Agrigento – Che il santo nero di Agrigento non fosse inquinato, non avevamo certo bisogno che si scomodasse il direttore di un giornale online per dircelo, scrivendo del “mare pulito” di San Leone, criticando l’utilizzo di fotografie scattate lo scorso anno che ritraevano una situazione analoga a quella di quest’anno.
Dimenticando però di mettere in rete un filmato del mese di maggio di quest’anno, nel quale si vede benissimo uno sversamento di liquami fognari nello stesso posto dove veniva fotografato lo scorso anno.
Il “distratto” giornalista, ad onor del vero, neppure lo scorso anno si accorgeva della perdita dai pennelli a mare di liquami fognari, nonostante la sua buona vista lo portasse a vedere scarichi fognari di minore entità, causati da “porci” – così scriveva – che in barba ad ogni regola, scaricavano in mare abusivamente.
Quello che certamente dispiace ai tanti devoti di San Calogero, è l’utilizzo indebito dell’immagine del santo, per perorare ingiuste cause, per coprire incapacità personali, per far fronte all’inettitudine di una classe politica.
Non avrà certamente fatto piacere a nessun devoto di San Calò, vedere questa mattina sul prospetto del Municipio lo striscione con l’immagine del pio eremita, con sotto scritto: “San Calogero proteggi la città di Agrigento”.
Che il nostro cattolicissimo sindaco all’atto della sua elezione avesse votato la città alla Madonna, transeat, ma che a questo abbia fatto seguito il pellegrinaggio da Padre Pio e oggi l’ennesima supplica ad altri santi – per chiedere la grazia per questa misera cittaduzza –, ci pare veramente troppo.
Anche in considerazione del fatto che trattandosi di cose profane e non sacre, un altro passaggio verso entità più terrene lo aveva già fatto, quando da sindaco al di sopra dei partiti, seppur eletto con l’appoggio del centrosinistra, si votò all’Angelino (Alfano), che in fatto di miracoli terreni, almeno per sé stesso, pare saperla lunga.
Se tutte le speranze degli agrigentini dovessero essere riposte nelle suppliche ai santi, avremmo allora fatto bene ad eleggere un chierichetto, un parroco, o meglio ancora, un monsignore, che un contatto più diretto dovrebbero averlo.
Gli amministratori agrigentini, si son sempre distinti, già da quando il Comune faceva apporre in via Atenea, una lapide per commemorare l’illustre agrigentino Michele Foderà.
XDCCCCIX, reca inciso la lapide. Erano dunque gli amministratori di quel lontano nel 1909, che, forse per estrema ignoranza (leggi tabella di conversione qui), o per cultura tale che li portava a conoscere le origini dei numeri romani (leggi qui le origini), facevano già discutere, e non solo gli agrigentini.
Adesso, a far discutere è ben altro. Ma neppure questo è poi così diverso da ciò che accadeva prima.
“Agli agrigentini, piace stare con la cacca fino al collo e si arrabbiano pure se gliela togliete”.
Così dicevano gli abitanti del Rabato – il borgo fuori la città-, quando due ragazzini vennero multati per aver raccolto lo sterco dalle vie cittadine.
Pare infatti, che gli allevatori entrassero con gli animali in città per vendere il latte appena munto. Ovvio che gli animali, defecassero durante il loro cammino. Mentre però le stradine del Rabato non erano lastricate e le orine degli animali venivano assorbite dallo sterrato e lo sterco raccolto dai ragazzi per concimare i campi, le vie cittadine lastricate, restavano sporche e puzzolenti.
Fino all’indomani mattina, quando i netturbini avrebbero provveduto a ripulirle, prima che qualche ora dopo gli allevatori con i loro animali tornassero ad insozzarle.
Si narra che un giorno due ragazzetti pensarono bene di andare a raccogliere tutto quel ben di dio così prezioso per concimare la terra, per portarlo ai contadini.
Non l’avessero mai fatto. Due vigili urbani, intervenuti prontamente, li multarono.
I due piccoli “criminali”, evidentemente, non si erano resi conto di come a taluni agrigentini piacesse vivere in mezzo allo sterco.
Un po’ come i maiali che amano rotolarsi nel fango.
Da allora, ben poco è cambiato. E resta sempre chi si adira, se qualcuno insiste a non fargli fare il bagno nella cacca.
Una questione di gusti. E come ben sappiamo, de gustibus non disputandum est…
Gusti o non gusti, sarebbe opportuno lasciar stare in pace San Calò, affidandolo alle amorevoli cure dei tanti fedeli che lo adorano.
Nella cacca, non c’è odor di santità. Se la goda pure chi la vuole, ma lasci stare in pace i santi…
Gian J. Morici
Ben Fatto! Concordo assolutamente, non ho saputo tradurre pienamente in parole quello che lei caro Morici ha saputo fare!
Ma di cosa si immischia Arnone? Chi lo ha tirato in ballo? E Lelio Castaldo, prima di parlare di noi che protestiamo, perchè non parla dell’anno scorso quando Arnone faceva i gargarismi e lui parlava della popò degli sporcaccioni che la facevano a mare, ma della fogna che affiorava alla foce dell’agragas non se ne accorgeva? direttù, ma chi ci pari a chisti ca semu veru scimuniti?
Rivolgersi alla politica e ai santi è la stessa cosa! Non si ottiene niente!
Il Vaticano avverte ripetutamente & da Tempo ormai contro comportamenti antireligiosi & anche in rete.