Nessun intervento drastico per il “decreto del fare” del governo Letta, ma tanti piccoli interventi con lo scopo di incoraggiare un’economia sempre più in difficoltà.
Un Italia stretta tra la rigidità dei vincoli europei e la necessità di ridare impulso alla propria economia per uscire fuori dalla crisi. Di contro, un governo delle larghe intese dove gli eterogenei schieramenti che lo compongono faticano a tradurre in fatti i buoni propositi e le tranquillizzanti parole spese in questi ultimi mesi. Neppure l’abolizione dell’IMU sembra, oramai, una proposta credibile. Infatti, dopo le dichiarazioni della senatrice Adele Gambaro contro Beppe Grillo, che rischiano di spaccare il M5S e rompere anche il delicato equilibrio dell’attuale compagine di governo, le mirabolanti promesse elettorali del Cavaliere rischiano di cadere nel nulla di fatto. Guglielmo Epifani, il segretario del PD, immediatamente aveva avvisato il PdL che “la fine del governo può non essere la fine della legislatura”. In effetti qualora in seno al M5S si consumasse una scissione, i senatori grillini espulsi o dissidenti al senato potrebbero permettere al PD di avere quella maggioranza necessaria per slegare il proprio destino dal PdL e dai ricatti di Berlusconi veicolati per bocca di Renato Brunetta.
Nonostante le parole di Berlusconi,“Noi dobbiamo insistere sull’Iva, sull’Imu, sui giovani. E dobbiamo costringere il governo a fare uno strappo serio con le politiche recessive attuate finora. Ma non sarà facile perché questo è un governo dei pavidi”, nel lungo Consiglio dei Ministri che ha partorito il “decreto del fare”, non si sarebbero trattati i punti sull’abolizione dell’IMU e del non aumento dell’IVA.
Ma in questo momento politicamente delicato aspettando di vedere come si evolveranno gli eventi, sia in seno al M5S che nell’attesa del pronunciamento della consulta sul caso Mediaset, al Cavaliere non è rimasto che dirsi soddisfatto di quanto fin qui fatto dal governo sottolineando che “la collaborazione tra destra e sinistra deve continuare”.
Tornando al “decreto del fare” non contiene grandi provvedimenti di riforma ma piccoli interventi che comunque sembrano andare verso la necessaria e, probabilmente, unica direzione possibile: dare ossigeno a un’economia in difficoltà e risposte alla disperazione crescente della maggior parte degli italiani sempre più poveri. Ai più critici il decreto potrà apparire come l’ennesimo tentativo di questo strano governo di rinviare a data da destinarsi la soluzione vera dei problemi. Ad ogni modo, uno dei dati più interessanti di quest’ultimo decreto del governo delle larghe intese riguarda quelle infrastrutture immediatamente cantierabili, come ad esempio la terza linea della metro a Roma, che dovrebbero generare immediatamente occupazione. Non meno importante l’aver spuntato le armi di riscossione di Equitalia, rendendo tra l’altro impignorabile la prima casa e l’aver trovato le risorse per le imprese, tramite la Cassa depositi e prestiti, e per il piano di edilizia scolastica da 100 mln di euro. Interventi previsti anche sulla giustizia civile e l’università. In tutto 80 misure per un rilancio economico certamente temporaneo, se al più presto non si mettono in campo provvedimenti più incisivi. Stranamente tra Pd e PDL non c’è stata la solita corsa frenetica per accaparrarsi i meriti di quanto di positivo fatto.
In effetti il clima politico rimane teso, poiché, con la fuoriuscita dal M5S dei 35 dissidenti grillini, potrebbero crearsi nuove alleanze politiche che ovviamente farebbero deflagrare la precaria alleanza PD – PDL e acuire i problemi giudiziari di Berlusconi, da cui il PDL è pesantemente dipendente. Se per il centrodestra la parola d’ordine rimane “Collaborazione destra-sinistra”, per il premier Letta la situazione si fa sempre più pesante, poiché a fronte delle promesse fatte – ultima in ordine di tempo al presidente della Commissione europea José Barroso in visita a Roma al quale ha confermato che l’Italia vuole mantenere il 3% nel rapporto tra deficit e Pil come punto di riferimento – sa bene che arriverà il giorno in cui dovrà dare conto ai partners europei del proprio operato che potrebbe risultare fallimentare per l’Italia, qualora il partito democratico non riesca a svincolarsi da questo PdL, per agire liberamente e con proprie idee, provvedimenti e soluzioni veramente efficaci a far uscire il Paese dalla crisi.
Totò Castellana