di Ettore Zanca
Ancora una volta la città che poteva essere la capintesta della svolta politica ha perso il treno. Non è un problema di spessore o preparazione dei candidati a Sindaco, ma proprio di stile.
Perché ci si è impantanati in un corto circuito comunicativo e umano che non conforta. Delle due l’una: Si sceglieva di candidare forze giovani e che non hanno vissuto l’orrore degli anni di piombo e che non conoscono le “finezze stilistiche” della vecchia DC (ma anche di nuovi partiti), persone che hanno assistito anche adolescenti alla “primavera di Orlando”. Stagione che è preferibile però associare a Falcone e Borsellino, veri fautori giuridici del cambiamento. Oppure si sceglieva il nome, il simbolo. Ma se così fosse stato bisognava risparmiare questa forca caudina delle primarie.
Sembrava si volesse proporre un nome altisonante, non un programma politico, col pericolo che gli effluvi di vecchi volponi avrebbero stregato e fatto fare politica come volevano loro.
Proporre Rita Borsellino come candidata a sindaco non doveva far passare da questi filtri. Oppure bisognava fare le primarie senza di lei, lasciando spazio a nomi nuovi. Farla confrontare con altri candidati e sconfiggerla anche di misura sembra un messaggio, al cognome. Senza contare le scorie e il calcare delle polemiche successive sul modo di votare e sui contatti politici che la stessa candidata a Sindaco ha. Nei mesi scorsi si parlava di candidare Pietro Grasso e Giulia Bongiorno l’un contro l’altra. Forse entrambi hanno fiutato l’aria e non ci hanno nemmeno pensato.
Quello che è successo non depone a favore di buone immagini di chiarezza di idee, si è provato in entrambe le direzioni, il nome di spessore e le forze fresche e si è lasciato fare ad altri lavandosene le mani. Sembrava come se si volesse bruciare il feticcio e poi dire “ci abbiamo provato”.
Sarebbe come se Giovanni Falcone fosse stato candidato a Procuratore capo della Repubblica al Tribunale di Palermo dopo il maxiprocesso, che aveva fatto passare il suo teorema, e gli si fosse opposta un’altra persona senza esperienza diretta. Che so, un nome a caso, Antonino Meli.
Improvvisamente in un palazzo dove ha sempre prevalso il merito per aspirare a incarichi, si sceglie ex abrupto secondo altri criteri e si elegge proprio Meli. Sarebbe assurdo.
Ultima piccolissima richiesta, potremmo vedere la famiglia Borsellino più coesa nel portare avanti le proprie battaglie? A volte si ha la sensazione che una parte di loro cerchi di parlare politichese e l’altra si batta per cercare la verità per la strage del fratello, l’uno senza interagire con l’altro. È questo “l’appello” prendendo spunto da una bellissima canzone di Daniele Silvestri che parla dei misteri di una agenda rossa.
(Gli scritti di Zanca, sono pubblicati dai siti “Informare per Resistere (clicca qui) e Beneficio D’Inventario (clicca qui)
palermo = agrigento