Io non so se i fatti per i quali è indagato il papà di Renzi siano veri. Nemmeno so se costituirebbero veramente reato. Certo in quel tale ambiente “etrusco” danaro ne correva e ne corre e va a vedere, reato o non reato, di dove veniva e viene.
La carriera politica di Matteo è cominciata come si conviene ad uno che ha avuto la ventura di nascere in una famiglia dove non si bada a spese: per cercare il successo, con viaggi e rapporti con l’Estero, con l’America. Viaggi che, poi, l’uscita da Palazzo Chigi non ha interrotto. E’ dell’altro giorno quella gita in California di Renzi per informarsi come si combatte il “populismo”. Si direbbe che abbia imparato: “non badando a spese”.
Tanto per osservare la “par condicio” degli aspiranti alla Segreteria del P.D., pare che anche Emiliano, oltre che magistrato (ma se è ancora magistrato impegnato a maturare “scatti” di livello per la pensione, come fa ad essere iscritto anche formalmente in un partito, cosa vietata ai magistrati anche fuori ruolo?) mi dicono che sia “indagato”. E difficilmente potrebbe non esserlo, con i tempi che corrono, dopo aver fatto per tanti anni il Sindaco di Bari ed il presidente della Regione.
Il terzo contendente per quella carica, che non mi pare sia poi così appetibile, è Orlando, Ministro della Giustizia, che con i Magistrati ha altro a che fare, dà e non riceve, magari provocando, invece che gratitudine, qualche loro malumore per le disposizioni relative a quei complicati giuochetti con i quali si determinano i misteriosi stipendi (e pensioni) dei magistrati. Complicatissimi, ve lo assicuro.
Insomma, il Partito dei Magistrati, oltre che esercitare il potere di destituzione dei governi, avere “influenze” determinanti nelle elezioni, disporre l’occorrente per l’eliminazione di questo o quel partito, ha pure le mani in pasta quando si tratta di decidere chi dovrà prendersi la Segreteria dell’unico partito che esso ha lasciato in vita, il P.D.
C’è poi il potere di vita e di morte che il Partito dei Magistrati ha sugli eletti del Movimento Cinquestelle (che non ho voluto considerare un partito, tanto non si offendono, perché non vogliono esserlo o esserlo solo “diversamente”).
Questo, in realtà, non a causa dell’invadenza del P.d.M. e di una sua particolare strategia nei loro confronti, ma per il loro masochismo istituzionale, che, alla ricerca della “diversità”, li fa mettere il collo nel cappio con l’obbligo che si impongono di dimettersi in casi di iscrizione nel registro degli indagati.
Il Partito dei Magistrati trionfa “Avanti giudici alla riscossa, la Toga rossa trionferà!”.
Intanto proprio i Cinquestelle, con la loro lungimirante visione dei problemi istituzionali e la loro propensione alla politica-pettegolezzo, stanno lavorando perché il Parlamento della Repubblica, che Renzi ha cercato invano di ridicolizzare prendendosi il calcione in quel posto dell’esito del referendum, sia riservato ai Magistrati.
La proposta dei Grillini di tagliare le pensioni agli ex Parlamentari, e quella che pare vogliano pure imporre, della riduzione delle indennità parlamentari, farebbe sì che solo i magistrati se la sentirebbero di andare in Parlamento. Per loro questo sarebbe (cioè è già) un bel modo di far carriera e di maturare pensioni che non sono certo come quelle “della gente comune” (come dicono i Grillini) senza fare il loro lavoro. Ma chi, domani, dovesse mettersi in testa di candidarsi alla Camera o al Senato, troncando o giuocandosi così la propria carriera di professionista, vedrebbe probabilmente mogli, figli, parenti ed amici scongiurarlo di non rovinarsi così dissennatamente e di non rovinare la famiglia.
A meno che…A meno che, certo, non sia un figlio di Papà. Mica necessariamente di un Papà pieno di soldi, ma, almeno, di uno capace di farli e di trovarli. Ogni allusione è, naturalmente, da escludere.
Avanti, dunque bravi ragazzi della “diversità telematica” e della moralizzazione facile.
Ed “avanti giudici – alla riscossa – la toga rossa trionferà”.
Sull’imbecillità di chi tiene loro bordone.
Mauro Mellini