Capodanno televisivo con proteste e scandalo. Per una “apertura al pubblico” senza “filtro”, in cui tra qualcosa come centocinquantamila auguri e parole di “fiducia”, c’è scappata anche una bestemmia.
Con ciò quella “bella espressione di libertà etc. etc.” fornita dalla Televisione, è divenuta una colpevole imprudenza, una insensibilità allo scandalo, all’offesa ai sentimenti religiosi etc. Con ricerca e scoperta del capro espiatorio.
Dico subito che la bestemmia, soprattutto se lanciata con stolta arroganza ad un vasto pubblico, da qualcuno che si è, magari, inteso considerandosi così un eroe della trasgressività, è gesto particolarmente odioso, non solo per i credenti.
Ma l’intervento indignato di un Cardinale per esprimere riprovazione per la “colpa della RAI” mi sembra stupido quasi quanto l’”eroismo” dell’anonimo ed esibizionista bestemmiatore.
Siamo alle solite: c’è chi vuole sempre la botte piena e la moglie ubriaca (proverbio un pochetto antifemminista, ma puntuale).
Non fosse stato per quell’”incidente” tutti, Cardinale compreso, si sarebbero compiaciuti per quella prova di apertura e di utilizzazione della “spontaneità” consentita al pubblico per esprimere l’ottimismo e, magari, la “volontà” di ripresa civile ed economica di un Popolo etc. etc.
Ora in Italia, ed in certe regioni in particolare, la bestemmia è espressione frequentissima di sentimenti diversi: delusione, insofferenza, protesta e persino di gioia e di giubilo. Tra le interiezioni e gli intercalari del linguaggio popolare assai di più di una su centocinquantamila sono sonore bestemmie.
Bestemmiano (ed ancor più bestemmiavano) credenti e non credenti, Pietro Nenni pare scandalizzasse De Gasperi con le sue telefonate infarcite di frequenti romagnole bestemmie, cui De Gasperi talvolta reagiva posando scandalizzato il ricevitore.
Al mio paese d’origine ho conosciuto un prete, poverissimo, ignorantissimo, buono e caritatevole, contadino che si rompeva la schiena a spicconare la terra ingrata, che quando giuocava a “ruzzolone” (la “ruzzica” di G.G. Belli), se il “ruzzolone” prendeva una “cipolla”, cioè, urtando un sasso, saltava e gli andava fuori strada, prorompeva in una irrefrenabile bestemmia. Ed alle risate dei compagni del giuoco aggiungeva “quanno ce vo’ ce vo’”. Poi si riprendeva, chiedeva perdono si accusava di dare scandalo: “ecco! Vedete come è facile anna’ all’inferno!”.
C’è sempre, in fondo al bestemmiare, la fede o un suo residuo. E si bestemmia con le espressioni più strane, quanto più strano e bislacco è il rapporto del bestemmiatore con la fede. Un giovane e strano magistrato “Uditore con funzioni”, mandato a fare il pretore in Lucchesia, raccontava di essersi trovata sul tavolo una denunzia per il reato di bestemmia nei confronti di un tale che aveva detto “Dio ciclista”, ponendolo in grave imbarazzo nel redigere sentenza e motivazione.
Strani sono anche i modi in cui persone più pie o, semplicemente, ben costumate, cercano di sfuggire all’istintività della reazione con la bestemmia ai più diversi inconvenienti. Espressioni magari un po’ ipocrite sfruttano l’assonanza con le più “gettonate” bestemmie: “perdina” “porca medina” (vagamente antislamico) “peccrisse” e “cribbio” (piemontese ed in uso, una volta, tra gli Ufficiali). Nella Roma del Belli pare bastasse una “specificazione” che potesse far pensare vagamente all’esecrazione dell’idolatria ad evitare peccato e delitto di bestemmia, così si diceva: “pe’ ddio de legno”. Il confine tra espressione di fede e bestemmia non è labile solo nella malizia dei non credenti. In Francia la bestemmia considerata tale senza discussione e la più in uso, tradotta letteralmente suonerebbe, da noi come una semplice invocazione all’Eterno.
Ci sono poi delle vere invocazioni alle Divinità che per l’ipocrisia e il tristo ruolo di chi le fa sono peggiori, come offese alla Divinità, di qualsiasi indiscussa bestemmia. Sulla fibbia della cintura dei soldati di Hilter c’era la scritta “Dio con noi”. Meglio, francamente una sonora bestemmia, anche in televisione.
Ma torniamo all’”incidente” di Capodanno ed all’ipocrisia che si è scatenata con le manifestazioni di orrore e di sdegno contro la RAI. Che, di sdegno ne suscita senza bisogno di tirare in ballo alle tendenze blasfeme degli ascoltatori.
Questo gusto per i primati di ascolto, tra questi capolavori di “partecipazione”, della “parola data a tutti” che però vorrebbe che “un limite ci debba pur essere”, questo esser pronti, poi, ad invocare la “mordacchia”, magari elettronica, per i “disturbatori” dei riti plebiscitari è un segno dei tempi. Questo volere accanite, fanatiche manifestazioni di gradimento, pronti, poi, a confondere liceità con opportunità, compostezza etc. è qualcosa che mi urta profondamente.
Non arrivo a compiacermi con il solitario bestemmiatore televisivo. Ma l’idea che si rimproveri il “gestore” di quella trasmissione per aver lasciato “guastare” l’effetto edificante di quell’affannarsi unanimistico della gente ad invocare e predire un anno “buono” (implicitamente, quindi, affermando che quello finito era stato “cattivo”) è cosa che oltre ad urtare, preoccupa. Diffido dell’unanimità. C’è sempre dietro l’ombra di un Cardinale che protesterebbe per una più o meno autentica bestemmia che avrebbe potuto turbarla. Invocando la “mordacchia”. Che veniva applicata ai condannati al rogo perché non scandalizzassero il pubblico con qualche bestemmia.
Mauro Mellini