È questo il titolo di un articolo pubblicato dal sito DW.de che punta il dito accusatore contro uno dei traffici più redditizi e disumani che esistono al mondo: il traffico di organi.
Un commercio che vede da una parte il ricco pronto a comprare un organo come fosse un pezzo di ricambio per la propria automobile, dall’altra il povero pronto a rischiare anche la vita pur di potersi garantire il minimo necessario per la sopravvivenza.
Il racconto di Wiru, 12 anni, che vive in un piccolo villaggio in India, costretto a lavorare come uno schiavo acquistato dal padrone per soli € 37, che ha un sogno nel cassetto: diventar grande per poter vendere un rene (come ha già fatto suo padre) e non essere più costretto a vivere da schiavo.
Sul mercato nero – riporta l’articolo -, un rene ha un valore di circa 55.000 rupie (800 euro), il che è una fortuna per molti indiani. Il paese ha vietato il commercio di organi umani e ha aumentato la pena da due a cinque anni di carcere, ma neppure questo ha agito da deterrente. Il business è troppo redditizio. Il rischio di essere scoperti non è grande, tanto più che il donatore deve solo presentarsi come amico del destinatario e dichiarare il denaro pagato per l’organo come un dono ricevuto. A questo punto l’indagine da parte di un ente governativo ufficiale sui motivi della donazione è solo una farsa.
Un rene in India o in Africa costa circa 1000 dollari (circa 810 €). Uno rumeno o moldavo circa 2.700 dollari, un rene turco fino a $ 10.000. Negli Stati Uniti, da una transazione del genere si possono guadagnare 30 mila dollari, a volte anche dieci volte tanto.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – riporta l’articolo -, ha stimato nel che 2007 circa il cinque per cento (20.000 reni ) di tutti i trapianti in tutto il mondo sono stati effettuati attraverso il mercato nero
L’ultima edizione del settimanale tedesco Der Spiegel documenta un caso in cui il proprietario di una fabbrica tedesca ha ricevuto un rene da un’immigrata russa. La storia mette in evidenza come i pazienti benestanti possono prolungare la loro vita a spese dei poveri.
Nonostante si tratti di un commercio immorale e che mette a rischio la vita del “donatore” che si presta a vendere per fame pezzi del proprio corpo, a Wiru, il ragazzo indiano la cui vita è considerata alla stregua di quella di una capra, non importa.
“Vorrei costruire una casa con i soldi che mi daranno e non dover più lavorare”, ha detto Wiru.
Lui non sa ancora che il suo sogno è probabilmente irrealistico – e forse fatale.