Finale Emilia, sud Italia, Sicilia. Il lungo brivido di paura che pervade lo stivale da nord a sud, fino all’isola del Mediterraneo.
Dal timore della faglia che interessa Finale, al possibile terremoto di magnitudo 7,5 che potrebbe colpire il sud della penisola e la Sicilia.
Le dichiarazioni di studiosi lasciano con il fiato in sospeso la popolazione e mentre le scosse sismiche si susseguono, infuria la polemica sulle informazioni che vengono date all’opinione pubblica.
Critiche da parte di cittadini che ritengono allarmistiche talune notizie, come quelle da noi riportate in merito al rischio di un terremoto di magnitudo 7.5 Richter, che potrebbe colpire il sud Italia (leggete i commenti pubblicati in fondo alla pagina, principalmente quelli condivisi su fb), ma anche da parte di amministratori come Fernando Ferioli, sindaco di Finale Emilia, il quale lamenta come le notizie date in merito al rischio di possibili nuove e violente scosse siano frutto della divulgazione di dati statistici e non di analisi scientifiche. Insomma, un allarme fondato quasi sul nulla. Sarà vero? In molti sostengono che allarmi di questo tipo erano stati lanciati prima del terremoto che ha colpiti l’Abruzzo, e prima di questo che da giorni semina terrore, danni e vittime nella Pianura Padana.
Su una cosa sola sembrano concordare un po’ tutti. Quando si chiedono: “perché non ci dicono cosa dobbiamo e possiamo fare?”.
Una gran bella domanda, alla quale dovrebbe rispondere la schiera di supertecnici strapagati dei quali l’Italia si è dotata…
Di una cosa siamo certi noi: mentre in buona parte del mondo cosiddetto civile gli allarmi vengono diramati (anche quando poi si rivelano falsi) e grazie a questo genere d’informazione si salvano tantissime vite umane, in Italia l’unica cosa che sappiamo fare è di sottacere le notizie per evitare il panico.
Ma basta questo a salvare la vita alla gente? Sicuramente no. Anzi, forse è proprio la scarsa informazione, la scarsa cultura, la scarsa prevenzione, che fa di ogni singolo evento un evento catastrofico, anche quando in altri paesi non lo sarebbe.
Prendiamo per esempio il sud del Paese, la Sicilia. La città di Agrigento, interessata da movimenti franosi che da secoli vengono studiati. Ebbene, se accadesse qualcosa oggi, quanti agrigentini saprebbero dove recarsi? Quali sono i centri di raccolta? Dove verrebbe allestito un campo? Quali le vie di fuga? Come comportarsi nel caso di una calamità?
Dopo secoli di studi, ancora oggi, nonostante un centro storico che cade a pezzi e una cattedrale con tutto il suo circondario interessato da una frana secolare, si discute ancora su una possibile “via di fuga”. Se un giorno dovesse accadere l’irreparabile, ci penserà una frana o un terremoto ad aprire un varco tra le casette fatiscenti del centro storico…
Spetterà poi a posteri asfaltare gli spazi che si saranno creati naturalmente, e la via di fuga sarà bella e fatta…
Ma per ottenere questo risultato, è necessario pagare dei supertecnici?
Gjm
Per quanto riguarda la Pianura Padana – una realtà forse diversa dalla nostra e che comunque conosciamo meno – vi invitiamo a prendere visione dei dati relativi alle scosse sismiche registrate oggi (10 giugno 2012) in tutta Italia, tratti dal sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.