
Dalla svalutazione dei soldi passa il poco che valgono tutti i sentimenti.
Non c’è più nulla che non dipenda dal reddito, dal potere d’acquisto.
Non è un tempo dove ti innamori e vivi felice. Vivi una storia d’amore solo se hai da spendere, se hai messo da parte.
Se non hai nulla al massimo speri in una che te la dà una sera.
Questo è l’amore. Dalla borsa al fianco della tua fidanzata alla borsa che decide sul suo salire e scendere se puoi farti una pizza.
Vallo a spiegare a questi.
Ogni sera sono lì, si guardano da lontano e chi rincasa parallelo a loro sente quella sensazione fastidiosa di elettricità.
Si piacciono. Danno quella immagine di un muro che li divide in cui appoggiano la mano entrambi, senza vedere l’altro che fa gli stessi gesti. Uno specchio cieco.
Vivono soli. Sono anche carini. Lui smarrito e spettinato, praticamente sbattuto a esistere senza prima passare dal via. Lei bella con occhi di passato. Quel colore netto di pupilla ma attraversato da un taglio nero. Occhi che sono il libro dell’esistenza. Quel taglio sembra un segno che lei ha messo per ricordare qualcosa di poco piacevole.

Giovani, forse è questo sapore di prefazione alla vita che ancora hanno, la precarietà del tempo da coniugare al futuro. La precarietà del lavoro che li fa tremare. Ma sono belli.
Perché la bellezza è bella solo se attraversata dalla malinconia. Altrimenti non è bellezza vera. È sciapa. Nel nostro condominio all’imperfezione si aggiunge l’odore.
Odore di fritto del cortile che tutti attraversiamo per tornare a casa.
Il fritto che si respira è la livella.
Quella della poesia di Totò era la morte, per noi che abitiamo in questo condominio è l’odore d’unto che attraversiamo trattenendo il respiro. Forca caudina olfattiva.
Molti di noi tornano a casa soli, la solitudine indotta o volontaria. Chi è divorziato, chi non si è mai sposato, chi ha perso un coniuge per sopraggiunti limiti di militanza a questo mondo.
Chi comunque avrebbe qualcuno che lo aspetta . Che da sempre sogna di dividere la sua vita con la mia. Perché sono io quello con un amore ancora tutto da marcire.
Di quegli amori che non consumi, credi valgano troppo. Credi sconvolgano la vita. Io non voglio riprogrammare il navigatore della mia esistenza.
Lei è una vita che mi vede uscire di casa, abita al palazzo di fronte.
Una vita che attende che io attraversi il portone per scendere pure lei.
È bella. Ma è di quelle bellezze che prima di capirle devi ascoltarle. Devi avere la pazienza di sfogliare le pagine del loro vissuto e aver cura di staccare quelle appiccicate tra loro. Quelle che si aprono solo per chi ama davvero consultarle. Con grazia.
Non ce la faccio. L’amore stanca, il corteggiamento stanca. Se ci credi davvero tutto questo è impegno. Dedizione. Con che risultati? Come la canzone di Gaber:
“Le chiedo scusa”. “Prego non è niente”.
“Potremmo anche darci del tu”.
“Lei è così seria, è anche intelligente,
come vorrei conoscerla di più”.
E poi, e poi, e poi,
come sei bella, come sei bella,
ho tanto bisogno di te,
tu sei la donna della mia vita,
ti chiedo di stare con me
perché ti amo, perché ti amo,
ma com’è bella la vita in due!
Ti senti padrone del mondo e non sei nemmeno padrone di te stesso. Questo è l’amore. Un trip allucinogeno per far finta che tutto va bene. Soprattutto che l’amore meschino di due persone salverà il mondo. A malapena solleva gli animi per poco tempo a chi lo prova.

È uno schiaffo in pieno volto pieno di promesse di eternità.
E io non voglio prenderlo questo schiaffo, ho il volto delicato.
Poi è anche ora di finirla con queste donne che hanno queste bellezze da incrociare, da stare attenti per scoprirle. Senza volgarità. Senza ostentazione. Basta con questa aria di vergogna per una sensualità che non si crede di possedere.
