Questa mattina alla Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, Gianfranco Zanna, responsabile Beni culturali di Legambiente Sicilia; Mimmo Fontana, presidente regionale Legambiente Sicilia, e il Circolo Legambiente di Piazza Armerina hanno presentato il dossier “UNESCO ALLA SICILIANA, i siti in sofferenza della bella Sicilia”. Presente Guido Meli, direttore del Parco archeologico Villa del Casale.
Nel corso della conferenza stampa Legambiente ha sottolineato che tutti i siti culturali e naturalistici siciliani dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità” sono afflitti da situazioni critiche, più o meno gravi, che ne mettono a repentaglio il futuro.
L’assalto portato avanti dai vandali, vecchi e nuovi, è su più fronti, con diversi strumenti e modalità: dall’abusivismo edilizio della Valle dei Templi di Agrigento alle scellerate lottizzazioni di Vulcano e Lipari, due delle Isole Eolie; dall’individuazione nel PRG di nuove zone di edilizia per costruire altri palazzi nell’area archeologica di Siracusa all’assalto speculativo per cancellare il paesaggio del Val di Noto, fino all’abbandono in cui si trova una delle più suggestive ed emozionati tra le nostre tradizioni: l’Opera dei Pupi.
Unica eccezione è la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, dove, grazie alle denunce di Legambiente si è finalmente intervenuti per tutelare e conservare i meravigliosi mosaici. A questo proposito è stato annunciato che la Villa sarà inaugurata il prossimo primo dicembre.
Per il resto nulla o poco più. Anzi, dove si è cercato di costruire un percorso virtuoso e utile a una migliore fruizione e gestione del bene, come nella Valle dei Templi con l’Ente Parco, invece di rafforzare e valorizzare l’esperienza fatta, come dovrebbe avvenire in una regione normale, si pensa invece e ci si impegna a smantellarla e mortificarla.
Legambiente è seriamente preoccupata sullo stato attuale di quelle che sono le nostre eccellenze, i nostri migliori tesori culturali. Tutto il mondo ci guarda e ci richiama a maggiori responsabilità, a fare di più e meglio. Ma dov’è l’Amministrazione regionale? Perché non svolge pienamente il ruolo che lo Statuto siciliano le affida di responsabile della tutela dei nostri Beni culturali? La Regione siciliana è la grande latitante nella scommessa dei siti Unesco. Scommessa – sottolinea la Legambiente – perché essere riconosciuti “Patrimonio dell’Umanità” deve essere considerato solo l’inizio di un percorso di lavoro, perché quel sito non appartiene più solo ai siciliani ma al mondo intero, e da quel momento noi ne siamo i custodi e i garanti per tutti.
Dossier
UNESCO ALLA SICILIANA
i siti in sofferenza della bella Sicilia
29 giugno 2011
“Non è segnata su nessuna carta:
i luoghi veri non lo sono mai”
Herman Melville, romanziere e poeta
Sembra che ci sia un tragico e terribile destino per i siti siciliani dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”: appena ottengono questo ambito importantissimo riconoscimento entrano in disgrazia.
Si abbatte su di loro una sorte di maledizione, fatta d’incuria e abbandono, e chi “amministra”, chi ha una responsabilità diretta su questi tesori, unici e rari che il mondo ci invidia, si scatena con tutti i suoi mezzi e strumenti per renderli più brutti, per ferirli, per sfruttarli e consumarli. Appaiono questi vandali in tutta la loro arroganza e protervia: “tanto ormai il riconoscimento l’abbiamo ottenuto e ce ne fottiamo…. chi se ne frega!”.
E allora giù, con cementificazioni, degrado, abusivismo, disinteresse, promesse non mantenute, impegni non rispettati. Si spingono, perfino, a dichiarare guerra all’alta istituzione delle Nazioni Unite, che dal 1972 cerca faticosamente di conservare la nostra eredità più preziosa, per tramandarla alle generazioni successive in condizioni migliori o, magari, identiche a come l’abbiamo trovata. Ma qui da noi, in questa nostra terra amara e triste, non c’è questo spirito e non tira buon vento per tutti i Beni culturali. E allora si è bravi a fregiarsi del riconoscimento, che porta notorietà e ricchezza (è stato accertato che dopo l’inserimento nella World Heritage List un sito incrementa di circa il 30% i suoi visitatori); bravissimi a cercare tutte le forme “speculative” per fare cassa in qualsiasi modo (alle Eolie si paga perfino un biglietto d’ingresso perché sono un sito Unesco, ma le risorse raccolte non si sa come vengano utilizzate dall’Amministrazione comunale di Lipari); ma si è ancora molto, ma molto più bravi a scagliarsi contestualmente contro l’Unesco che “blocca lo sviluppo e non fa fare nulla! Sa solo mummificare!”. Demagogie, volte solo a difendere interessi speculativi!
Tutti i siti culturali e naturalistici siciliani dichiarati dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità” sono afflitti da situazioni critiche, più o meno gravi, che ne mettono a repentaglio il futuro.
La Sicilia ha la fortuna di custodire un patrimonio di arte, cultura e storia unico e irriproducibile, che incarna la nostra stessa identità. E’ molto doloroso constatare la totale incapacità di tutelarlo e valorizzarlo come grande ricchezza culturale e anche come chiave di uno sviluppo nuovo.
