Un’incredibile censura imposta senza alcuna spiegazione plausibile. Nei giorni scorsi il ministero del lavoro ha disposto la immediata chiusura del sito del dipartimento provinciale del lavoro di Modena: wwwdplmodena.it, sulla cui home page si legge la nota del Segretario generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha così motivato un atto gravissimo che ad oggi non trova giustificazione alcuna neppure sotto il profilo giuridico: “…garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo…”.
A seguito di quanto accaduto, e visti i problemi occupazionali che il paese sta attraversando, l’unica cosa che andava tolta dal sito, a nostro avviso, era l’art. 1 della Costituzione, riportato nel frontespizio, che testualmente recita: “L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro”.
Quale sia stata la ragione che ha portato ad un’azione tanto esecrabile da potere essere annoverata alla pari di quelle commesse dalle dittature sudamericane, non è dato sapere.
Quel che è invece certo, che il sito della Direzione Territoriale del Lavoro di Modena si era rivelato un prezioso strumento d’informazione in materia di previdenza e welfare per ben 18 milioni di visitatori.
Fa paura la dicitura riportata nella nota, secondo la quale la chiusura del sito sarebbe dovuta alla necessità di “garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali”, considerato il fatto che in futuro in nome di una “rappresentazione uniforme delle informazioni” la stessa motivazione potrebbe essere addotta per chiudere un qualsiasi blog o un giornale poco gradito al potere.
Ad oggi, prima di questa immotivata censura, il nostro ordinamento giuridico, anche nel caso di una presunta diffamazione, non prevedeva l’oscuramento di un sito internet.
Evidentemente, in un paese che sempre più si avvicina alla democrazia cinese, un qualsiasi ministro può arrogarsi diritti che una volta venivano esercitati direttamente dai dittatori.
Non vorremmo che a turbare i sonni tranquilli della ministra, più che una possibile diffamazione, sia stato qualche commento non gradito in materia di riforma del mercato del lavoro, o un qualche commento che, nel ricordare ai cittadini le ruberie di una classe politica marcia, abbia fatto riferimento a tutti quei poveri disgraziati che quasi quotidianamente si tolgono la vita per la mancanza di un posto di lavoro, per un licenziamento facile, per la riduzione di una pensione.
Ad intervenire sull’argomento, l’avvocato Guido Scorza, esperto delle problematiche legate al diritto ed alla censura dei contenuti in rete, che, nel paragonare l’accaduto all’impedire la pubblicazione di un intero giornale solo perchè un singolo articolo sarebbe stato diffamante, non lesina parole di durissima condanna: ”Ordinare la chiusura di un sito internet è un gesto dettato o da un delirio di onnipotenza di un Ministro – e/o di un suo dirigente – che ritiene, evidentemente, di essere padrone dell’informazione o da una tanto profonda ignoranza delle dinamiche di circolazione dell’informazione online da risultare grave almeno tanto l’ipotesi del delirio di onnipotenza”.
Intanto, in attesa di maggiori ragguagli su quanto accaduto, la rete si mobilita con una petizione online che è possibile sottoscrivere a questo link.
G.J.M.
Complimenti siamo vicinissimi al traguardo.