Non si sciolgono i capelli con quella naturalezza e credere che nel frattempo qualcuno non resti inebriato.
Non ci si toglie i tacchi essendo vestite bene per camminare sulla spiaggia con atteggiamento da film come fosse la cosa più naturale.
È questa debolezza, la fragilità maschile di non sapersi difendere da questi gesti che poi fa innamorare.
Basta starne alla larga.
Quel ragazzo invece non ha speranza. Anche oggi la guarda, lei si butta nella sua spontaneità, eccola, si accorge che ha scordato il ferma capelli e mette la matita tra le ciocche. Per lui è finita.
Escono separati tra gli odori di colazione, ma sanno di unione a tempo breve, gli do il tempo di sentire due, massimo tre volte odore nauseabondo di fritto rientrando. Si innamoreranno tra l’unto, usciranno avvinghiati il giorno dopo tra odori di caffellatte e smadonnamenti sommessi per la nuova giornata da cominciare per tutti.
A loro sembrerà tutto bellissimo. Ci guarderanno e crederanno che i condomini siano una cornice un po’ sguaiata di un quadro bellissimo. La loro storia d’amore.
Invece io le canzoni le ascolto fino in fondo. Io lo so come va a finire dopo.
“Ti voglio bene, mi sono affezionato,
ma a volte mi sento un po’ giù.
No, no, non faccio scene, ho sempre sopportato
ma da tempo non parliamo quasi più.
E poi, e poi, e poi,
parlato: e poi ci sono i figli.
No non possiamo… e i nostri genitori?
Bè quello sarebbe il meno. Certo che è dura: gli amici, la gente, il lavoro, sì anche il lavoro…
Non possiamo lasciarci.
E allora continuare così per i figli, per tutti, la risata davanti agli altri, tutto tranquillo,
regolare, il tradimento piccolo borghese, la falsità, la commedia, la meschinità…
E poi, e poi, e poi,
com’eri bella, com’eri bella,
avevo bisogno di te,
eri la donna della mia vita,
ti ho chiesto di stare con me
perché ti amavo, perché ti amavo,
ma com’è bella la vita in due…

È a questo punto che ti attende la tigre della banalità, del litigio per aver qualcosa da fare, per azzannarti alla giugulare. Non mollarti più. Io mentre la donna che vorrebbe incrociare la mia vita prende una matita per raccogliere i suoi capelli non guardo. Chiudo le persiane all’involontaria poesia del gesto.
Involontario quasi quanto comporre una poesia avendo talento e poi pretendere che nessuno si strugga nella bellezza di amarla.
Dovrei stare bene, invece mi sento come se la mia parte sinistra mi lasciasse indietro.
Le sensazioni, quelle danno la mappa del ragionamento. Mi sono sempre chiesto cosa sia quel TAC! Che sento ogni volta che vedo lei che mi raggiunge, per incrociare il mio sguardo.
Se lo sente anche quel ragazzo?, mi chiedo. Lo percepisce anche lui quello schiocco quando incrocia la donna che desidera?
Le giornate di pioggia mi fanno amare la città, finisce l’incombenza di tante incombenze da aspetto estetico. Non devi dimagrire, non devi scurire la pelle, non devi per forza accettare inviti surreali degli amici che vogliono divertirsi “perchè ad agosto ci si deve sballare”. A volte vorrei prenderli per la collottola della camicia bianca, guardarli negli occhi cotti dal sole, chiedergli se veramente si divertono, visto l’impegno che ci mettono a non capire che qualcosa manca, mutila, offre il fianco.
Mio padre, aveva ragione. Felicità? La felicità è puttana, se ne va quando sei infelice, la serenità è una ottima compagna. Resta anche in mezzo ai casini.
Eccolo. Esce anche stamattina che non si lavora, non ci incrociamo stamattina. Vedo il ragazzo uscire dal suo portone. Lo vedo al centro del cortile. Sembra combattuto. Un gladiatore ridicolo.
Viene verso il mio portone. Ma la sua quasi-amata non abita qui.