L’assalto portato avanti dai vandali, vecchi e nuovi, è su più fronti, con diversi strumenti e modalità: dall’abusivismo edilizio della Valle dei Templi di Agrigento alle scellerate lottizzazioni di Vulcano e Lipari, due delle Isole Eolie; dall’individuazione nel PRG di nuove zone di edilizia per costruire altri palazzi nell’area archeologica di Siracusa all’assalto speculativo per cancellare il poetico e romantico paesaggio del Val di Noto, fino all’abbandono in cui si trova una delle più suggestive ed emozionati tra le nostre tradizioni: l’Opera dei Pupi. Unica eccezione è la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, dove, dopo che per oltre dieci anni la Legambiente a prodotto denunce su denunce dando così vita e sostanza alla nostra campagna Salvalarte, si è finalmente intervenuti per tutelare e conservare i meravigliosi mosaici.
Per il resto nulla o poco più. Anzi, dove si è cercato di costruire un percorso virtuoso e utile a una migliore fruizione e gestione del bene, come nella Valle dei Templi con l’Ente Parco, invece di rafforzare e valorizzare l’esperienza fatta, come dovrebbe avvenire in una regione normale, si pensa invece e ci si impegna a smantellarla e mortificarla.
Siamo seriamente preoccupati sullo stato attuale di quelle che sono le nostre eccellenze, i nostri migliori tesori culturali. Tutto il mondo ci guarda e ci richiama a maggiori responsabilità, a fare di più e meglio.
Ma dov’è l’Amministrazione regionale? Perché non svolge pienamente il ruolo che lo Statuto siciliano le affida di responsabile della tutela dei nostri Beni culturali? E tramite questa attribuzione svolgere il compito di coordinamento, di ente che programma ed elabora strategie unitarie.
Spesso questo aspetto è indispensabile, obbligatorio, perché i siti Unesco abbracciano più comuni e diversi territori (Eolie, Val di Noto, Siracusa e Pantalica) e, dunque, c’è bisogno di un lavoro di direzione, per mettere insieme, unire, costruire una rete di relazioni, iniziative, azioni di promozione.
La Regione siciliana è la grande latitante nella scommessa dei siti Unesco. Si, nella scommessa, perché essere riconosciuti “Patrimonio dell’Umanità” deve essere considerato solo l’inizio di un percorso di lavoro, perché quel sito non appartiene più solo a noi siciliani ma al mondo intero, e da quel momento noi ne siamo i custodi e i garanti per tutti.
L’Assessorato regionale dei Beni culturali si sarebbe dato, da tempo, uno strumento per operare per le finalità che abbiamo appena accennato, la Fondazione Unesco, ma sinceramente ci viene difficile individuare un qualche segnale sull’attività finora svolta da questo istituto e, comunque, non vi è sicuramente alcuna traccia di presenza nei territori interessati dal prestigio riconoscimento culturale.
Noi continuiamo a essere convinti che il recupero e la valorizzazione dei Beni culturali può diventare l’asse portante di un diverso sviluppo anche del turismo, che porta lavoro e benessere e al tempo stesso promuove l’attenzione e l’amore dei siciliani verso i tesori d’arte. Ma non possiamo accettare che simili tesori scompaiano sotto l’ombra del degrado, sono un patrimonio dell’umanità sempre e non solo quando devono candidarsi a entrare nella lista Unesco.
I siti Unesco della Sicilia rappresentano insieme e unitariamente un “paesaggio culturale” di assoluta rilevanza, che “racconta” una storia antica e unica. Noi siciliani dobbiamo avere la capacità e l’impegno di voler continuare a raccontare questa storia, ma, soprattutto, esserne finalmente all’altezza.
Gianfranco Zanna
responsabile per i Beni culturali
di Legambiente Sicilia
AREA ARCHEOLOGICA DI AGRIGENTO
Data d’iscrizione: 1997
Motivazioni per l’iscrizione: Rapporto della XXI Commissione
Criteri
(I) rappresentare un capolavoro creativo del genio umano;
(II) presentare un importante interscambio di valori umani su un arco di tempo o contestualizzato ad un’area culturale del mondo, attinente agli sviluppi nell’architettura o nella tecnologia, nelle arti monumentali, nell’urbanistica o nell’impostazione paesaggistica;
(III) costituire una testimonianza unica o quanto meno eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà esistente o scomparsa;
(IV) costituire un esempio eccezionale di edificio o insieme architettonico o tecnologico o paesaggistico, che illustri una o più fasi significative della storia umana.
Breve descrizione
Agrigento è la superba testimonianza dello splendore di una delle più importanti colonie greche d’occidente. L’antica città si estendeva su di una vasta area, ed è oggi conosciuta come Valle dei Templi dal numero degli edifici religiosi che ospita e che documentano la ricchezza e lo sviluppo culturale sino al IV secolo d.C. Con l’incredibile scenario naturale che tuttora la circonda, fu sede dell’attività e fonte di ispirazione per poeti e filosofi come Pindaro ed Empedocle.
Emergenze
Oltre agli annosi problemi del sito, dalle seicento case abusive presenti in zona A di massima tutela (dopo i primi abbattimenti di scheletri di costruzioni la repressione contro queste vergognoso fenomeno non è mai andata avanti) e l’eccessiva antropizzazione (non si è risolto il grave problema del traffico urbano dentro la Valle, con centinaia e centinaia di veicoli, anche pesanti, che transitano sulle strade a ridosso della collina dei templi), oggi la situazione complessiva si è aggravata per la chiara intenzione dell’Amministrazione regionale di demolire e smantellare l’esperienza positiva di gestione dell’area realizzata dall’Ente Parco Valle dei Templi, istituito nel 2000 con legge regionale.
