All’indomani della cattura del superlatitante Gerlandino Messina, monsignor Montenegro arcivescovo di Agrigento ha rilasciato la seguente dichiarazione all’agenzia giornalistica Sir (servizio informazione religiosa): “Non possiamo accettare la mafia, quella tradizionale, quella violenta, quella dei boss e dei criminali, ma come possiamo restare impassibili o peggio lasciarci coinvolgere dall’altrettanto terribile cultura mafiosa?”. E ha quindi ribadito “il no netto e fermo alla mafia” esprimendo “seria preoccupazione per un modo di fare sempre più diffuso che ricalca i passi e ripete gli atteggiamenti dei malavitosi e dei capimafia”. Ci si riferisce, spiega l’arcivescovo, “al continuare a chiedere il favore al politico di turno o a chiunque rivesta un ruolo di potere”, “alla voglia di predominare continua che emerge quotidianamente, al supermercato, in strada, negli uffici” e “certe volte anche nelle chiese e nelle sacrestie”. Un modo di “fare mafia e di essere mafia” che “interroga il nostro essere cristiani” perché “il Vangelo o lo si vive o non lo si vive” e “non ci sono vie di mezzo, e non bastano le formalità e i riti”. Mons. Montenegro aggiunge poi che“è umano aver paura di fronte alla crisi che ci attanaglia, ai bisogni, alle difficoltà che viviamo in questa era ma non ci è stato forse detto da Gesù di essere come agnelli in mezzo ai lupi?”. Infatti, conclude il vescovo, “essere cristiani comporta rischi oggi, come li comportava al tempo dei martiri” e “non accettarli significa non accettare pienamente Cristo”.
Elio Di Bella