Zambuto: Torno… non torno… Vado… non vado…

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”. Mai parole furono più profetiche di quelle adoperate da Dante nel VI canto del Purgatorio.

“Bordello Italia” è un casino senza controlli. Scrivere di sesso, droga, orge miste e papponi in giacca e cravatta, sarebbe quanto di più facile si possa immaginare. Ben altra cosa è scrivere di politica, in un Paese dove di politica non si parla più.

Un Governo nazionale che fa acqua da tutte le parti. Scandali, giustizia, economia. Nel “Bordello Italia” non funziona più nulla.

Alla Regione siciliana, l’uomo del cambiamento, dell’autonomia, delle denunce sul malaffare dei termovalorizzatori, ha ceduto le redini al condottiero romano.

Alla Provincia di Agrigento, il coraggioso D’Orsi, l’accampato in tenda che non svende il territorio e non cede ai ricatti della politica, ritira la nomina al legale che doveva rappresentare l’Ente dinanzi al Tar Lazio contro il rigassificatore, poche ore prima dell’udienza.

Resta solo il Comune.

Quel Comune di Agrigento, sul cui scranno siede l’uomo “al di sopra dei partiti”.

Quello della “primavera agrigentina”. Quel Marco Zambuto che dopo aver lasciato l’Udc, si candidò con l’appoggio del centrosinistra, salvo poi fuggire in casa Pdl – con un Arnone furoreggiante che lo additava come traditore degli agrigentini, pupo manovrato da un puparo e simili piacevolezze -; rompere poi l’idillio di amorosi sensi; avvicinarsi ai ribelli pidiellini; interloquire quasi quotidianamente con lunghe lettere di supplica ad un ministro sempre più lontano da Agrigento e sempre più distratto da ben altri pensieri.

Sembra quasi uno Zambuto pronto a fare le sovrumane cose per il bene della città. Pronto persino ad umiliarsi, pur di fare l’interesse superiore.

Ma è così?

Guardando al passato, potremmo dire di no.

Zambuto sindaco, nasce dall’inciucio di Udc, buona parte di Forza Italia e un centrosinistra tanto scalcagnato da non avere un proprio candidato, per silurare una candidatura a sindaco proposta dal Mpa.

Storia questa che ormai hanno capito anche i sassi.

Zambuto, sindaco ufficialmente con il centrosinistra, prima di quello che Arnone definì “tradimento”, iniziò a scrivere all’allora presidente del Consiglio Prodi.

Giustificò poi con le mancate risposte del Governo, il suo passaggio in casa Arcore.

Un passaggio motivato con le berlusconiane promesse, alle quali ad oggi si attende ancora una risposta concreta.

In questo marasma, cosa può fare il giovane sindaco?

Lombardo è ormai andato e con lui i ribelli.

In casa Pdl, sarebbe visto come la moglie fedifraga che tradisce anche l’amante.

Il centrosinistra, scalcagnato era e scalcagnato resta. Cosa potrebbe mai offrire ad uno Zambuto che risulta finanche meno gradito alla popolazione?

A volte ci sono mariti che perdonano le scappatelle delle mogli. E anche quando le stesse fuggono con l’amante, lasciano sempre aperta la porta, sperando in un loro ripensamento.

Che l’Udc stia ancora attendendo?

Che le lettere ad Angelino Alfano abbiano le stesse motivazioni di quelle a Prodi?

Intanto Zambuto, si strugge nell’amletico dilemma: vado… non vado… torno… non torno…

Purtroppo, qui l’unico conto che non torna, è quello del bene degli agrigentini, che tra una primavera e l’altra, aspettano da oltre mezzo secolo di poter risalire la china e non rappresentare più il fanalino di coda di “Bordello Italia”

Gian J. Morici

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