L’Ente Parco della Valle dei Templi è un modello positivo. L’autonomia di gestione e di programmazione è servita molto, malgrado sia partita in ritardo e con qualche contraddizioni.
Nei dieci anni di vita del Parco sono state fatte cose importanti per la valorizzazione della Valle: si sono ottenuti circa 20 milioni di euro di finanziamento europeo e si sono restaurati il tempio di Giunone, il tempio della Concordia, il tempio di Ercole; si è chiuso finalmente l’obbrobrio del parcheggio del posto di ristoro e aperto quello davanti a Porta V; inaugurato un nuovo ingresso nella Valle e ricucito l’itinerario di visita della via sacra rendendolo più coerente e completo. La Valle dei Templi nei mesi estivi è aperta fino alle 22:30, mentre altrove, in Sicilia, l’apertura dei siti corrisponde agli orari d’ufficio! Inoltre, nel corso degli anni sono state sperimentate svariate forme di fruizione innovativa: sala di intrattenimento multimediale, visite notturne, plastico animato, visita con palmare dotato di GPS, visita serale con illuminazione ed effetti sonori. Attualmente la Valle ospita la mostra delle sculture di Igor Mitoraj.
A gennaio 2011 è scaduto il Consiglio del Parco che deve essere subito rinnovato, nominando anche il nuovo Presidente. La gestione praticamente commissariale fatta tramite il Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni culturali, arch. Gesualdo Campo, deve finire subito, perché dannosa e controproducente (L’Ente per l’assenza degli organismi ha già perso importanti finanziamenti europei ad esempio per il recupero ambientale di vaste zone della Valle o per il completamento e l’ampliamento delle attività del Museo del Mandorlo).
Chiediamo di accelerare l’iter per l’approvazione definitiva del Piano del Parco, strumento di programmazione, gestione e sviluppo dell’area. Il Piano è alla firma dell’Assessore regionale dei Beni culturali dall’ottobre del 2009, mentre, per legge, doveva essere firmato entro 4 mesi dalla sua trasmissione.
Dopo una breve parentesi di alcuni mesi, il Parco è di nuovo senza Direttore, visto che quello nominato, come avevamo preannunciato, è andato in pensione.
E se tutto ciò non bastasse, ricordiamo che la collina dei templi è particolarmente esposta al rischio di frane, evidenziata perfino nella legge regionale che ha istituito il Parco ed è stata sottoposta a una costante vigilanza. Per queste ragioni è stata, fin dall’inizio, istituita l’unità operativa geologica e geotecnica che ha costantemente monitorato la vulnerabilità geologica della Valle dei Templi. Con la riorganizzazione del Dipartimento regionale dei Beni culturali in Sicilia, voluta dall’arch. Campo, l’unità geologica del Parco è stata soppressa.
Gli stessi templi hanno bisogno di costante monitoraggio e di frequenti interventi di restauro perché particolarmente vulnerabili, per via del materiale calcarenitico di cui sono fatti, agli agenti atmosferici e all’inquinamento.
VILLA ROMANA DEL CASALE
Data d’iscrizione: 1997
Motivazioni per l’iscrizione: Rapporto della XXI Commissione
Criteri
(I) rappresentare un capolavoro creativo del genio umano;
(II) presentare un importante interscambio di valori umani su un arco di tempo o contestualizzato ad un’area culturale del mondo, attinente agli sviluppi nell’architettura o nella tecnologia, nelle arti monumentali, nell’urbanistica o nell’impostazione paesaggistica;
(III) costituire una testimonianza unica o quanto meno eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà esistente o scomparsa.
Breve descrizione
La struttura della grande e lussuosa villa romana, testimonia le modalità di vita e gli scambi culturali che caratterizzavano il bacino mediterraneo in epoca tardo-antica. Di aspetto grandioso e monumentale, copre un’estensione di circa 4000 m² ed è composta da una serie articolata di circa 40 ambienti, tra cui basilica, appartamenti padronali, terme, sale di servizio e magazzini. Tutti gli ambienti sono caratterizzati dalla presenza di pavimenti musivi e testimonianze di affreschi parietali d’incomparabile splendore, con raffigurazioni mitologiche naturalistiche e rappresentative dei costumi dell’epoca.
Lavori in corso
Attualmente il sito archeologico è interessato da un imponente cantiere di restauro che dovrebbe porre fine allo stato di abbandono e degrado denunciato costantemente da Legambiente negli ultimi 15 anni.
L’opera, appaltata nel novembre del 2006, ha avuto ufficialmente inizio il 21 febbraio 2007 e dovevano ultimarsi il 22 dicembre 2008. Consegne parziali e proroghe, però, spostavano l’ultimazione dei lavori al 24 agosto 2009. Successivamente una perizia di variante spostava ulteriormente la data di ultimazione al 26 maggio 2011.
Alla data odierna il direttore dei lavori prevede di poter concludere il cantiere entro l’autunno 2011.
Il progetto, dell’importo complessivo di € 18.277.250,00, prevedeva lavori per € 13.373.628,36 che sono stati aggiudicati con un ribasso d’asta di circa il 40% e quindi per un totale di € 9.078.756,03.
Il progetto prevede essenzialmente:
– sostituzione dell’originaria copertura in plexiglas risalente agli anni Sessanta e che, nel tempo, ha presentato molti problemi di tenuta e di alterazione delle condizioni termo-igrometriche del monumento;
– interventi di conservazione sulla totalità delle pavimentazioni musive e in opus sectile;
– interventi di restauro degli affreschi parietali;
– interventi di bonifica ambientale e idrogeologica;
– acquisizione delle aree limitrofe al sito archeologico;
– rivisitazione del sistema dei percorsi e dell’abbattimento delle barriere architettoniche;
– rivisitazione del sistema del verde;
– rivisitazione degli impianti (antintrusione, antincendio, di illuminazione).
