A prima vista potrebbe sembrare che il David biblico sia il piccolo Stato di Israele e Golia l’insieme dei paesi arabi che lo circondano. In realtà David si è agguerrito più di Golia. Oggi, ad avere fionda e sasso sono i palestinesi. Ma non sbagliamoci, anche quelle fionde sono diventate missili micidiali e partono da dietro le moschee, dalle scuole, dai giardini pubblici. Quindi oggi è davvero difficile chi è chi. Ovviamente Gerusalemme ha acquisito negli anni una potenza militare ultra sofisticata ed una capacità di fuoco molto potente, tra le migliori del mondo. Al contempo tra i palestinesi si trovano tra i più addestrati “terroristi” o fedayn che dir si voglia. La loro capacità d’azione è tale che in poche settimane sono in grado di provocare uno stillicidio di feriti e morti che nessun paese al mondo potrebbe sopportare. Basti vedere la reazione di un paese come la Turchia quando è piombato sul suo territorio qualche proiettile siriano.
Un passo indietro
Per rigore storico: il 14 maggio 1948, venne proclamata l’indipendenza di Israele. Lo stesso anno l’Egitto, come gli altri paesi arabi circostanti, attaccò Israele ed invase Gaza, territorio che doveva andare alla Palestina araba. L’occupazione egiziana fu brutale al punto che veniva persino vietato ai rifugiati palestinesi giunti da Israele di costruire case in mattoni e cemento per obbligarli a conservare il loro statuto di rifugiati. Senza voler essere passeisti, non si può negare oggi la responsabilità dell’Egitto e degli altri paesi arabi che, non solo non hanno accolto i 750.000 rifugiati di allora ma li hanno mantenuti in misere condizioni e utilizzati come strumento di pressione internazionale nei confronti di Israele. Una vera e propria manipolazione! E non va dimenticato che a quei tempi i fedayn erano palestinesi inquadrati dalle forze militari di Nasser.
Nel 2007, Hamas ha preso il potere con la forza a Gaza. Ha espulso i responsabili dell’Autorità palestinese massacrando i feriti del Fatah anche nei loro letti d’ospedale.
Negli anni, la storia di israeliani e palestinesi è stata macchiata di sangue e rappresaglie da entrambe le parti. Forse quel che oggi è ancor più grave, mentre laggiù cadono razzi al risuono delle sirene d’allarme, è che entrambe le popolazioni civili sono ostaggio di un periodo preelettorale e di un gruppo terrorista armato che strumentalizza il dolore della propria gente.
Il vero dramma per gli uni come per gli altri è l’impossibilità politica e diplomatica di una vera vittoria sull’uno o sull’altro. Ma dal dramma delle armi può nascere la speranza: solo prendendo coscienza di tale impossibilità, un giorno potranno tutti decidere di sedersi al tavolo delle trattative, compreso Hamas, per giungere ad un’autentica convivenza.
Luisa Pace
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Luisa Pace – France Representative della European Journalist Network, membro del comitato dell’Association de la Presse Etrangère, giornalista free-lance molto apprezzata, scrive per diversi quotidiani e periodici svizzeri, italiani e francesi: La Regione Ticino, Focus In, La Révue Défense.
Nella questione palestinese, nessuna delle parti in causa si è astenuta dalle manipolazioni. La giornalista ha messo bene in evidenza le pressioni dei paesi arabi nei confronti di Israele. Ma pressioni di ugual misura e potenza sono state inflitte dallo stato ebraico nei confronti dei territori occupati. Israele ha impedito, nel corso di decenni, a migliaia di palestinesi di muoversi liberamente e sviluppare una vera economia locale. Nello stesso spazio ristretto convivono ville lussose e quartieri degradati, gli uni accanto agli altri. Non è un caso che gli obiettivi dell’esercito israeliano siano spesso infrastrutture civili. Potrà sembrare cinico parlare di economia quando la contabilità delle vittime, molto spesso bambini, è destinata a crescere ogni giorno. Ma la questione palestinese è cosa così complicata che nessuna variabile può essere dimenticata, per raggiungere una convivenza pacifica tra i due popoli che rivendicano lo stesso territorio. Religione, politica, rivendicazioni economiche, indebite interferenze (Stati Uniti e Iran), faide e regolamenti di conti sono pedine della stessa scacchiera. L’unica novità allarmante di queste ultime ore è l’accellarazione della curva di apprendimento della balistica. Le officine dei territori occupati, convertite dalla metalmeccanica di base alla produzione “in casa” di missili e altri ordigni, a forza di provare e riprovare, potrebbero raggiungere una “atroce” efficienza. L’equilibrio strategico come mezzo di risoluzione dei conflitti è una verità (a questo equilibrio si deve la fine della guerra fredda). Ma prima di raggiungere il punto di equilibrio, molte vite umane potrebbero essere sacrificate inutilmente. E’ responsabilità della comunità internazionale intervenire adesso.