Infatti citofona a me.
Quando apro mi viene voglia di adottare un cucciolo di cane. Farebbe meno tenerezza. La coda dell’occhio mentre sto per chiedergli che vuole va verso la mia finestra. Vedo la donna che mi incrocia ogni mattina mentre vado al lavoro, la vedo ora appena alzata in questo stanco piovoso giorno di festa obbligatoria.

E mi riviene in mente mio padre.
“Una donna non devi capire se è bella la sera, ma la mattina appena alzata. C’è poca poesia forse in una donna che si sveglia, ma c’è. Coglila.”
A me non sembra ce ne sia poca.
Ma il ragazzo mi chiama.
– ho bisogno di chiederle un favore-
-che favore?-
– lei è bravo a scrivere, fa l’insegnante, fa lo scrittore, qui nel condominio la rispettano tutti –
– non credi che sia un copione trito quello di farsi scrivere i propri sentimenti?-
– non ha capito, lei deve spiegarmi come fa , voglio scrivere qualcosa a una persona e non riesco a andare avanti-
-è più difficile di quello che pensassi allora, entra-
– mi scusi se l’ho disturbata-
-sei innamorato, è un sentimento che disturberebbe chiunque abbia voglia di vivere in pace –
-come?-
-hai mai provato a stare vicino a chi prova un sentimento esclusivo come il tuo?, tu e la destinataria dei tuoi sentimenti ogni mattina frantumate tutto. C’è chi si alza in questo cortile con la convinzione che sarà una giornata di merda. Bene, sappi che chi ha sentimenti negativi pretende che siano comuni, condivisi, quantomeno che sia condivisa la tristezza. Tu ti permetti di essere triste e felice, ami, amare è tristezza per non aver ancora raggiunto e felicità di essere motivati a farlo. Tu guardi al domani, tu conservi e pieghi con cura ogni sera la convinzione che domani qualcosa sia migliore, si evolva. Tu scoraggi chi vuole arrendersi, ma come ti permetti?-
-si capisce così tanto che sono innamorato?-
-credimi, l’amore senza ostacoli, se non quelli del tempo e del corteggiamento è quanto di più sfacciato, puerile e infantile ci sia, è ostentazione, è capacità di camminare con passo più svelto, occhi taglienti che cercano solo la preda amata. Sei un animale in caccia. Hai fame. Si vede, si sente-
– e questo disturba? –
– è dissonante, specie di questi tempi –
-che tempi?-
-ma non capisci che non ti viene più data quella facoltà di sognare? Quel privilegio? Tu vuoi bruciarti le ali come Icaro –
– lei continua a scrivere e a sognare-
– e tu non leggi quello che scrivo –
– non è vero, il suo ultimo romanzo mi è piaciuto –
– non mi sembra ci fosse sogno –
– invece si, lei scrive di amori che tutto sommato hanno anche l’indecenza di esistere, di sfidare le convenzioni, i pregiudizi, le banalità, magari finiscono male però esistono –
– senti presuntuosetto, credi davvero di poter venire qui e illustrarmi la tua rivoluzione copernicana sulla mia scrittura? Che aiuto vuoi da me? Vuoi che ti dica che hai il mondo in mano? Beh, ho cattive notizie per te saccentone, il mondo è scivoloso, se anche pensi di averlo ti cade e spesso sai cosa succede a chi si preoccupa di raccogliere qualcosa di viscido da terra, tu non possiedi un bel niente, o meglio possiedi una realtà che è peggio di una serpe. Credi di averla stretta tra le mani ma è lei che ti sta strangolando, adesso per favore vattene, tu e la tua vita piena di inutile ottimismo!-
– lei non mi vuole perchè sono tutto quello che non vede, questo è il motivo, lei non vuole accettare che non sempre si sporge la mano dalla finestra e si viene azzannati. Lei non accetta che potrebbe esserci un amore indecente e vero che finisce bene. Lei ha paura di esistere fuori dalle sue pagine. Di essere descritto come persona e non come personaggio. –