All’esterno del sito archeologico, tra il 2007 e il 2009, con altro finanziamento di competenza della Provincia Regionale di Enna (importo complessivo € 6.235.454,00), è stato realizzato un grande parcheggio con annessa area commerciale, attualmente non funzionante. I lavori sono stati aggiudicati per un importo di € 3.553.000, con un ribasso d’asta di circa il 7%. Anche questo intervento ha registrato proroghe e varianti. L’intervento è inserito nel Pit 11 “Enna turismo tra archeologia e natura”.
Emergenze
gestione: non è stato ancora predisposto il Piano di gestione Unesco; dal luglio 2010 il Museo della Villa del Casale è stato trasformato in Servizio Parco Archeologico della Villa del Casale e delle aree archeologiche di Piazza Armerina e dei comuni limitrofi, ma non è stata ancora effettuata la perimetrazione del Parco. La pianta organica del nuovo Servizio risulta inadeguata; mancano archeologi, restauratori e personale specialistico.
Al nuovo Servizio verrà conferito il Palazzo Trigona della Floresta, ubicato nel centro storico di Piazza Armerina, di proprietà della Regione Sicilia e recentemente restaurato. Il Palazzo da 51 anni attende di diventare il Museo della città e del territorio, ma ad oggi manca un progetto di ordinamento museale complessivo e un adeguato piano di gestione;
archeomafia: continuano i ritrovamenti di materiale archeologico proveniente da scavi clandestini effettuati nel territorio di Piazza Armerina e Aidone (Morgantina);
servizi: i WC, ad oggi solo di tipo chimico, saranno realizzati nelle nuove aree esterne di parcheggio; mancano gli spazi per i servizi aggiuntivi.
Manca la strada di accesso tra la nuova area parcheggio e l’ingresso del sito archeologico;
campagna di scavi: grazie alla missione archeologica dell’Università La Sapienza, dal 2004, sono riprese le campagne di scavi che stanno portando alla luce un vasto insediamento di epoca medioevale edificato, in parte, sulla Villa tardo-antica. Mancano comunque i fondi per effettuare una campagna di scavi di vasta portata.
ISOLE EOLIE
Data d’iscrizione: 2000
Motivazioni per l’iscrizione: Rapporto della XXIV Commissione
Criteri
La struttura delle isole vulcaniche rappresentano un classico esempio del continuo studio dell’intero mondo vulcanico.
Breve descrizione
Le Isole Eolie offrono un esempio eccezionale di creazione e distruzione di un’isola vulcanica e di fenomeni di attività vulcanica in corso. Studiate fin da almeno il XVIII secolo, le isole hanno illustrato ai vulcanologi due dei tipi di eruzione (vulcaniana e stromboliana) e quindi sono diventate parte importantissima della formazione dei geoscienziati nel mondo per oltre 200 anni. Il sito continua ancora ad arricchire il campo delle ricerche di vulcanologia.
Emergenze
E’ da anni che come Legambiente denunciamo il degrado in cui versano le Eolie e gli interessi speculativi e cementificatori che persistono e si ripresentano su di esse.
L’ultimo episodio è il progetto dello sciagurato, illegittimo e devastante megaporto di Lipari, presentato per rispondere alle giuste esigenze di avere approdi sicuri, ma che in realtà rappresenta una grande speculazione edilizia e immobiliare. La sospensione annunciata da parte della Regione Siciliana riguardo al parere di propria competenza sulla sua realizzazione, a opera della Società Condotte d’Acqua, ha forse fatto desistere i promotori, sponsorizzati e sostenuti dall’attuale Amministrazione comunale.
E’ da anni che alziamo la nostra voce sulle mancate tutele, sull’assenza di politiche di salvaguardia, sulla non istituzione della Riserva Naturale dell’Isola di Lipari, dell’Area Marina Protetta e del Parco nazionale eoliano.
In particolare, il Parco nazionale costituirebbe l’unica proposta concreta di gestione del territorio in grado di eliminare le criticità evidenziate dall’Unesco (diventerebbe l’ente unico di gestione così come richiesto dall’Unesco) nei suoi periodici rapporti sul sito Isole Eolie. Sebbene sia necessaria un’ampia fase di concertazione con le comunità locali che hanno mostrato chiari – e parzialmente condivisibili – segni d’insofferenza di fronte a un provvedimento annunciato ma che non è stato loro illustrato con dovizia di particolari dal Ministero dell’Ambiente e dalla Regione Siciliana, soprattutto per quanto riguarda la sostenibilità delle varie attività produttive in regime di Parco.
Inoltre, il Parco archeologico recentemente voluto dall’Assessorato regionale dei Beni culturali, che ha scelleratamente accorpato le peculiari realtà delle Isole Eolie a quelle del comprensorio di Tindari e Milazzo, ha di fatto sottratto, come ampiamente previsto, autonomia decisionale e ulteriori risorse a quelle giù esigue delle quali disponeva il Museo “L. Bernabò Brea”, uno dei musei archeologici più importanti e preziosi della Sicilia.
