C’è uno strumento vecchio quanto il primo giornalista sulla terra, utile a trovarsi nel cassetto un elogio funebre già pronto per le persone celebri. Si chiama coccodrillo.
Non vuole portare sfortuna a nessuno, però si tira fuori al momento del decesso e lo si schiaffa in prima pagina. In pratica si scrivono elementi generici utili a vestire la morte di un qualsiasi personaggio, al momento del decesso improvviso e non annunciato, si mette soltanto il nome. Una variante è avere già l’articolo col nome pronto.
Il preannunciarsi di certi eventi e di certe dinamiche sembra essere proprio della storia d’Italia. Tutti sanno che prima o poi qualcosa succederà, ineluttabilmente viene da dire, ma ne attendono la finta casualità.
La tecnica è fin troppo sfruttata.
Ad esempio: prendete un sindacalista integerrimo. Prendete le sue lotte per i contadini e per i loro diritti. La sua vita è stata dedicata all’aiuto del prossimo, specie se indigente, sfruttato, vessato.
Non esisteva momento in cui non avesse a cuore il benessere del suo vicino, anche se non lo conosceva.
Ovviamente da comunista non poteva nemmeno essere considerato un buon cristiano, eppure era credente, eppure a guardare bene, faceva quello che aveva già detto e fatto Gesù Cristo. Il che porta a pensare che forse certe ideologie di miglioramento della vita e del rispetto dell’uomo fossero coincidenti in un certo tipo di politica e di etica, anche se le si voleva tenere lontane.
L’attivita del sindacalista da scomunicare ovviamente non piace ai potenti. Non si può avere l’ardire di professare rispetto del più debole e pretendere di aver salva la vita.
Il sindacalista viene ucciso.
Una sventagliata di mitra sotto casa.
È qui che inizia la farsa delle finte coincidenze e dei moralismi, della finta approssimazione e del voltarsi dall’altra parte di fronte alla pistola fumante.
Il processo vede assolti tutti i potenziali assassini del sindacalista. Paradossalmente nella ricerca di un colpevole e di un necessario capro espiatorio, da sempre strumento utile della applicazione dell’ingiustizia in Italia e non solo, vengono processati sia gli investigatori che avevano indagato sul caso, sia le persone che di solito si accompagnavano al sindacalista da quando lo sapevano bersaglio di minacce. Il tutto finito in una allegra (eufemismo..) bolla di sapone, buona per far divertire i bimbi.
A distanza di tanto tempo si attende ancora un colpevole. Sarebbe troppo pretendere anche un mandante.
Le omissioni, le prescrizioni, alcune strane morti su chi ha indagato sull’omicidio condiscono il già gustoso piatto tipicamente italiano. C’è chi sussurra anche mani di intelligence americana, ma ovviamente questa è fantascienza, come lo è che a volte si fanno gli attentati da soli o quasi.
Il gustoso fine pasto, l’ammazzacaffè di questa storia è che anche io che l’ho scritta la potre utilizzare come coccodrillo.
Ciò che ho appena raccontato riguarda il primo sindacalista ucciso dalla mafia, a Sciacca, provincia di Agrigento, settant’anni fa. Il suo nome era Accursio Miraglia.
Ma chissà perchè, non avendo messo nomi, ho il vago sentore di essermi messo avanti col lavoro. Lo stile italico di questo omicidio è talmente simile e aderente a sè stesso nel corso dei secoli, che posso utilizzare questo articolo per molti omicidi di mafia dei secoli successivi. Cambia la sostanza ma non la forma. Si chiama tradizione italica, purtroppo non presente solo in dieta mediterranea.
Ettore Zanca
Audio dell’intervista di Ettore Zanca a Stefania Crogi, Segretario Generale Flai Cgil.