Agrigento – A margine dell’incontro-dibattito “Lotta alla mafia, la ricerca dei latitanti”, organizzato ad Agrigento da “Terranostra contro le mafie”, abbiamo incontrato Pino Maniaci, direttore senza peli sulla lingua di Telejato, noto per le sue campagne contro Cosa Nostra.
Direttore, il messaggio che si sente di lanciare. Spesso, è lo stesso popolo siciliano a tagliare le gambe alle generazioni che si succedono nel tempo..
“Mettiamola così, svegliatevi! Perché io vedo un popolo di dormienti, lo vedo specialmente nelle giovani generazioni troppo impegnate a guardare la televisione, a giocare su facebook o su internet, o a pensare troppo al divertimento. In questa terra c’è invece da lavorare, bisogna ritornare ad essere partigiani e liberare il nostro territorio dal malaffare. Dovrebbe essere la priorità di tutte le persone oneste e soprattutto dei giovani a cui credo. Abbiamo ragazzi in gamba che andrebbero stimolati, spesso mancano veri punti di riferimento e quei principi sani che oggi non ci sono più”.
Durante l’iniziativa al “collegio dei Filippini” sosteneva di essere in controtendenza con quello che diceva Leonardo Sciascia, “non è vero che la situazione in Sicilia sia irredimibile, anzi…”
“Era un pò troppo pessimista Sciascia, considerava questa terra e il siciliano, come cultura, qualcosa qualcuno che non poteva essere corretto nella sua mentalità. Non è così, perché la storia ce lo sta insegnando. Dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio è cambiato tantissimo, la gente si è ribellata. Ci sono stati dei momenti davvero esaltanti, come col “movimento dei lenzuoli” per esempio, della Palermo che si ribellava; anche con qualche politico che ai funerali di mafia ha rischiato di prenderle. Oggi in Sicilia ci sono tante buone realtà come le associazioni antimafia, l’associazionismo che viene dal basso. Io non credo all’antimafia della politica, io credo all’antimafia della gente, della gente comune che si mette insieme per dire no. I politici hanno sempre qualcosa da
nascondere o fanno antimafia per arrivare a qualcosa. Quella è un’altra cosa”.
Come si fa oggi giornalismo antimafia? O semplicemente quello genuino che non nasconda nulla, un giornalismo obiettivo, incisivo, concludente…
“Dovrebbe essere il giornalismo! Io dico che il giornalista dovrebbe essere come il medico ed il giuramento di Ippocrate: dovrebbe giurare di raccontare sempre e comunque la verità. Raccontare i fatti dovrebbe essere dovere del giornalista. E poi abbiamo anche quell’altro paradosso tutto italiano che impone un tesserino per riportare i fatti. E allora, se si vuole onorare quel tesserino bisogna essere corretti, riferire quello che succede sul territorio senza tanti fronzoli o infingimenti politici”.
Se Telejato sta crescendo ci sarà un perché. Una piccola tv che riesce a fare buoni numeri con la partecipazione di alcuni giovani provenienti anche dal nord Italia per fare uno stage e capire come si fa vero giornalismo. Adesso siete pronti a sbarcare ad Agrigento, forse la peggior provincia insieme a Palermo per contaminazione mafiosa.
“Il sogno di Pino Maniaci era quello di creare una scuola di giornalismo in Sicilia, vera, senza pagamenti. Perché, addirittura, per fare del giornalismo si deve pagare. I ragazzi devono andare a Perugia, ad Urbino e pagare migliaia di euro e studiare semplicemente la teoria. Noi gli diamo la possibilità di fare la pratica sul territorio, di cavalcarlo con la schiena dritta e senza spendere soldi perché li ospitiamo. Siamo orgogliosi di avere avuto questa estate più di cinquanta ragazzi provenienti da tutta Italia e che con telecamera in spalla e grande coraggio hanno lavorato, raccontandoli, sui territori di Corleone, Partinico e Cinisi, definiti ad alta intensità mafiosa. Telejato si allarga perché questo modo di fare giornalismo lo vogliamo diffondere in tutto il territorio siciliano. Il 273 del digitale diventerà un numero importante per tutta la Sicilia”.
A chi si ispira il Direttore di Telejato, ogni giorno, sul campo?
“A Pippo Fava, a Peppino Impastato, a quei giornalisti che hanno dato la vita per raccontare la vera storia di questa terra. Noi seguiamo le orme di un giornalismo che incide, che corregge e che diventa determinante per un territorio. Questo è quello che raccontava Pippo Fava e questo è quello che vogliamo fare noi”.
Rogero Fiorentino
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