Alfonso Albano
LA VITTORIA IMPOSSIBILE
Un’ insieme di fattori rende impossibile la soluzione militare del conflitto.
Innanzi tutto non si tratta di due contendenti che lottano da soli ma il mondo
intero, in qualche modo, partecipa e rende impossibile a ciascuna della parti
una vittoria definitiva.
Nello sconfinato mondo arabo e mussulmano, i Palestinese trovano sempre dei
sostenitori per tanti motivi anche vari e contrastanti: un fiume di danaro si
riserva sui Palestinesi e con esso un flusso ininterrotto di armi e
soprattutto un imponente flusso di benedizioni religiose. di conforti fraterni
e appoggi ideologici.
Nel passato il blocco sovietico fece proprio la causa dei Palestinesi nel
tentativo di conquistare l’appoggio degli Arabi nel conflitto planetario che
li opponeva agli Americani e al mondo capitalistico. Il crollo del comunismo
ha privato i Palestinesi di quell’aiuto ma, nel contempo, anche di una certa
moderazione che comunque i Sovietici riuscivano a imporre in funzione della
loro politica generale.
Le correnti di estrema sinistra, i gruppuscoli residuali ma sempre vivi e
attivi del vecchio comunismo vero e puro, hanno ereditato l’appoggio
incondizionato ai Palestinesi: essi non hanno alcuna possibilità concreta di
intervenire e pur tuttavia lasciano sperare ai Palestinesi che i popoli
dell’Occidente siano con loro e quindi anche i governi, prima o dopo
abbandonino gli Israeliani .
Gli stati europei hanno una politica molto debole: da una parte sostengono
Israele nel suo diritto all’esistenza, dall’altra tuttavia cercano di avere
buoni rapporti con i Palestinesi perchè non intendono perdere l’amicizia e
soprattutto i buoni rapporti commerciali con gli Arabi in generale. A questo
si aggiunge che non esiste una politica estera comune degli stati europei in
Medio Oriente come in ogni altro campo, d’altronde, e quindi ogni stato ha una
sua politica particolare, spesso in concorrenza con quella del vicino.
Tuttavia proprio per questo gli europei vengono visti come i meno schierati :
da qui la richiesta ad esempio di truppe di interposizione come in Libano.
I maggiori attori restano però gli Americani, naturalmente, gli unici che
hanno effettivamente i mezzi economici e militari per intervenire e che
inoltre possono pure influenzare i governi occidentali. Gli Americani sono
schierati chiaramente a favore di Israele: pur tuttavia hanno interessi in
tutto il Medio Oriente, molti alleati fra gli stati arabi e soprattutto temono
una incremento di quelle correnti integraliste che tanto li preoccupano, uno
esplodere della situazione delle conseguenze imprevedibili.
Da un parte quindi gli Americani aiutano effettivamente e sostanzialmente gli
Israeliani ma d’altra parte sono intervenuti nelle guerre arabo-israliane del
56, del 68 e del 73 per fermare l’avanzata israeliana oltre certi limiti e
premono continuamente su Israele perchè la repressione contro i Palestinesi
non superi certi limiti.
Dal punto di vista puramente militare, attualmente, Israele potrebbe
distruggere la resistenza Palestinese facilmente: potrebbe rispondere al
lancio dei razzi Kassam con attacchi aerei devastanti come quelli avvenuti
nella Seconda Guerra Mondiale, potrebbe rispondere a ogni attacco suicida con
deportazioni di massa e rappresaglie indiscriminate. Ma questo scatenerebbe
una reazione araba incontrollabile e non sarebbe permesso dagli Americani,
oltre che dalla comunità internazionale.
In pratica gli Americani mettono Israele in grado di resistere agli avversari
ma impediscono loro di vincere e nello stesso tempo analogamente si dichiarano
contro il terrorismo palestinese ma impediscono che esso sia effettivamente
debellato.
D’altra parte anche se gli Arabi un giorno vincessero effettivamente sul piano
militare tuttavia la sopravvivenza di Israele sarebbe garantita dagli
Occidentali.
In pratica chiunque vinca le battaglie non è importante: perché nessuno può
vincere la guerra .
Alla fine di ogni battaglia tutti gridano di aver vinto: in realtà è vero
perchè nessuno ha perso veramente.
http://cronologia.leonardo.it/storia/mondiale/israe015.htm