Dopo la giusta e sacrosanta chiusura delle cave di pomice, avvenute in seguito al sequestro giudiziario del 2007, non si registra alcuna iniziativa su questo delicato fronte: nessun futuro certo è stato delineato per le maestranze della Pumex, un precariato utilizzato con frequente periodicità dalla locale amministrazione comunale contro il riconoscimento dell’Unesco (mentre si esige un biglietto d’ingresso alle Eolie per le stesse ragioni!), ma che di fatto si trova nello stato attuale grazie al disinteresse post-elettorale dei vari governi regionali che si sono succeduti fino ad oggi; nessun futuro certo è stato altresì delineato per l’area delle cave dismesse, soggette a un evidente dissesto idro-geologico, con gravi pericoli d’incolumità, ma dove non è stata avviata alcuna iniziativa di riconversione – anche parziale – o di messa in sicurezza.
Di contro, il territorio delle Eolie, dove si registra già un significativo tasso di abusivismo edilizio, è stato oggetto di nuovi, pericolosi attacchi da parte di speculatori, con l’avallo dell’Amministrazione comunale di Lipari: prima dell’approvazione del PRG, era stata, infatti, presentata la proposta di un programma costruttivo di 147 alloggi di edilizia convenzionata-agevolata, che avrebbero dovuto essere realizzati in aree a verde agricolo o nella fascia dei 150 metri dal mare, sostenendo che quelle di espansione (zone C del Programma di Fabbricazione) fossero esaurite; questa proposta presentava evidenti incongruità, tra le quali – ricordiamo – la realizzazione di ben 40 alloggi nella sola isola di Vulcano, dove non è credibile che sussista un reale fabbisogno – mai stimato dall’ufficio tecnico del comune, come invece prevede il comma 4 dell’art. 16 della l.r. n. 71 del 27/12/78 – per 160 nuovi residenti dotati dei requisiti necessari per questa tipologia abitativa. Appare chiaro come si tratti di un’operazione degna delle peggiori speculazioni edilizie di vecchio stampo, con una conseguente estesa cementificazione di aree verdi e con bassa densità abitativa, mascherata dalla “concessione” di caserme per l’Arma dei Carabinieri realizzate dall’impresa in cambio dell’esonero dagli oneri di urbanizzazione, e come tale operazione rientri in un modello di “svendita” del proprio territorio che caratterizza – ormai da anni – l’Amministrazione comunale di Lipari.
Anche la vicenda del depuratore, la cui realizzazione è affidata a un commissario all’“emergenza” che, poi, è a sua volta uno degli amministratori della società che lo ha progettato, presenta aspetti inquietanti che rischiano di aggravare la situazione – territoriale e sociale – nell’isola di Lipari; il progetto, a dispetto delle originarie previsioni del PRG, è stato inserito in un’area precedentemente destinata al Consorzio Artigiani, e prevede la realizzazione di impianti di trattamento nell’area costiera, in particolare a Canneto, dove hanno sede le principali spiagge dell’isola.
Nessuno nega l’importanza di dotarsi di un impianto di depurazione moderno e funzionale, ma non si comprende per quale motivo lo stesso debba essere realizzato in deroga alle normative vigenti (per quanto riguarda, ad esempio, la distanza minima dalle abitazioni) e con provvedimenti “emergenziali”, che deliberatamente ignorano sia la volontà della cittadinanza e del suo Consiglio comunale, sia le previsioni del PRG.
CITTA’ DEL TARDO BAROCCO DEL VAL DI NOTO (SUD-EST DELLA SICILIA)
Data d’iscrizione: 2002
Motivazioni per l’iscrizione: Rapporto della XXVI Commissione
Criteri
(I) rappresentare un capolavoro creativo del genio umano;
(II) presentare un importante interscambio di valori umani su un arco di tempo o contestualizzato ad un’area culturale del mondo, attinente agli sviluppi nell’architettura o nella tecnologia, nelle arti monumentali, nell’urbanistica o nell’impostazione paesaggistica;
(IV) costituire un esempio eccezionale di edificio o insieme architettonico o tecnologico o paesaggistico, che illustri una o più fasi significative della storia umana;
(V) per essere un esempio rilevante d’insediamento umano tradizionale, territoriale o marino che sia rappresentativo della cultura (o delle culture), oppure interazione umana con l’ambiente specialmente quando è divenuto vulnerabile sotto l’impatto di un cambiamento irreversibile.
Breve descrizione
Le otto città della Sicilia sud-orientale: Caltagirone, Militello Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli, furono tutte ricostruite dopo il 1693 sopra o accanto a città esistenti al momento del terremoto che si verificò nel dicembre di quell’anno. Esse rappresentano un notevole impegno collettivo, condotto con successo ad un alto livello di realizzazione architettonica e artistica. In perfetta armonia con lo stile tardo barocco dell’epoca, esse rappresentano anche innovazioni esemplari in fatto di pianificazione ed edilizia urbana.
Emergenze
La gestione di questo particolare sito, che coinvolge tre province e otto comuni, non è semplice ed è difficile giudicare se e come vengano rispettate le prescrizioni dell’Unesco.
Il piano di gestione, uno dei primi elaborati dopo le nuove disposizioni dell’Unesco per riconoscere un sito e inserirlo nella World Heritage List, malgrado venga giudicato dai tecnici e dagli esperti un esempio da seguire per tutti quei siti che ne sono sprovvisti e che lo dovranno in seguito definire, è poco noto e scarsamente rispettato.
La conseguenza è la mancanza di una strategia comune e unitaria; le attività sono affidate pressoché esclusivamente alla sensibilità dei singoli amministratori, che quasi sempre non hanno alcuna spinta, volontà e capacità di lavorare in rete. Ci sono quelli più attenti (come Noto, Modica, Scicli e Caltagirone ), quelli distratti (Ragusa e Militello Val di Catania), quelli che fanno da soli (Palazzolo Acreide) e quelli inesistenti (Catania).
