Questo racconto, frutto della mia fantasia, mi è stato ispirato dal mio collega della sezione narcotici Raffaele Castaldo che colgo l’occasione per ringraziare.
Il sentimento religioso ha sempre contraddistinto la civiltà umana sin dagli albori. Dal credo della divinità si è giustificato le origini del mondo, in molte anche la stessa presenza dell’uomo sulla terra. Ma lasciando lo studio di questo fenomeno ad antropologi, teologi e filosofi, quello che mi preme sottolineare è che nonostante l’avvento della ricerca scientifica e la visione laica e scientista del mondo, sono ancora tanti i fedeli di tutte le religioni.
In merito a ciò che riguarda la nostra storia sono davvero tanti i fedeli alla Madonna del Soccorso. Questa figura addirittura è ormai considerata la protettrice della locale comunità a cui si attribuiscono miracoli che la popolazione ha ottenuto tramite la sua diretta e misericordiosa intercessione.
Il caso della Madonna del Soccorso nella comunità cristiana dove era ubicato il Commissariato di P.S. dell’Ispettore Di Falco, entrò in competizione con l’attività miracolosa attribuita ad un altro santo, ovvero, San Calogero.
A creare la contesa tra chi fosse veramente miracoloso tra le due figure divinatorie era Don Calogero arciprete responsabile della basilica dedicata all’omonimo santo.
L’arciprete era seduto dinanzi la scrivania dell’Ispettore Di Falco, vestito con giacca e pantaloni neri e camicia d’ordinanza con colletto bianco. In faccia rossiccio, sulla cinquantina, calvo con i capelli permanenti canuti, parlava sicuro come se fosse a conoscenza della verità rivelata: “io parlo di numeri e non chiacchiere. Da quando è uscita fuori questa storia del miracolo della Madonna del Soccorso, durante la messa della domenica pomeriggio, mi mancano almeno un cinquanta per cento dei fedeli. Vengono solo le signore anziane che non si sentono di scendere all’altra chiesa a piedi, ma i giovani e quelli che hanno la macchina mi hanno già abbandonato. Don Salvatore, e mi dispiace parlare di un altro sacerdote in questi termini si è trasformato in un lestofante e truffaldino.”
A questa affermazione così grave, l’Ispettore Di Falco non poté fare a meno di intervenire: “si rende conto delle accuse che sta muovendo nei confronti di Padre Salvatore, io lo conosco personalmente e posso assicurarle che non sarebbe capace neanche di rimproverare un chierichetto che disperde l’acqua benedetta durante una funzione.
Don Calogero si infastidì per la difesa del poliziotto e convinto di quello che diceva ebbe un attimo di stizza, che represse con un repentino cambio di postura sulla sedia. Per dare maggiore peso alle sue parole, poggiò i gomiti sulla scrivania dell’ispettore e riprese a parlare gesticolando “secondo lei è normale che durante la notte un lampo parta dalla statua della Madonna del Soccorso e colpisca una abitazione? Le aggiungo che la statua la notte non è illuminata. Ed è possibile che giusto in quella casa abita lo Zio Luvici, che nonostante sia malato da cinque anni, da quando arrivano questi miracolosi lampi, non solo è guarito e ogni santa mattina si va a prendere la comunione, ma ha iniziato ad addisiari pure a so muglieri. Ma questo è niente, tutti i malati della città, compresi quelli con le sedie a rotelle, ogni giorno si recano alla chiesa della Madonna del Soccorso, manco si trattasse della Madonna di Lourdes.”
A Di Falco la storia delle due Madonne, che in realtà erano la stessa divinità, non capiva perché dovessero essere più o meno miracolose cambiando solo il nome del luogo della apparizione o della adorazione; ma di questo argomento, per non sembrare blasfemo, non fece cenno al prelato che aveva di fronte. Se ne fece una ragione pensando che egli era un soggetto troppo attaccato alla logica ed alla razionalità e che in queste faccende la fede ha un ruolo che va al di là dei suoi terreni sillogismi. Ma sopratutto rifletté, che un uomo, quando era malato gravemente o in cerca di aiuto, sarebbe stato pronto a votarsi a qualsiasi santo o divinità, se non nella peggiore delle ipotesi a qualsiasi mago o fattucchiere.
Il monsignore vedendo l’Ispettore distratto rincarò la dose: “di questa situazione ne ho parlato con il vescovo in persona, e lui mi ha risposto di stare calmo, che egli avrebbe condotto una indagine e che se si trattava di una truffa o di un inganno avrebbe preso dei provvedimenti severi, e che giocare sulla credulità dei fedeli è un grave peccato.”
Il poliziotto guardò fisso negli occhi Don Calogero e gli suggerì: “organizzare questi teatrini, oltre ad essere peccato, è un grave reato punito dalla legge, le consiglio pertanto di svolgere regolare denuncia dei fatti narratimi in modo che possiamo ufficialmente aprire una formale indagine di polizia giudiziari.”
