gli accordi della Convenzione di Vienna sullo status diplomatico.
- 5. Infine, ci si chiede perché la Procura della Repubblica di Roma non abbia dato seguito all’esposto presentato dal sottoscritto e dall’Avvocato Tomasicchio che, in considerazione dell’ipotesi di reato di omicidio volontario a carico dei due Marò, chiedevamo che fosse applicato nei loro confronti la restrizione del diritto di espatrio per evitare il rischio di fuga. Forse l’iniziativa avrebbe risolto qualsiasi problema.
Conclusioni
L’Italia è stato un partner importante dell’India fin dai primi anni della sua indipendenza ed gli italiani sono simpatici agli indiani come lo sono costoro per gli italiani.
Un’Italia che in questi ultimi tempi, come viene da più parti affermato, dovrebbe aver guadagnato molta affidabilità in ambito internazionale a seguito della gestione dell’attuale Esecutivo, diretto e partecipato da personalità di spicco alle quali la comunità internazionale sembra guardare con rispetto.
Ciò nonostante nessuno si è mosso a favore dell’Italia nella vicenda specifica. Sicuramente qualche telefonata di circostanza fra Premier o Ministri, ma null’altro di incisivo nei confronti di Delhi. Anche due giorni orsono il Segretario Generale delle Nazioni Unite si è limitato ad auspicare che la controversia fosse risolta in bilaterale dai due Stati nel rispetto del Diritto Internazionale.
Diverso sarebbe stato se a muoversi in favore dell’Italia fossero stati gli Stati Uniti, ma Washington ha palesemente dimostrato di non voler rischiare la sua speciale “relationship” con l’India per risolvere una vicenda non molto diversa da quella che, solo a distanza di qualche settimana dalle vicende della Enrica Lexie, ha coinvolto la marina Usa al largo di Oman ed è stata archiviata senza che il governo indiano fiatasse.
L’Italia non è gli Stati Uniti, e quindi non ha un forte potere negoziale, ma almeno un’opportunità l’abbiamo in ambito Nazioni Unite. L’India tiene moltissimo ad affermare un ruolo di paese rispettoso degli obblighi internazionali e “responsabile”, nel quadro della campagna per divenire membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Una denuncia tempestiva italiana in Assemblea Generale dell’Onu e la richiesta di un Arbitrato internazionale – atto possibile anche unilateralmente – avrebbe potuto creare più di un imbarazzo a Delhi, inducendola ad indurla a una maggiore apertura.
Insomma, in questa vicenda abbiamo perso un’altra volta la faccia. Ma daltronde è dalla fine dell’Impero Romano che non si vede un briciolo d’orgoglio.
In tutta questa vicenda sono invece stato colpito dalla professionalità dei nostri due Marò. Ci hanno insegnato qualcosa con valori profondi quei due ragazzi. Da prendere come esempio per tutti.