Tutti, comunque, si fregiano con orgoglio del riconoscimento, del simbolo: incassano il ritorno d’immagine e la visibilità acquisita, ma ci si ferma solo a questo. E’ nei fatti venuto meno il valore del riconoscimento fatto ad un intero territorio (nel 2002 fu la prima volta che l’Unesco individua in una vasta area articolata e complessa un sito da dichiarare “Patrimonio dell’Umanità”).
Sarebbe indispensabile costruire una vera e propria cabina di regia, per elaborare interventi, strategie, azioni, attività comuni. In questo specifico ruolo è l’Amministrazione regionale che dovrebbe svolgere il suo indispensabile compito e funzione.
Comunque, nel frattempo, non mancano le minacce e i pericoli per questo meraviglioso territorio. Se, almeno perora, è scampato il rischio della realizzazione d’impianti eolici e sembra ormai accantonato, o forse è meglio dire sospeso, il progetto di realizzare nuove trivellazioni per cercare il petrolio, restano sempre vivissima la preoccupazione per l’oleodotto che attraversa le province di Ragusa e Siracusa, per sfociare nella bellissima penisola di Magnisi, in cui si trova l’antica città di Thapsos, sito archeologico importantissimo. Ricordiamo che, circa un anno e mezzo fa, a causa di una rottura dell’oleodotto, una vasta area del Val di Noto subì un grave inquinamento. Tra l’altro è inaccettabile che l’area archeologica, in cui avvenne uno dei primi contatti tra le popolazioni locali, i Siculi, e la civiltà micenea arrivata con i greci, continui ad essere sottoposta ai rischi e all’impatto di un terminale utilizzato una sola volta al mese, quando allo stesso scopo potrebbero benissimo fungere tutti gli altri pontili petroliferi esistenti in zona.
E se ciò non bastasse, c’è da sottolineare, con forte preoccupazione, che l’improvvisa notorietà e la bellezza del paesaggio dell’intero Val di Noto ha innescato un fenomeno di sovraesposizione nei confronti degli interessi degli speculatori cui non corrisponde un’efficace sistema di tutela e di strumenti per il controllo del territorio. Le speculazioni edilizie continuano sempre più a mettere in discussione uno sviluppo rispettoso del paesaggio nei dintorni delle città. Ad esempio, nei giorni scorsi la Guardia di Finanza ha sequestrato 30 ettari di zona agricola in Contrada Busulmone, nel Comune di Noto, dove un immobiliare maltese aveva previsto una lottizzazione abusiva per costruire circa 30 ville con piscina, già in vendita online.
SIRACUSA E
LA NECROPOLI RUPESTRE DI PANTALICA
Data d’iscrizione: 2005
Motivazioni per l’iscrizione: Rapporto della XXIX Commissione
Criteri
(II) presentare un importante interscambio di valori umani su un arco di tempo o contestualizzato ad un’area culturale del mondo, attinente agli sviluppi nell’architettura o nella tecnologia, nelle arti monumentali, nell’urbanistica o nell’impostazione paesaggistica;
(III) costituire una testimonianza unica o quanto meno eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà esistente o scomparsa;
(IV) costituire un esempio eccezionale di edificio o insieme architettonico o tecnologico o paesaggistico, che illustri una o più fasi significative della storia umana;
(VI) che sia associato direttamente o in modo tangibile ad eventi o tradizioni esistenti tramite idee, o credenze, opere d’arte e di letteratura di eccezionale significato universale (il Comitato ritiene che questo criterio possa giustificare l’inclusione nell’elenco solo in circostanze eccezionali e solo unitamente ad altri criteri naturali o culturali).
Breve descrizione
Il sito si compone di due elementi separati, contenenti resti databili all’epoca greca e romana: la Necropoli di Pantalica contiene più di 5.000 tombe scavate nella roccia vicino cave di pietra, molte delle quali risalenti a un periodo compreso fra il XIII e il XVII secolo a.C. Nell’area si possono ancora ammirare resti dell’epoca bizantina, in particolare le fondamenta della Anaktoron (Palazzo del Principe).
L’altra parte, l’antica Siracusa, include il nucleo di fondazione della città, come Ortigia, fatta dai Greci di Corinto nel VIII secolo a.C. Il sito della città, che Cicerone descrisse come “la più grande città greca e la più bella di tutti i tempi”, conserva vestigia quali il Tempio di Atena (V secolo a.C., poi trasformato in una Cattedrale cristiana), un Teatro greco, un Anfiteatro romano, un forte e altro ancora. Molti resti testimoniano la travagliata storia della Sicilia, dai Bizantini ai Borboni, intrecciata con l’arabo-musulmano, i Normanni, Federico II degli Hohenstaufen (1197-1250), gli Aragonesi e il Regno delle Due Sicilie. La città storica di Siracusa offre una testimonianza unica per lo sviluppo della civiltà mediterranea di oltre tre millenni.
Emergenze
La Legambiente Sicilia ha deciso di segnalare all’Unesco, con un esposto/denuncia inviato il 15 novembre 2010, la decisione di realizzare un secondo nuovo porto turistico dentro la rada del grande porto di Siracusa, che, oltre ad essere ricordato dalle fonti scritte da Tucidite a Diodoro e Cicerone, è stato teatro di avvenimenti di fondamentale importanza per la storia della Sicilia antica e del Mediterraneo.