Il prete a quella proposta fu preso alla sprovvista, di denunciare formalmente i fatti non aveva pensato, non gli sembrò neanche una buona idea: “senta Ispettore francamente non me la sento di firmare una denuncia, non mi va di accusare un mio fratello sacerdote, le chiedo se è possibile di indagare in modo informale e se poi ci saranno ulteriori sviluppi e certezze magari con il Vescovo redigeremo una formale denuncia.”
Di Falco a quelle parole restò un tantino deluso, si sarebbe aspettato un impegno più determinato da parte del suo interlocutore, per cui lo congedò con una promessa formale più che sostanziale “Don Calogero noi siamo sempre al suo servizio, non si preoccupi, faremo del nostro meglio”.
Nonostante la mancanza di denuncia di Don Calogero, Di Falco convocò l’agente scelto Raffaeli Aldo nel suo ufficio e dispose al sottoposto: “Senti, nel tuo quartiere, ed esattamente nella chiesa della Madonna del Soccorso, sembra che accadano dei miracoli. Tu, senza fare tanto casino, e con la discrezione che ti contraddistingue, datti una occhiata in giro e tra una settimana mi fai un dettagliato rapporto.”
“Scusa capo ma Don Calogero che ho incrociato per la scala è venuto a trovarti per questo motivo?”
“Scusa ma da quando hai iniziato a farti i cazzi miei?”
“No, io essendo che ho visto Don Calogero, tu mi hai chiesto della chiesa della Madonna del Soccorso, allora ho pensato …”
Di Falco lo interruppe bruscamente “tu non sei pagato per pensare, non ti dimenticare che sei solo uno schiavo al mio servizio, ed ora togliti dai coglioni e portami il rapporto completo tra una settimana se non vuoi tornare a fare il piantone alle celle di sicurezza.”
“Scusa capo io avevo chiesto così, e poi sai ho già parcheggiato il cervello nel box di casa ed ho tolto le chiavi” e nel frattempo si alzò dalla sedia sorridendo.
Finita la sua giornata lavorativa l’Ispettore Di Falco si recò nella sua libreria preferita. Era stato pubblicato il nuovo giallo della serie “ il commissario Camilleri” del suo autore prediletto Andrea Montalbano. Quegli scritti, che egli riteneva splendidi, gli ricordavano spesso i casi che giornalmente trattava. Mentre entrava nella libreria incrociò La Ganga Giuseppe, che usciva con un libro avvolto in una confezione regalo. Conoscendo il giovinastro come accanito assuntore di stupefacenti, nonché come occasionale spacciatore, gli venne la curiosità di vedere che libro avesse acquistato. Anche il padre di La Ganga gli aveva confermato che il figlio trascorreva molte ore della giornata a casa e usciva raramente. Pertanto, rifletté che non si può sempre sospettare di tutti e di tutto, e pensò che il ragazzo si fosse messo la testa a posto dandosi alla lettura.
Il rapporto giunse in anticipo di due giorni sulla scrivania dell’Ispettore Di Falco, ed oltre ad un resoconto su una ispezione con esito negativo nella parte esterna della chiesa, Aldo Raffaeli scriveva: “da un controllo notturno, si notava, che più volte durante la notte, un raggio di luce partiva dalla statua della Madonna del Soccorso ed illuminava la palazzina ubicata in Via Venezia N. 51. Secondo la credenza popolare, la Madonna del Soccorso, avendo a cuore tutti gli abitanti del quartiere, che l’hanno sempre venerata, aveva iniziato la sua intercessione per la guarigione degli infermi. La sua miracolosa opera era iniziata proprio con lo Zio Luvici, all’anagrafe conosciuto come Scordino Luigi, di anni 75, residente nella palazzina in questione e pubblicamente noto come accanito bestemmiatore. Zio Luvici, dopo la sua improvvisa guarigione, ed il suo nuovo ed incontenibile appetito sessuale, si è trasformato nei più affezionati parrocchiani della chiesa in parola, assieme alla moglie, alla quale è stata concessa una nuova ed inaspettata opportunità.”
La vicenda prese una strana piega quando il signor Mazara Emanuele si presento in commissariato. Ad accoglierlo per redigere la denuncia c’era sempre Di Falco: “si accomodi signor Mazara”
“Senta ispettore io sono convinto che il costo della vita è ormai diventato insostenibile, ma se la mia bolletta negli ultimi quattro mesi è triplicata ed io non ho cambiato i miei consumi devo dedurre che questi dell’Enel mi vogliono truffare e io non sono persona che se ne sta con le mani in mano e voglio denunciare.”
“mi perdoni ma ha fatto verificare se ci sono anomalie nell’impianto?”
“ma che anomalie, l’unica anomalia è nel cervello dei tecnici dell’Enel, che mi dicono che non ci sono dispersioni e i consumi sono effettivi”
A Di Falco a quel punto non restò che mettersi davanti la tastiera e redigere la relativa denuncia.
