Nuovi sviluppi nell’ambito del filone investigativo portato avanti dalla Guardia di Finanza di Palermo sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – del capoluogo siciliano e che un anno fa aveva portato al sequestro di un ingente patrimonio, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro, nei confronti di un gruppo imprenditoriale di Palermo che ha curato, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano.
Le indagini si erano concentrate, in primo luogo, sulla genesi del gruppo, costituito negli anni ‘80 da un ex dipendente pubblico, successivamente divenuto “imprenditore”, grazie all’investimento di ingenti risorse finanziarie di dubbia provenienza, che si è presto sviluppato con la protezione di “Cosa Nostra” e degli appoggi politici – in particolare dell’ex sindaco di Palermo – arrivando ad ottenere ben 72 concessioni per la metanizzazione di Comuni della Sicilia e dell’Abruzzo, i cui lavori di realizzazione sono stati in più occasioni affidati in sub appalto ad imprese direttamente riconducibili a soggetti con precedenti specifici per mafia e ad altre comunque vicine alla criminalità organizzata, in una logica di costante e reciproco vantaggio fra il gruppo e l’organizzazione criminale.
In tale contesto, nel dicembre 2013, il Tribunale di Palermo aveva disposto un ulteriore sequestro, per un valore di circa 7,6 milioni di euro, di quattro società nei confronti di una famiglia di imprenditori di Belmonte Mezzagno (Pa), operanti da diversi anni nel settore edilizio e della manutenzione delle reti di gas metano.
Secondo le risultanze indiziarie, i soggetti interessati dal provvedimento avrebbero coinvolto familiari e collaboratori, alcuni dei quali privi di condizioni reddituali compatibili con l’entità degli investimenti necessari per l’avvio delle attività imprenditoriali, nell’intestazione di aziende operanti nel medesimo settore, per continuare a gestire i contratti acquisiti e le attività avviate nonostante i precedenti provvedimenti cautelari a carico delle altre società a loro direttamente o indirettamente riconducibili.
A questo scenario si collega l’esecuzione del provvedimento ora emanato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica – D.D.A. – con cui è stata disposta l’amministrazione giudiziaria con conseguente sospensione temporanea dell’amministrazione ai sensi del’art.34 del decreto legislativo n.159 del 2011 nei confronti di due importanti realtà imprenditoriali, operanti nel settore della vendita e distribuzione del gas metano sul territorio nazionale e di una società di manutenzione con sede in Calabria.
Dalle ulteriori indagini è infatti emerso il possibile coinvolgimento di queste ultime società nell’agevolazione di imprenditori già sottoposti ad indagini di polizia giudiziaria e misure di prevenzione ai sensi della normativa antimafia, mediante condotte reiterate nel tempo che in alcuni casi avrebbero consentito ad imprese considerate vicine ad ambienti criminali di neutralizzare i provvedimenti cautelari inflitti e di continuare a consolidare la propria espansione in alcune regioni della penisola nel settore del gas metano.
Con l’emissione del Decreto che impone l’amministrazione giudiziaria o “sospensione temporanea dell’amministrazione”, il Tribunale di Palermo ha, di fatto, sollevato dalla gestione i rappresentanti della citata società per un periodo di sei mesi.
Tale misura ha la finalità di impedire che la criminalità organizzata strumentalizzi attività economiche esercitate da aziende lecite per realizzare propri interessi illeciti; in pratica, i responsabili delle diverse sedi locali dell’azienda dovranno temporaneamente cedere la gestione agli amministratori giudiziari, ponendosi sotto “tutela” dell’Autorità Giudiziaria, la quale, al termine del periodo, valuterà la sussistenza dei presupposti per restituire o meno la gestione “bonificata”.
Si tratta di una misura preventiva antimafia che permette di perseguire obiettivi diversi ed ulteriori rispetto alla confisca dei beni come frutto di attività illecite, poiché è in grado di agire nelle realtà aziendali di particolare complessità, con l’intento di colpire solo l’area ritenuta influenzata da interessi mafiosi e fortificarne al contempo il “sistema immunitario”, salvaguardando l’attività economica nel suo complesso ed il conseguente aspetto occupazionale, nonché l’indotto, i clienti e i fornitori.