Dove stiano i limiti della libertà d’espressione ormai non lo sa più nessuno. Sorge il dubbio se i drammatici eventi di Parigi abbiano servito la giusta causa o esteso una sorta di impunità a chiunque, anche a chi infrange leggi ormai adottate.
Sono riusciti a lasciarlo pavoneggiarsi sul palco dello Zénith di Strasburgo. E questo dopo Metz dove il giudice ha considerato che il contratto andava rispettato. L’hanno lasciato prodursi nei suoi ignobili sketch proprio nella capitale europea dei Diritti Umani. E per “l’hanno” si intendono i giudici che non hanno fatto nulla per impedirlo. Eppure il sindaco socialista di Strasburgo, Roland Ries, aveva depositato una seconda domanda al Prefetto affinché lo spettacolo di Dieudonné fosse annullato perché inaccettabili le provocazioni dell’umorista. Nulla si è potuto fare perché lo Zénith non rientra nel regolamento comunale di Strasburgo…
Chi ha visto lo “spettacolo” ha potuto raccontare che il provocatore si è presentato con la tuta arancione dei prigionieri di Guantanamo ed incatenato vantandosi di essere appena uscito di prigione. E’ vero, era in stato di fermo ed il 4 febbraio si dovrà difendere in Tribunale dall’accusa di apologia del terrorismo. Per farla breve, alla fine della marcia in onore ed in memoria delle vittime dei tre terroristi autori delle stragi al settimanale Charlie Hebdo ed al supermercato ebraico, nonché dell’assassinio della poliziotta al Sud di Parigi, “l’umorista” aveva scritto sulla sua pagina Facebook: “Sappiate che stasera, per quanto mi riguarda, mi sento Charlie Coulibaly ”. Ha insomma scimmiottato lo slogan “Je suis Charlie” trasformandolo col nome dell’assassino del supermercato kasher. Si sa che a Dieudonné gli ebrei ispirano particolarmente.
Il sindaco di Strasburgo non è riuscito ad impedire che costui mimasse una sparatoria dicendo “Se faccio fuori un giornalista, pure ebreo, riaprono il Processo di Norimberga”. Esilarante…
Si pongono quindi almeno due domande. Com’é possibile che nessun giudice abbia potuto fermare lo spettacolo già annullato in altre città e che Dieudonné abbia potuto prodursi nell’ennesima provocazione? Com’è possibile tanto più che deve a giorni presentarsi per l’ennesima volta in Tribunale?
Alla seconda è forse ancora più difficile rispondere. Com’è possibile che in questo momento di emozione generale che attraversa la Francia, in cui anche chi non era e non sarà mai d’accordo con il tipo di vignette pubblicate da Charlie Hebdo, ha fatto cerchio attorno alle vittime sia della redazione che del supermercato, senza dimenticare le forze dell’ordine, per la commozione suscitata dall’orrore, che gli alsaziani non siano insorti contro l’allestimento dello spettacolo? L’11 gennaio tutta la Francia era Charlie, tutta la Francia era in lacrime. Dov’erano sabato sera?
Dieudonné si appella alla libertà di espressione ma affermare chiaramente di sostenereCoulibaly può essere inteso dai suoi fan come un elogio ad un assassino che ha agito in nome di chissà quale credo.
Al Sindaco di Strasburgo non resta che “rivolgersi ai parlamentari affinché cambino le leggi per poter ostacolare i discorsi di questo predicatore dell’odio”.
I media francesi dedicano una settimana al tema “E ora”? Ecco appunto, e ora sarebbe il momento di agire con buonsenso, maturità, decisione e senza tenere i piedi in più scarpe per paura di ritorsioni da una parte e dall’altra. Sarebbe anche giunto il momento di rendersi conto che le 17 vittime del 7 gennaio sono la punta dell’Iceberg di un movimento sommerso e sottovalutato che sta mietendo vittime in tutto il Medio Oriente e nel Nord Africa e che si sta muovendo a macchia d’olio. Mietendo vittime ed imbavagliando con violenza chi vuole esprimersi.
Chi non è riuscito a prevedere, almeno inizi a tamponare, prima che la gente si guardi con timore o odio, prima che il terrorismo riesca a vincere creando uno scontro di culture e di culti. Se ci riescono hanno vinto loro, anche senza le armi.