Gli diedi una ciotola di latte ed andò via. La volta successiva, quando bussarono alla porta, andai con la ciotola del latte, ma mi trovai dinanzi il mitico Ettore, figlio del re di Troia. Faticai sette camicie per spiegargli che Achille abitava altrove.
Passarono i giorni e bussarono nuovamente alla porta. Con l’indirizzo di Omero in mano andai ad aprire. Il tremendo ruggito mi raggelò dentro. Il leone cercava le antilopi e dovetti spiegargli che la savana era al di là del mare. Bussarono nuovamente. Andai in cucina e presi una bistecca. Quando aprii, il rinoceronte colpì con violenza un vecchio mobile, restandovi incastrato col corno. Cercava l’erba. Ma erba non ne avevo.
Fu poi la volta del torero che, credendosi Manolete, mi chiese del toro Islero. La volta successiva, fu quella del famoso Belador, unico toro graziato nell’arena di Las Ventas di Madrid, alla ricerca di giovenche da montare. Non mancò di bussare neppure Ulisse (“Colui che è odiato” o “colui che odia”), a caccia di Proci.
Proprio quando mi stavo decidendo a cambiare indirizzo (email), bussò Giuseppe Arnone. “Nei prossimi giorni io, che da venti e più anni sono impegnato contro la mafia nelle piazze, nelle Istituzioni e nei Tribunali; io, Giuseppe Arnone”… Lo ascoltai paziente. Lui, l’ex consigliere comunale del ventennio arnoniano. Lui, l’avvocato sospeso dal Consiglio dell’Ordine. Lui, colui il quale se non eletto sindaco si sarebbe ritirato a vita privata. Lui, il pluripregiudicato, guardò da dietro il foglio word del suo ennesimo comunicato stampa e disse: “Bussarono alla porta, aprii e non vi era nessuno. Entrò il Prefetto”…
Eh sì, non tutti potevano vantarsi come lui d’esser stati gatti, Ettore, leoni, rinoceronti, Ulisse, toreri e tori (graziati). Aprii il cestino (delle email) e lo buttai dentro…
Gian J. Morici