(Fonte: Grandangoloagrigento.it)
Quattordici indagati, tra funzionari e dipendenti della Provincia regionale di Agrigento, compreso il presidente dell’Ente, Eugenio D’Orsi, di Movimento per l’autonomia e ideatore di un nuovo movimento politico che prende il nome de “I lealisti”. Rispetto alle vicende venute fuori nel giugno scorso, con l’invito a comparire per 12, tra funzionari e dirigenti provinciali, tutti indagati per alcune pr4sunte irregolarità nella gestione dei fondi dell’ente Provincia, i nuovi entrati nell’indagine sono appunto il presidente D’Orsi e l’ingegnere Piero Hamel, il cui none viene associato nel troncone di indagine relativo all’affidamento di incarichi professionali a professionisti esterni all’Ente Provincia che secondo la Procura potevano essere evitati affidando a personale tecnico dipendente i lavori da eseguire. Ecco i nomi delle persone indagate: Ignazio Gennaro, 53 anni; Antonino Amato, 60 anni; Paolo Muratore, 54 anni; Giuseppina Miccichè, 55 anni; Giuseppe Montana Lampo, 58 anni; Antonia Giglione, 53 anni; Antonino Graci, 61 anni; Gaetano Gucciardo, 59 anni; Giuseppe Morreale, 59 anni; Anna Capizzi 51 anni; Bernardo Barone, 58 anni e Stefano Mammo Zagarella, 53 anni, Piero Hamel, 55 anni ed Eugenio D’Orsi, 53 anni. Quest’ultimo è stato invitato a comparire per il prossimo 19 ottobre avanti i Pm, Ignazio Fonzo (procuratore aggiunto) e Giacomo Forte (sostituto) per essere interrogato. Al momento, il pool di legali che compone l’ufficio di difesa del presidente D’Orsi non ha ancora stabilito che strategia adottare. L’intera vicenda, che ha avuto inizio due anni fa può essere così riassunta: nel giugno scorso il primo provvedimento giudiziario con l’accusa di abuso d’ufficio truffa e falso nell’ambito di una indagine condotta dalle Fiamme gialle sulla gestione di fondi pubblici all’interno dell’Ente ritenuti illegittimi perché gli atti compiuti sarebbero mancanti di alcuni obbligatori passaggi previsti dal regolamento dell’Ente pubblico. L’inchiesta puntava l’attenzione su spese effettuate per l’acquisto di penne di lusso, ospitalità in alberghi; oggetti di cartolibreria; rinfreschi, pranzi e cene. Ma sarebbero stati almeno quattro i filoni investigativi seguiti da Guardia di finanza (soprattutto) Polizia e Carabinieri. E, come si capiva già nel giugno scorso, con ogni probabilità, l’obiettivo finale delle investigazioni sarebbe stato il presidente della Provincia. E così è stato. Eugenio D’Orsi, che replica e commenta amaramente l’avviso a comparire che ha valore di informazione di garanzia speditogli dalla Procura della Repubblica di Agrigento con le accuse di truffa, peculato e concussione. “Continuo ad avere ferma fiducia nella giustizia e risponderò con serenità a tutte le domande che mi verranno poste. Ho sempre agito per il bene della collettività. Noto, comunque, che ci sono tentativi di fermare la buona opera di risanamento messa in atto da tempo. E, pur rimanendo fiducioso, trovo questo provvedimento un po’ esagerato. Nel dettaglio, le accuse mosse a D’Orsi dalla Procura di Agrigento ed il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza sono, come detto, peculato, concussione e truffa. All’esame dell’ inchiesta vi sono alcuni atti compiuti dal presidente D’Orsi, che, tra l’altro, avrebbe piantumato nella sua villa 40 palme acquistate dalla Provincia e che sarebbero state destinate a spazi di verde pubblico, aiuole di scuole e al giardino botanico. E per dirigere i lavori di piantumazione dei 40 esemplari di tipo “Washingtonia” si sarebbe avvalso di due dipendenti della Provincia utilizzandoli negli orari in cui avrebbe dovuto prestare servizio in altre mansioni. A lavorare a casa di D’Orsi sarebbero stati due dipendenti provinciali, l’agronomo Giovanni Alletto e l’architetto Vincenzo Buono, nominato direttore dei lavori e responsabile della sicurezza per le opere di ristrutturazione della proprietà del presidente. Il tutto gratuitamente, anche se l’architetto avrebbe emesso una fattura di 700 euro come acconto per un compenso mai percepito. E per concludere i lavori, il presidente D’Orsi si sarebbe servito di due imprese già impegnate in appalti con la Provincia, la “Consolida” di Gaspare Chianetta avrebbe compiuto lavori di scavo e di trasporto merce, e D’Orsi avrebbe ottenuto uno sconto del 30 per cento. E la “Manutencoop” avrebbe prestato gratuitamente opere di ristrutturazione del valore di oltre 10mila euro. Ed ancora, D’Orsi avrebbe conferito incarichi esterni per esigenze che l’Ente Provincia avrebbe potuto fronteggiare con proprio personale. Irregolari sarebbero anche gli affidamenti dei servizi alberghieri in occasione di alcuni spettacoli del cartellone della Provincia. L’inchiesta giudiziaria ha già scatenato commenti e reazioni. Inevitabili le ripercussioni sul piano politico di questa delicata vicenda che coinvolge il presidente d’Orsi che oltre a respingere le accuse afferma ancora ipotizzando un complotto: “Sono tranquillo e continuo ad avere ferma fiducia nel lavoro della Procura, e pur rimanendo fiducioso, trovo questo un complotto contro di me, architettato dagli scontenti, tra questi quelli del Pdl, che ho fatto fuori “. Anche il Pd agrigentino per voce del segretario provinciale Emilio Messana e dei consiglieri provinciali Daniele Camilleri, Ettore Di Ventura, Piero Giglione, intervengono sulla vicenda proprio mentre il partito di Bersani aveva deciso di far parte della Giunta D’Orsi: “Il Partito Democratico ripone piena fiducia nell’azione della magistratura, che ha ravvisato l’opportunità di inviare un avviso di garanzia al presidente della Provincia Eugenio D’Orsi. Confidiamo che il presidente D’Orsi saprà chiarire la propria posizione allontanando da sè e dalla sua amministrazione ogni sospetto. D’Orsi ha caratterizzato la sua presidenza per il rigore nella gestione delle risorse pubbliche, procedendo all’eliminazione degli enti inutili e al risanamento del bilancio, scelte che confortano l’auspicio della sua estraneità ai fatti contestati”.