– tu invece di cosa hai paura, cuor di leone? –

– io? Dell’irruenza delle mie parole, volevo che lei mi insegnasse a domarle, per scrivere quello che sento –
– hai paura solo di straparlare? –
– no, ma credo che ci siano paure da affrontare e sconfiggere se e quando si presenterà il fantasma che le provoca, per ora non ne vedo e non venga a dirmi che è questione di tempo, lo so, lo so che tra vent’anni avrò le sue cicatrici, ma al contrario di lei ne sarò fiero –
– perchè? –
– io non ho un padre come si deve, non ho una famiglia come si deve, la vedo sempre, per me lei è un modello di vita, ma butta via la cosa che più di tutte la contraddistingue.. La sua vita –
– adesso è meglio che tu vada –
– si è meglio –
– ah..comunque..guarda che le parole sono come i lupi, prima si lasciano avvicinare poi controllare con calma, è uno studio reciproco, poi si fidano e ti seguono –
– cioè? –
– cioè scrivi come ti viene, all’inizio sembrerà feroce e senza logica, ma è il delirio del momento, l’indomani tutto sembrerà magicamente addomesticato e coerente , lascia riposare tutto un giorno e poi dalle la lettera, o quello che vuoi darle di scritto –
– grazie –
– non ringraziarmi, uno che vuole essere come me non merita fortuna nella vita –

La giornata obbligatoriamente festiva è passata. Resta l’altra, la domenica.
Come prevedevo il ragazzo sta uscendo adesso dal portone della ragazza, lei tiene in mano un foglio. Piange, felice. Lo stringe. Ecco.
Gli scrittori sono guardoni, ladri, copioni, contrabbandieri di sensazioni altrui, di frasi. Gli lasci il tuo cuore e ne fanno un romanzo d’appendice.
E quello snaturato giovane presuntuoso vorrebbe essere così. Adesso si volta verso il mio balcone, mi vede, mi sorride, lei anche, sono proprio belli. E complementari. Speriamo non si incrinino, che combacino sempre. Mi salutano..si si..andate andate, sono cavoli vostri adesso.
Il mondo si stringe, si fa sottovuoto, è tutto lì. Io che mi sento protagonista della mia vita sono solo una cornice sgraziata e in maglietta bianca della loro.
Ormai si amano. Come nella canzone di Gaber. Come sei bella, ho tanto bisogno di te. Ma io lo so come vanno a finire le canzoni.
Devo farmi la barba. Le parole sono lupi. Spesso capiscono che non vuoi fargli del male e ti seguono, altrettanto spesso fuggono o ti aggrediscono.
Ma se non le dici non puoi sapere che intenzioni hanno.
Sento un Tac! Ogni volta che incontro quella donna per strada. Pensavo fosse un male. Comincio a pensare che fosse rumore di qualcosa che combacia perfettamente, si incastra, coincide. Poi si stacca perché non acconsento a tenerlo.
Una volta mi diede il suo numero di telefono. L’ho memorizzato.
Eccolo, lo compongo, risponde al primo squillo e mi riconosce.
– ciao –
-ciao, che facevi? –
– nulla, pensavo di andarmi a comprare un fermacapelli, sono stufa di mettere matite per fermarli, poi me le perdo –
– sei stupita di sentirmi? –
– ci speravo –
– hai aspettato –
-se si aspetta sempre qualcosa, almeno che ne valga la pena –
– io..ti ho chiamata per un motivo preciso –
– dimmi-
– vorrei vederti, avrei un sentimento che è stufo di fare equilibrismi, non lo so se ce la faccio ad aspettare, ho paura che cada e si perda, ho paura che cada e ti perda –
la coscienza una valvola rotta troppo stanca e confusa per far dei ricatti…
atteniamoci alla leggenda che conserva integri i fatti
non provare la sua corona, ti cade sugli occhi e finisci per terra
lui rubava i fiori dai prati voi dovete trovarli alla serra
ora dentro il bicchiere nuotate senza mai ritrovare la sponda
e farete sentire a chi passa che rumore fa l’anima quando si sfonda
Davide Van de Sfroos – l’Alain Delon De Lenn