Marò Latorre e Girone – Tra “inciuci” ed elicotteri

maròMentre cresce la tensione diplomatica tra Italia e India per il caso dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, dopo che la Farnesina “ha rotto la promessa data alla Corte Suprema indiana di “restituire” i due marò italiani (in paese violazione della Costituzione italiana) l’Ambasciatore italiano Daniele Mancini viene costretto a non lasciare l’India e a tal scopo vengono  allertati tutti gli aeroporti del Paese.

Una vicenda che il Generale Fernando Termentini, il quale è più volte intervenuto anche sul nostro giornale, oltre che presso chi di competenza e dalle pagine del suo blog, non esita a definire “un imbroglio mascherato da sofismi giuridici”.

“Un Imbroglio durato tredici mesi – scrive Termentini – e che oggi si manifesta in maniera assolutamente chiara mettendo in luce l’arroganza di una Nazione ancora lontana dai modelli delle democrazie più evolute, caratterizzata ancora da una società in cui impera il modello della casta. Un modello fondato su gruppi sociali strutturati in una gerarchia rigida e dove un individuo che per nascita appartiene ad una determinata casta è  impossibilitato ad entrare a far parte di un rango diverso, in particolare se più elevato. Uno Stato ancora vincolato da regole settarie e religiose, uscito solo nel 1947 dall’imperialismo coloniale.

Oggi  New Delhi è ai ferri corti dopo la decisione italiana di non fa rientrare i marò in India, e sposta la sua attenzione su Daniele Manici, l’Ambasciatore italiano che davanti alla Corte Suprema si era impegnato a far tornare i militari nel Paese perché affrontassero il giudizio di un Tribunale Speciale Indiano sugli eventi che avevano determinato la morte di due  pescatori.

I giudici indiani, disattendendo anche in questo caso i contenuti del Diritto Internazionale Consuetudinario, della Convenzione dell’AIA sull’immunità diplomatica ed oltraggiando le ratifiche del Governo Centrale di queste norme fra Stati, hanno ordinato al diplomatico di non lasciare il Paese e di presentarsi lunedì prossimo di fronte ad un Tribunale locale per fornire spiegazioni sul perché Salvatore Girone e Massimiliano Latorre non rientreranno in India il 22 marzo p.v. . Una convocazione che avvalora la malafede nel gestire il problema in quanto Delhi  dimentica o fa finta di dimenticare che la decisione di trattenere in Italia i due Fucilieri di Marina non è del rappresentante diplomatico ma del Governo italiano.

Un’ingiunzione che in prima approssimazione potrebbe essere giudicata come una scarsa conoscenza delle norme internazionali da parte dei Giudici indiani,  ma che invece dimostra una palese ipocrisia nel voler continuare a gestire un problema che non è di competenza indiana per la posizione della Enrica Lexie quando gli eventi si sono verificati e per il “diritto di immunità” dovuto ai due  militari in quanto, al momento dei fatti,  erano incaricati di garantire gli interessi nazionali.

La Corte Suprema indiana  non può vincolare la libertà di movimento di un Ambasciatore straniero né tantomeno portarlo di fronte ad un Tribunale giudicante. Un’ordinanza illegittima in quanto in assoluto contrasto con l’articolo 29 della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche così come previsto dal Diritto Internazionale consuetudinario.

Un portavoce del Ministero degli Esteri indiano, tale Syed Akbaruddin, non riconosce invece questi vincoli, affermando che nel momento che un diplomatico si sottomette volontariamente alla giurisdizione di una Corte di Giustizia, questa ha tutto il diritto di applicare i suoi poteri giudicanti.

In questo contesto e forse prudenzialmente il Governo indiano ha anche deciso di rinviare l’insediamento del nuovo ambasciatore a Roma, Basant Kumar Gupta, che sarebbe dovuto arrivare in Italia il 16 marzo.  Delhi ha anche chiesto all’Ambasciatore  della Ue in India di farsi promotore di un’azione dell’Unione nei confronti dell’Italia per risolvere il caso.

A questo punto l’inciucio indiano è evidente e si manifesta in maniera dirompente. Un gioco delle tre carte assolutamente offensivo per la dignità della sovranità italiana e di tutto il contesto internazionale che vede messe in discussione norme e convenzioni in vigore da oltre 50 anni”.

Senza entrare nel merito delle considerazioni effettuate dal Generale Termentini – che ad onor del vero sembrano abbastanza convincenti – non si può far a meno di notare alcune strane “coincidenze” che finiscono con il dare corpo a quelli che potevano sembrare solo fantasmi.