Visto che l’area ricade nella Buffer Zone del sito iscritto nella World Heritage List, ai sensi dell’art. 172 delle Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, l’iniziativa, questa nuova colata di cemento, avrebbe dovuto essere segnalata all’Unesco dalle Autorità competenti e responsabili di questo scellerato progetto, che, ovviamente, si sono ben guardati dal farlo.
Non contenti degli stravolgimenti e della cementificazione che si stanno realizzando con il primo porto turistico approvato dal Consiglio Comunale di Siracusa nel 2007, si è progettato questo secondo pesantissimo intervento, adiacente al primo.
Anche in questo caso la superficie interessata, interamente costruita nel mare mediante interramento dello specchio acqueo, è di circa 44.000 m2, ancora una volta destinata a banchine, ma soprattutto aree di costruzione per edifici di diverso uso. Fra gli edifici, laddove oggi è mare, è prevista la costruzione di tre “foresterie” di 4.800, 4.555 e 7.020 mc, di un “pub belvedere” di 6.580 mc, di uno Yachting Club di 4.555 mc ed altro ancora.
Castello Eurialo e Fortificazioni Dionigiane
Il PRG della città, riprendendo le indicazioni dello schema di massima, riconosce l’importanza dell’area dell’Epipoli e insiste più volte sulla necessità di limitare gli interventi compatibilmente con i vincoli paesistici esistenti, ma in realtà contiene prescrizioni di segno assolutamente contrario.
Nelle previsioni di piano l’area a est del Castello Eurialo, infatti, viene occupata da 5 comparti edilizi. Si tratta di un ulteriore avanzamento del fronte dell’edificato a ridosso delle Mura Dionigiane con costruzioni dell’altezza di mt 13,50, per oltre 200.000 mc e con destinazioni che cancellano la previsione del parco urbano e pregiudicano in maniera irreversibile ogni ipotesi di seria tutela del Castello Eurialo e del Parco archeologico delle Mura.
E ancora il PRG, prevedendo artificiosamente un Parco di valenza ambientale delle Mura (F3), diviso dal Parco di valenza archeologica (F2), consente ulteriori edificazioni e trasformazioni delle aree ancora più a ridosso della zona archeologica. E sempre per effetto degli stessi articoli delle norme tecniche di attuazione le cubature insediabili hanno una possibilità di ulteriore incremento fino al 30%.
Le aree di cui si tratta ricadono nella Core Zone del sito iscritto nella World Heritage List, ai sensi dell’art. 172 delle Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention.
Il sito di Pantalica, che fa parte della Riserva naturale orientata “Pantalica, Valle dell’Anapo e torrente Cavagrande”, istituita dalla Regione Siciliana nel 1998 e gestita dall’Azienda Regionale Foreste Demaniali, paga il prezzo di una carenza nella gestione e negli strumenti di fruizione.
Grave è la mancanza di coordinamento tra le Istituzioni coinvolte e responsabili dell’area: l’Ente gestore della Riserva, la Soprintendenza ai Beni culturali di Siracusa, visto che Pantalica è un’area archeologica, e i Comuni del comprensorio uniti nel GAL: spesso gli interventi migliorativi, anche giusti e costosi, sono mal realizzati per questa mancanza di confronto tra i diversi soggetti interessati. Spesso si va avanti in ordine sparso e confuso.
Tra i progetti più “originali” c’è l’incredibile e sciagurata ipotesi di realizzare una passerella in acciaio e legno che scavalca le profonde gole del Calcinara, cassando uno dei più straordinari percorsi di trekking attraverso la valle.
L’area, infine, è da anni colpita nel periodo estivo da incendi, spesso devastanti, causati anche dalla mancanza di personale addetto alla vigilanza.
PATRIMONIO IMMATERIALE
Convenzione UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale
Approvata il 17 ottobre 2003 dalla Conferenza Generale dell’UNESCO.
Entrata in vigore alla 40ma ratifica, il 30 aprile 2006.
Ratificata dall’Italia il 27 settembre 2007 con Legge n. 167.
L’Italia è attualmente membro del Comitato Intergovernativo della Convenzione e lo resterà fino al 2012.
Tra i suoi principali obiettivi, la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale intende salvaguardare gli elementi e le espressioni del Patrimonio Culturale Immateriale, promuovere (a livello locale, nazionale e internazionale) la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale (articolo 1).
Ai fini della Convenzione, il patrimonio immateriale è descritto come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale” (articolo 2).
Gli ambiti del patrimonio immateriale sono i seguenti (articolo 2.2):
a) tradizioni ed espressioni orali (compreso il linguaggio in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale);
b) arti dello spettacolo;
c) consuetudini sociali, eventi rituali e festivi;
d) cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo;
e) saperi e pratiche legati all’artigianato tradizionale.
OPERA DEI PUPI SICILIANA
Data d’iscrizione: 2001
Criteri
Il 18 maggio 2001 una giuria internazionale incaricata dall’UNESCO, presieduta dallo scrittore spagnolo Juan Goytisolo, ha proclamato l’Opera dei Pupi siciliana Capolavoro del patrimonio immateriale e orale dell’umanità. Questa forma di teatro di marionette, le cui origini risalgono all’Ottocento, è stata tra i primi diciotto beni immateriali che l’Unesco ha proclamato “Patrimonio dell’Umanità”.
