Stavamo camminando in auto. La macchina dona vicinanza, specie se si è in due. Lo spazio è quello, hai poche alternative, se sei in buoni rapporti è una bolla di cotone, se hai litigato col vicino non ti rimane che guardare il mondo epilettico dal finestrino.
Per noi era un mondo da condividere, un tragitto che puzzava di alibi. Almeno lì nessuno si metteva in mezzo, nessuno decideva che ruolo avessimo, non c’era chi provava a adulterare il nostro sangue.
Che mi manchi tutto questo è risaputo. Penso tu da professore sapessi prima ancora di me cosa sono le sinapsi. Sono connessioni, associazioni, in termine comune, quando un’idea o un ricordo non fanno in tempo ad arrivare che subito se mette in coda un altro connesso al primo. Questo è quello che credono tutti. In realtà le sinapsi sono killer. Capisci lentamente che arriveranno a quel momento che non vuoi.
Non perchè sgradito. Magari stamattina avevo fatto tanto per far finta che fosse bel tempo, fuori e soprattutto dentro la mia anima, sbattuto a non guardare un cielo pallido sentendo la quotidiana morsa che stritola intestini e tendini, quella che ti fa desiderare quel cielo blu che non vedo più se non col contagocce. Deciso a non squartarmi d’amore tra la mia terra in una direzione e i miei cari nell’altra.
C’ero riuscito, era il giorno giusto per creare qualcosa, di non pensare al lavoro che non trovi. I killer hanno bussato al mio cervello.
È cominciato tutto con un servizio in Tv su recenti arresti per le scommesse illecite nel calcio. Ho guardato quei volti, ho pensato che quei professionisti si sono trasformati in escort del pallone, prostituendo la passione e il gioco.
Sinapsi uno: Erano stati bambini che sognavano la serie A. Poi hanno preferito avere un rapporto orale con un assegno corposo per sputtanarsi con un autogol a far perdere la partita. Sinapsi due: Chissà quanti abbracci e autografi di bimbi che ti riconoscono per strada vale quell’assegno.
I killer hanno estratto le armi.
Subito dopo un servizio sul Barça, sinapsi tre: la trama di film d’autore che suscita vedere una squadra così, che vinca o che perda. Xavi, centrocampista con capacità polmonare da ciclista di questo squadrone che amo al pari dell’Athletic Bilbao, antimonarchici entrambi, sarà che a me le prepotenze non piacciono e non piace Il Real Madrid dei fighetti blancos e virginali.
Xavi, che riferito a Messi disse: -io non vinco palloni d’oro, io li fabbrico-
I killer si avvicinano
La camiseta odierna, sinapsi quattro, la maglia sporcata da uno sponsor, anche una squadra catalana e una basca, simboli di autonomia si sono piegati al dio petrolio. Entrambe con scritte di multinazionali di oro nero.
La maglia del Barcellona di un tempo, solo azulgrana, e, sinapsi cinque, ecco quel giorno insieme io e te in macchina. Non so per quale ragione in un quartiere degradato ci fosse quel bimbo vestito così. Ricordo che aveva una maglia del Barcellona, originale non taroccata, marchio robe di kappa, con nome e numero dietro. Nove, Ronaldo.
Quel bimbo sembrava però non il Ronaldo di allora, ma quello di adesso. La stessa pinguedine che sembra irrimediabile, che dona simpatia a chi guarda e sconforto nel detentore. Che solo chi sa che rapporto perverso si può avere col cibo, con l’autostima e con il proprio io, può comprendere quanto pesi davvero nell’anima, più che nel corpo. Sinapsi sei: la sensibilità a volte si distrae anche nell’anima più pura. Anche in chi comprende.
Guardai quel bambino, perchè avevo lo sguardo rivolto al finestrino. Avevo litigato con te. Forse per sfogare su lui quello che avevo dentro, dissi una frase gratuita e canzonatoria. Per evidenziare la contraddizione globale che quel bimbo esprimeva. Maglia originale, pallone in mano, figura improbabile di giovane calciatore, dissi solo con tono sarcastico “talè a chiddu”, ovvero “guarda quello..”.
I killer mi guardano, sanno che sono venuti per una ragione.
Lo guardasti. Mi guardasti e con occhi liquidi dicesti: “mischinu u picciriddu”, povero bambino. Quella frase l’avrei voluta per me, tutta. Avrei voluto quella tenerezza che avevi regalato a un estraneo, avrei voluto quella solidarietà che ti fa sentire invincibile, per un attimo avrei fatto a meno della cultura dei gesti il tuo amore che dovevo decifrare da quello che facevi, volevo la maglia robe di kappa- numero nove- Ronaldo tutta mia.
Avrei voluto essere lui, ma con te accanto.
Sinapsi sette: l’immagine più bella che ho del calcio è ancora questa. Un bambino che supera ogni frontiera di tempo e spazio, che finisce in un quartiere miserabile, dove lui porta il pallone nuovo di pacca in un campo che scarnificherà non si sa quanti gomiti e ginocchia, dove quel pallone si bucherà e verrà riempito con un Super Tele dentro comprato con una colletta.
L’immagine più bella che ho è l’improbabile Ronaldo alla conquista del mondo, non importa se il mondo finisce all’angolo che lui non può andare oltre perchè non può attraversare. Sinapsi otto: l’immagine più bella che ho del calcio, oggi, è quella contenuta nella tua frase papà. Proprio tu che lo odiavi il calcio.
I killer hanno fatto fuoco, poco importa. Resusciterò e metterò in ordine tutto. Ogni giorno vengono le mie sinapsi assassine, troppo spesso sparano più veloci di me.
(Gli scritti di Zanca, sono pubblicati dai siti “Informare per Resistere (clicca qui) e Beneficio D’Inventario (clicca qui)