A volte la solitudine ha il colore degli occhi di mio figlio. Gli stessi occhi che mi costringono ogni giorno ad aprire i miei, su un cielo e su un mondo dove tu non ci sei.
Avevi promesso.
Questa notte di fili d’argento dalle nuvole a posarsi tra i capelli, esili ragnatele vischiose qui, sulle mie mani senza pace, è ancora tua. Gli occhi a seguire l’impietosa scia che hai lasciato passando su di me, sulle mie cose.
Cento passi. Cento passi nella mia casa, nella mia stanza, intorno al mio letto. I tuoi. Cento passi per ogni respiro, per ogni silenzio, per ogni carezza. I miei.
Li seguo lenta, in silenzio. Rincorro gli occhi, le mani, i capelli. I sorrisi.
Cento passi sulla mia pelle.
Avevi promesso.
Avevo promesso. E la scia che doveva riportarti da me è la stessa che doveva portarmi da te.
Riporre abiti e oggetti, lettere e fotografie. Le cose e i ricordi tutti. Metterli via o farli in mille pezzi. Coriandoli per le strade a liberarti un carnevale dentro. O bruciare tutto invece a spegnere il sangue e l’aria che ti bruciano dentro.
Ma io non ho nulla. Nulla da riporre, nulla da metter via, niente da distruggere, da fare a pezzi, da buttare, da bruciare. Non c’è stato il tempo. Di esserci. Di averci. Noi, oltre le parole e i sogni, il desiderio. Noi solo parole,sogni e desideri. E le scie luccicanti del tuo breve viaggio su di me. Impalpabili e leggere. Tenaci e indelebili.
—————————————————————————-
Cento passi. Cento passi da qui alla mia macchina. Cento passi per chiudermi fuori. Per lasciarti la pelle, le ossa, le unghie, lo sguardo incollati alla scia e portarmi a spasso la carne, vuota di quello che lascio a te. Cento passi per strapparmi da qui.
Sassi sulle spalle le mani che mi sfiorano – le ho volute – e occhi stanchi i miei, chiusi sugli occhi che mi cercano – li ho voluti -. Labbra umide su labbra di sale, le parole scorrono lungo fili distanti. Che mi attraversano. Le sento, a volte mi piegano. Come i bisogni. Quelli che mi hai lasciato attaccati alle dita e che devo inseguire. O come i doveri, come le urgenze. Come lo sguardo che mi sveglia al mattino. Che mi chiede lo sguardo. Poi si allontanano, passano indietro. Il segno non si cancella. Il tempo di ieri diventa domani e oggi è già un tempo passato. Una lacrima accende una luce nel vuoto e non riesco a vederla. Non so neanche se sa di te. Cento passi per tornare da me.
——————————————————————————-
Questa notte di fili d’argento dalle stelle a posarsi tra i capelli, esili ragnatele vischiose qui, sulle mie mani senza voce, è ancora tua. Le unghie aggrappate all’impietosa scia che hai lasciato passando su di me, sulle mie cose. E non sono sola finché la vedo e segna il cammino, il tempo, lo spazio. Che non sai percorrere, che non so percorrere. Non sono sola finché resto con me.
Nello specchio mi cerco le lacrime e non riesco a trovarne.
Controllo i pezzi.
Le unghie, la pelle, le ossa, lo sguardo. La carne che ruba quello che non può dare. Le labbra ed il sale che brucia e fa male. Chiudo la porta. Per chiudermi dentro.
Ricalco piano i tuoi passi nel buio. Mi chiedo se anche io lascio una scia. Luccicante e indelebile. Se la lascio per trovare la strada o per farmi trovare.
O
per farmi
trovare.
A volte la solitudine ha il sapore del bisogno. Di tutto quello che non puoi essere di quello che sei. Di quello che tu hai trovato e rubato di me. Di quello che resta incollato a una scia. E quello che avanza non basta.
Avevi promesso.
Io avevo promesso.
Domani l’azzurro del cielo negli occhi chiederà ancora ai miei occhi di aprirsi. A guardare dove tu non ci sei.
Cento passi per tornare da te.
Cinzia Craus