
L’Italia è forse l’unico paese al mondo nel quale il segreto vige anche dopo la desecretazione di documenti classificati.
Negli Stati Uniti, dopo 50 anni viene approvata per il rilascio una copia di un articolo a firma di Victor Riesel.
Cinquanta anni perché sia possibile il rilascio di un articolo che denunciava come il governo americano deportasse in Italia i mafiosi di origine italiana, ma cresciuti negli Stati Uniti, anziché trarli in arresto.

Una vicenda che l’autore dell’articolo fa risalire a quando nel 1943 le truppe americane sbarcarono in Sicilia ed ebbero contatti con capimafia del calibro di don Calò Vizzini e Giuseppe Genco Russo per ottenere l’aiuto della mafia contro i fascisti e i nazisti.
Vero o non vero che sia l’aiuto di Vizzini agli alleati per lo sbarco in Sicilia, rimane il fatto che l’OSS (precursore della CIA) si avvalse del boss mafioso come informatore.
Un ruolo che favorì l’ascesa politica del suo braccio destro (Genco Russo), trait d’union tra la mafia siciliana e la Democrazia Cristiana.
In Italia, nonostante non sia necessario che passino 50 anni perché i nostri servizi segreti approvino il rilascio della copia di un articolo giornalistico, quasi un secolo dopo i fatti di quel periodo storico la tendenza, purtroppo anche di un certo giornalismo, è quella di negarli aprioristicamente in maniera acritica.
“Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente” diceva Indro Montanelli.
Se dopo quasi un secolo in Italia abbiamo la difficoltà ad ammettere i rapporti tra mafia e alleati, e il successivo connubio tra mafia e politica, parlare di fatti più recenti, di uomini e partiti politici, di massoneria e servizi segreti, di collusioni mafiose, stragi e strategia della tensione, rischia di far passare per complottista chiunque abbia una minima capacità di discernimento scevra da dogmi fideistici.
Che il nostro paese fu teatro di una guerra non ortodossa al comunismo, ce lo dicono non soltanto la creazione di strutture clandestine come Gladio sotto l’egida della Cia, ma anche quanto emerso dalla commissione americana Church-Pike rispetto gli ingenti finanziamenti che la CIA aveva elargito alle forze politiche anticomuniste italiane, favorendo operazioni sovversive, la cosiddetta strategia della tensione.
In questo contesto, un ruolo di primaria importanza fu quello della loggia massonica P2 di Licio Gelli.
MASSONERIA AMERICANA
Non v’è dubbio che la massoneria americana esercitò la propria influenza sulla nascita di obbedienze regolari, ma anche spurie, determinando le scelte politiche del nostro paese.
La nascita di logge massoniche nell’ambito delle ambasciate americane e nelle basi Nato italiane, sostenute dalla Cia, grazie al rapporto fiduciario con il gran maestro Gamberini, fu l’humus nel quale si coltivarono i rapporti tra personale civile e militare americano, vertici delle istituzioni, servizi di sicurezza e personaggi come Licio Gelli, Michele Sindona e Giovanni Alliata di Montereale.

Il rapporto tra Licio Gelli e i servizi segreti americani, non è mistero, lo si evince dal fascicolo dei servizi segreti italiani intestato allo stesso Gelli nel 1945, riferito a una sua attività del novembre 1944 in merito a un’indagine su due agenti nemici.
Lo stesso Gelli, interrogato presso il Centro di Cagliari, raccontò di questa sua attività a seguito dell’inizio della sua collaborazione, risalente al mese precedente, con il Counter Intelligence Corps al seguito della V Armata.
I trascorsi fascisti e repubblichini di Gelli, costituirono per il controspionaggio americano un motivo di garanzia nella lotta al comunismo.
Il Gelli successivo a quel periodo storico, lo descrive, con dovizia di particolari, l’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo, nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista e scrittore Ferruccio Pinotti:
«Dietro Gelli c’erano gli ambienti americani. Gelli è un prodotto degli americani.»
Di Bernardo ricostruisce come Aldo Moro venisse visto dagli americani come il ponte che avrebbe consentito ai comunisti di entrare al governo in Italia, in un momento cruciale di confronto tra gli interessi atlantici e quelli del blocco comunista, portandoli a individuare in Gelli il contrafforte a una possibile espansione del comunismo sovietico.
«Gelli fu ricevuto dagli americani con tutti gli onori: ma la cosa più importante fu che gli diedero carta bianca, il mandato esclusivo di operare per loro conto in Italia. Non soltanto tutti i soldi che gli servivano, quindi, ma molto di più. In sostanza fecero pervenire ai politici più potenti un messaggio chiaro: mettetevi all’obbedienza di Gelli».

“L’analisi di Di Bernardo – scrive Pinotti – spiega molte cose: perché un politici di primo piano come Giulio Andreotti prestasse attenzione a Gelli sin dai tempi in cui si faceva ritrarre con luiie il cardinale Ottaviani a inaugurare uno stabilimento di materassi diretta dal piduista; perché politici di ispirazione ‘atlantica’ come Francesco Cossiga abbiano sempre concesso udienza a Licio Gelli. Si trattava di obbedienza alla ragion di Stato, a rapporti di potere nati in una democrazia a sovranità limitata, come quella italiana”.
L’AGENTE GELLI
È veramente difficile immaginare Gelli agente sovietico impegnato nella lotta al comunismo e coinvolto nella strategia della tensione, condannato in via definitiva per avere organizzato una lunga catena di false operazioni e depistaggi con la complicità di vertici piduisti del Sismi per ostacolare le indagini sui terroristi di destra.
Lo stesso Gelli che oltre a finanziare il terrorismo nero, avrebbe consegnato a Federico Umberto D’Amato, numero uno dell’Ufficio affari riservati, 850 mila dollari per il coinvolgimento nella strage di Bologna.
Se gli agenti sovietici erano quelli che combattevano il comunismo, frenavano l’espansione sovietica e finanziavano il terrorismo operando secondo la logica della strategia della tensione, questi men in black della Cia dovevano essere dei poveri idioti per pagare un killer che uccidesse l’Unione Sovietica che lo pagava già per il proprio suicidio assistito.
I servizi segreti sovietici, avrebbero quindi reinventato il ruolo dei loro agenti in chiave artistico-strategica?
E Cossiga con Gladio, Andreotti con l’Anello, erano come Gelli agenti sovietici?
O forse tutto questo è funzionale a distrarre dalla successiva nascita di soggetti politici, e di partiti, legati ancora una volta ad ambienti massonici, appartenenti ai servizi di sicurezza, e collusi con la mafia?
Questo tentativo di ribaltone storico-giudiziario, non rende giustizia alle tante vittime di quel periodo, a partire dalla strage di Bologna (i documenti segreti di Gelli), non la rende a un popolo al quale con le stragi del ’92 e del ’93 venne cambiata ancora una volta la sua storia, non rende onore a chi pur di “candeggiare” la nascita della cd Seconda Repubblica innalza cortine fumogene per coprire le nudità del re.
Gian J. Morici