M fu proprio con l’ennesima denuncia, questa volta giunta per posta raccomandata, che il poliziotto riuscì a chiarirsi l’intera vicenda.
A scrivere era la signora La Ganga Rosalia, la quale denunciava: “sono proprietaria di un appartamento in via Venezia n.51, ma residente in Milano da tre anni, dove insegno in una scuola media. Da due anni non faccio ritorno in Sicilia e nessuno è entrato nella mia abitazione, posta al secondo piano, poiché solo io e mio fratello che abita in altro appartamento siamo in possesso delle chiavi. Anche mio fratello mi ha assicurato che non vi mette piede da anni all’interno dell’alloggio. Un mese fa, la società Siciliana Acque mi recapitava una bolletta con un importo di euro 898,45. Nonostante non ho fatto alcun uso dell’acqua corrente, la società continua a pretende il pagamento della bolletta, pertanto sporgo querela contro la società idrica in parola.”
A Di Falco, avendo ormai chiaro su ciò che succedeva all’interno di quell’appartano, giusto per una ulteriore conferma effettuò un accertamento all’ufficio anagrafe.
L’indomani convocò Raffaeli ed Ombra e dispose: “da stanotte e per le notti seguenti effettuerete un appostamento sotto la palazzina dei miracoli. Non mi vorrei sbagliare, ma prima o poi vi troverete Peppe La Ganga che entra nella palazzina del secondo piano. Una volta che accede, fate irruzione dentro l’abitazione e poi mi farete sapere cosa trovate all’interno, anche se io mi sono già fatto un’idea.”
Aldo Raffaeli fu tentato di chiedere al suo capo quale fosse l’dea che si era fatto sulla vicenda, ma temendo un cicchetto nel classico stile Ispettore Superiore Di Falco, non disse nulla.
I due poliziotti si appostarono, dentro un furgone, sin dalla serata. Ombra come al solito passava il tempo piacevolmente a messaggiare con le sue tante donne, chiedendole particolari della loro vita erotica e proponendole posizioni innovative rispetto a quelle che egli ormai riteneva obsolete del kamasutra, mentre Aldo era costretto attraverso un buco a tenere d’occhio l’ingresso della palazzina. Non fu necessario attendere molto ed alle due di notte, vestito di nero con suo incedere traballante, il pregiudicato, in materia di stupefacenti, La Ganga Giuseppe entrava all’interno della palazzina tenuta sotto. I due poliziotti gli diedero appena il tempo di entrare e dieci minuti dopo Ombra come il dio Odino, con la sua mazza aveva sfondato la porta dell’appartamento del secondo piano. Aldo Raffaeli, come una saetta, con la pistola in mano, fece irruzione, superò il corridoio e fu inondato da una luce abbagliante che proveniva dal varco che immetteva in una stanza. Nel frattempo da un bagno usciva La Ganga con un annaffiatoio in mano, sorpreso di vedere i due poliziotti dentro l’appartamento, che gli puntavano le pistole alzò le mani istintivamente.
Una rigogliosa piantagione di cannabis era presente all’interno del salone dell’abitazione.
Di Falco, che nel frattempo era giunto sul posto, con sua grande sorpresa, notò su un tavolo un libro che parlava di come si coltivava la marijuana.
Guardò in direzione dell’arrestato e gli chiese: Brutto testa di cazzo, il coltivatore diretto ti sei messo a fare? Non mi dire che era questo il libro che avevi comprato quando ti ho incontrato l’altro giorno in libreria?”
La Ganga che era seduto ed ammanettato e con la testa bassa alzò lo sguardo e confessò: “si ispetto’ questo era. Quando l’ho vista in libreria mi è morto il cuore, perché pensavo che mi stesse fermando e controllando il libro che avevo comprato scoprendo il mio piano”
“Allora il testa di cazzo sono stato io, perché mi ero illuso che ti eri messo a filare dritto e ti eri dato pure alla cultura, invece altro che cultura, alla coltura della cannabis ti sei dato. Non mi dispiace per te che finisci in galera, mi dispiace per quel mischino di tuo padre, anche lui era convinto che l’avevi piantata con la droga, ora che viene a sapere che invece hai piantato addirittura una piantagione di erba un collasso gli prende. Stavolta il giudice invece di cominciare col minimo inizia col massimo della pena considerato che sei pure recidivo. Cazzi tuoi sono, nel cesso della cella ci resterà l’impronta del tuo culo per tutti gli anni che ci passerai.”
Si avvicinò alla finestra che era schermata da una pellicola di carta stagnola, la raschiò ed ebbe la dimostrazione della sua ipotesi, infatti, un raggio di luce andò a colpire la statua della Madonna del Soccorso.
Raffaeli accortosi dell’esperimento commentò a modo suo “sta minchia! Questo è u miraculu da marja? Certo che lo Zio Luvici del terzo piano con i vapori che respirava si scialava e ci attisava come ad un caruso.”