Sullo sfondo di questa intricata vicenda, già da tempo iniziavano a stagliarsi gli intrighi internazionali delle commesse militari. Per l’Italia, una fornitura di dodici elicotteri AgustaWestland (gruppo Finmeccanica) alla difesa indiana, finita  al centro dell’inchiesta della Procura di Napoli relativa a Finmeccanica.

Silenzi stampa motivati da “trattative diplomatiche” coprirono per mesi la prigionia dei due marò in India. Almeno fino a quando nel mese di dicembre non venne data alla stampa la notizia che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone avrebbero trascorso a casa le festività natalizie, terminate le quali vennero riconsegnati, così come da accordo, alle autorità indiane.

E già a partire da questo “accordo” si apriva un’altra polemica. La Costituzione italiana non consente l’estradizione verso paesi terzi di soggetti che potrebbero subire una condanna alla pena capitale. Questo neppure nel caso in cui i soggetti per i quali venisse chiesta l’estradizione fossero cittadini del paese il cui ordinamento giuridico per quella fattispecie di reato prevede la pena di morte.

Latorre e Girone, cittadini italiani, venivano consegnati alle autorità indiane per subire un processo la cui pena massima prevista è la condanna a morte.

Ma la parola data (oltre la cauzione versata) è parola e va pertanto rispettata. Questo è quello che devono aver pensato i nostri governanti nel momento in cui restituivano all’India due militari italiani che avrebbero potuto non far più ritorno nel loro paese.

Successivamente al ritorno dei due marò in India, scoppiò lo scandalo per la fornitura degli elicotteri AgustaWestland che, secondo l’accusa,  sarebbe stata favorita da tangenti pagate che portarono all’arresto del presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi.

L’India a seguito dell’attività giudiziaria svolta e del conseguente scandalo, annullò il contratto con l’azienda italiana.

A Latorre e Girone viene accordato un secondo permesso per tornare in Italia e poter esercitare il proprio diritto al voto. Ma questa volta, a differenza di quanto accadde a Natale, i due marò non verranno più riconsegnati alle autorità indiane.

Cos’è accaduto nel lasso di tempo che va dalle festività natalizie quando, terminate le quali, i due tornarono in India e il rientro in patria per esprimere il proprio voto, quando il nostro governo cambia opinione e decide di non riconsegnare più i due soldati italiani?

A parte la perdita della fornitura degli elicotteri all’India, apparentemente, pare non sia successo nient’altro.

È difficile pensare ad un improvviso rinsavimento dei nostri governanti che avrebbe potuto portarli a pensare che la parola data non valga più della vita di due uomini e, come spesso accade in questi casi, non è difficile trovare i soliti malpensanti pronti a mettere in relazione il mancato affare degli elicotteri con l’improvviso ripensamento da parte italiana sul rispetto di una parola data per la quale andavano restituiti all’India due nostri militari, facendo loro rischiare una condanna a morte.

E sempre i soliti malpensanti, s’interrogano su cosa sarebbe avvenuto se l’India non avesse rescisso il contratto per la fornitura dei dodici elicotteri e se Latorre e Girone non debbano per questo ringraziare, oltre ai santi, il governo indiano che annullando la commessa militare ha fatto venir meno quella “pelosa prudenza” che ha caratterizzato l’azione del governo italiano in questa scabrosa vicenda.

Sulla graticola della giustizia di New Delhi, resta però Daniele Manici, l’Ambasciatore italiano. Senza commesse militari di mezzo, come si comporterà adesso l’Italia? Una domanda alla quale è quanto mai difficile rispondere, visto che le azioni intraprese da New Delhi sono già in palese violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche.

Che per liberare l’ambasciatore si debba aspettare una situazione al contrario di quella della fornitura degli elicotteri italiani, nella speranza che questa volta siano gli altri a dovere agire in maniera “prudente” riconsegnandoci il nostro ambasciatore?

I soliti maligni ridacchiano già… Purtroppo però, ai malpensanti si aggiungono i pessimisti che ritengono assai improbabile un simile evento.

Resta da sperare che New Delhi rispetti ed applichi il Diritto Internazionale Consuetudinario, della Convenzione dell’AIA sull’immunità diplomatica, restituendo la libertà all’Ambasciatore italiano, trasformato in ostaggio da un “inciucio”, questa volta italiano, per ragioni allo stesso non addebitabili.

Gian J. Morici

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