Agrigento – Il presidente della Provincia Eugenio D’Orsi, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.
La Guardia di Finanza, nei giorni scorsi, aveva notificato al presidente della Provincia Eugenio D’Orsi un avviso a presentarsi per rendere interrogatorio come persona sottoposta a indagini, ipotizzando i reati di concussione, peculato e truffa.
Un’indagine durata due anni, scaturita in un primo provvedimento giudiziario con l’accusa di abuso d’ufficio truffa e falso, al quale hanno fatto seguito i recenti avvisi di garanzia che vedono coinvolte 14 persone.
Numerosi gli episodi passati al vaglio dagli inquirenti, contenuti nell’atto di accusa.
Dall’utilizzo di personale della Provincia, durante le ore di servizio dello stesso, chiamandolo a svolgere attività lavorativa presso l’abitazione sita in Montaperto di proprietà del presidente della Provincia; all’essersi appropriato di circa 40 palme che avrebbero dovuto arricchire il verde pubblico, avendole destinate all’abbellimento del giardino della villetta di Montaperto.
Nel mirino degli inquirenti anche le fatture da parte di aziende che, avendo rapporti commerciali con la Provincia, avrebbero a diverso titolo effettuato lavori per conto di D’Orsi, senza ricevere alcun corrispettivo o comunque a prezzi particolarmente vantaggiosi per il committente.
Importi nell’ordine di parecchie migliaia di euro, considerato il fatto che una sola delle aziende (inserita nell’elenco delle ditte di fiducia della Provincia di Agrigento) – avrebbe effettuato lavori di ristrutturazione e sostenuto spese per oltre 10.000 euro, senza che ricevesse alcun corrispettivo.
A completare quello che gli inquirenti definiscono un disegno criminoso, i rimborsi di spese di rappresentanza, a seguito di false attestazioni o senza che vi fosse la possibilità di riscontrare l’attinenza della voce alla relativa voce di spesa.
Numerose poi le spese sostenute per promuovere l’immagine della Provincia regionale di Agrigento in campo nazionale e internazionale, con acquisto di targhe, medaglie, coppe, penne di lusso, agende, portafogli, borse in pelle, per un ammontare di oltre 15.000 euro.
Tutte spese, a giudizio degli inquirenti, illegittimamente liquidate dall’Ente.
Oltre le spese contestate, negli atti di accusa anche un notevole numero di incarichi diretti ed assegnati a personale esterno, e l’affidamento diretto per l’acquisizione di beni e servizi relativi a varie aziende.
Secondo la tesi dell’accusa, gli incarichi esterni conferiti da D’Orsi avrebbero riguardato esigenze per le quali la Provincia avrebbe potuto fare fronte con proprio personale.
La strategia difensiva adottata avvalendosi della facoltà di non rispondere, dovrà consentire al presidente di avere un quadro più chiaro in merito al castello accusatorio.
Una scelta che, se anche corretta sotto il profilo giuridico, non chiarisce certo i dubbi sull’operato del presidente della Provincia, sul cui capo pendono un numero di accuse tali da indurre chiunque altro a fare chiarezza o, nel rispetto dei propri elettori, ad abbandonare la carica pubblica, scegliendo da semplice cittadino tutte le strategie di difesa ritenute più idonee.
Quando stamani D’Orsi è uscito dalla porta d’ingresso della caserma del Comando provinciale della Guardia di Finanza, di piazza Gallo – dove si era recato accompagnato dagli avvocati Gaetano Bruna e Giuseppe Scozzari – e si è sparsa la voce che il presidente si era avvalso della facoltà di non rispondere, molti agrigentini commentavano negativamente la scelta, ritenendo che sotto il profilo etico e per rispetto dell’elettorato D’Orsi avrebbe fatto meglio a lasciare la carica politica.
Gian J. Morici
bene, e questo continua a fare il presidente, che bella classe politica, incapace e forse anche corrotta.