Le ragioni di questa repentina proclamazione, sostenuta dall’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari – Museo internazionale delle Marionette “Antonio Pasqualino”, appaiono subito evidenti se si considerano le caratteristiche peculiari dell’Opera dei Pupi siciliana:
1) il repertorio dell’Opra rimanda, attraverso la trasmissione orale, al ciclo carolingio delle Chansons de geste antico-francesi, tramite la mediazione linguistico-culturale offerta dalla tradizione italiana dei cantari e dei poemi cavallereschi in ottave (un repertorio che si trasmette ancora oggi oralmente da maestro ad apprendista, all’interno di compagnie di pupari in gran parte a gestione familiare);
2) i Pupi, la cui morfologia è alla base della distinzione tra le due tipologie maggiori dell’Opera (la palermitana e la catanese), sono un prodotto artigianale di straordinaria fattura, le cui tecniche di confezionamento e la cui iconografia sono anch’esse affidate alla trasmissione orale all’interno delle botteghe artigiane;
3) l’importantissima funzione sociale che l’Opera dei Pupi svolge in seno alle comunità (parte dello spettacolo è lasciata alla libera improvvisazione del puparo, il quale non di rado sceglie di dare voce alle istanze sociali, alle tensioni storiche, agli umori della popolazione). Nella seconda metà dell’Ottocento, ad esempio, nel pieno della lotta per l’indipendenza e l’unità nazionale, poteva capitare che Giuseppe Garibaldi facesse il suo ingresso trionfale accanto a Carlo Magno e ai suoi paladini, con un sincretismo possibile solo all’interno di questa tradizione eccezionalmente feconda e vitale.
Breve descrizione
Il teatro delle marionette conosciuto come l’Opera dei Pupi nasce in Sicilia agli inizi del XIX secolo e riscosse enorme successo tra le classi lavoratrici dell’isola. I pupari raccontavano storie basate sulla letteratura cavalleresca medievale e altri fatti come i poemi italiani del Rinascimento, la vita dei santi e i racconti di noti banditi. I dialoghi in queste rappresentazioni sono largamente improvvisate dai pupari.
Le due principali scuole siciliane di pupari a Palermo e Catania furono distinte principalmente per miseria e forma delle marionette, la tecnica operativa e la varietà delle colorate sceneggiature.
Questi teatri furono spesso imprese familiari tramandate da padre in figlio; gli intarsi, le pitture e la costruzione delle marionette, riconosciute per le loro intense espressioni furono realizzate da maestri impiegando metodi tradizionali. I pupari si sforzavano costantemente di superarsi a vicenda con le stesse rappresentazioni ed esercitavano grande influenza sul loro pubblico. Nel passato queste rappresentazioni furono inserite nelle serate e furono opportunità per incontri sociali.
Emergenze
All’importante proclamazione dell’Unesco non è seguita un’adeguata opera di valorizzazione da parte delle istituzioni nazionali e locali, che stentano a riconoscere al patrimonio dell’Opera dei Pupi siciliana il giusto e meritato sostegno. È curioso come nel Codice dei Beni culturali e del Paesaggio non ci sia alcun riferimento ai beni “immateriali”, se non in termini generici. Ne discende un’assenza sul piano normativo, colmata unicamente dalla Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco del 2003, recepita dal Parlamento italiano nel 2007. Infatti, con la Legge n. 77 del 20 febbraio 2006, Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del Patrimonio Mondiale”, posti sotto la tutela dell’Unesco, lo Stato italiano ha riconosciuto meritevole di finanziamento solo il patrimonio materiale, escludendo di fatto quello immateriale dalla possibilità di accedere ai contributi per la realizzazione dei piani di gestione e di tutte le misure a sostegno della valorizzazione e della fruizione culturale.
La Regione siciliana sostiene l’Opera dei Pupi con la legge n. 25 all’art. 11, del 5 dicembre 2007, Interventi in favore delle attività teatrali. L’Assessorato regionale al Turismo è autorizzato a concedere contributi non superiori al 40 % delle spese ritenute ammissibili a soggetti che nel campo del teatro di figura svolgano attività di conservazione e diffusione del teatro dell’Opera dei Pupi, riconosciuto dall’Unesco bene immateriale dell’umanità, attraverso spettacoli, rassegne, festival e centri museali connessi alla diffusione e conservazione del teatro dei pupi. Peccato che le risorse disponibili siano veramente irrisorie e vadano diminuendo di anno in anno.
Per contribuire a salvare il patrimonio culturale dell’Opera dei Pupi bisognerebbe semplicemente mettere in atto le indicazioni fornite dall’Unesco nella Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, in primis l’individuazione di un ente che predisponga un piano di gestione per definire le priorità d’intervento e le relative modalità attuative, nonché le azioni esperibili per reperire le risorse pubbliche e private necessarie, oltre che le opportune forme di collegamento con programmi o strumenti normativi che perseguano finalità complementari, tra i quali quelli disciplinanti i sistemi turistici locali.
Questo Dossier è stato realizzato con i contributi di Vincenzo Belfiore, Riccardo Calamaio, Paola Di Vita, Gaetano Gucciardo, Pietro Lo Cascio, Benedetto Livio Lo Piano, Enzo Parisi, Rosario Perricone, Paolo Tuttoilmondo, Corrado Valvo e
Gianfranco Zanna.
Pubblicazione curata da
Gianfranco Zanna
Buon giorno,
mi piacerebbe sapere quali sono per l’autore dell’articolo le “scellerate lottizzazioni di Vulcano e Lipari, due delle Isole Eolie;” Mi piacerebbe anche sapere se è mai venuto sulle isole e se conosce la storia urbanistica delle Eolie.
Saluti
http://www.rivistasitiunesco.it/articolo.php?id_articolo=555&categoria=Tentative%20List