Da un po’ di tempo Facebook rimuove molti post perché contravvengono alle regole del social.
Algoritmi che talvolta sembrano applicati ‘ad personam’ in pochi minuti permettono alla piattaforma di individuare post che apparentemente non ci sarebbe ragione alcuna perché vengano rimossi, se non il fatto che vanno ‘controtendenza’ rispetto verità sancite dai media mainstream, tradendo quello che inizialmente sembrava essere uno dei principi fondamentali del social: La libertà di comunicazione.
Evidentemente scelte di opportunità – o imposizioni ‘forti’ – hanno obbligato Facebook ad applicare forme censorie soft, ma comunque efficaci, adottando pratiche che mirano a influenzare l’opinione pubblica senza ricorrere a censure dirette o altre forme coercitive tipiche dei regimi totalitari, impedendo comunque che gli utenti del social possano esprimere opinioni che possono mettere in cattiva luce le istituzioni o altri poteri.
Fin qui nulla quaestio, poiché iscrivendoci a un qualsiasi social ne accettiamo le condizioni – ci piaccia o meno – e la nostra libertà, a prescindere da eventuali aspetti normativi sarà comunque una ‘libertà controllata’.
Quello che invece stupisce, è la possibilità data ad utenti (purchè ‘sponsorizzati’ dal social), di pubblicare post che già a colpo d’occhio verrebbero individuati come fake e idonei a commettere truffe online.
In questo caso sembra che non vi sia alcun algoritmo a vigilare su ciò che viene pubblicato.
E fin qui potrebbe trattarsi di una ‘distrazione’ in materia di controllo.
È sufficiente effettuare una veloce ricerca in rete per scoprire come numerosi personaggi del mondo dello spettacolo, del giornalismo ecc, si siano ritrovati loro malgrado coinvolti in questo genere di truffe.
Truffe che sfruttano il nome e la popolarità dei personaggi che compaiono nel post, attirando ignare vittime che vengono invogliate dal desiderio di ottenere facili guadagni, talvolta anche milionari, nel giro di pochi mesi, investendo cifre molto modeste (250 euro) dopo essersi registrandosi sulla piattaforma indicata nel post.
Lo schema è quasi sempre identico.
Un personaggio che nel corso di una trasmissione in diretta – che non è mai avvenuta – ‘accidentalmente’ svela il segreto sulle sue fortune economiche – l’investimento sulla piattaforma indicata – il programma che viene interrotto da una telefonata della Banca d’Italia, l’immagine della ‘notizia’ pubblicata su una testata giornalistica a carattere nazionale, che riporta come il nostro personaggio abbia investito nel corso della ‘diretta televisiva’ i 250 euro dell’intervistatore facendogli guadagnare in pochi minuti circa 50 euro.
Già il fatto stesso che la notizia sia falsa e che nessun giornale abbia mai pubblicato nulla del genere – com’è facilmente appurabile – dovrebbe dirci che ben si presta a una truffa architettata da profili social sponsorizzati da Facebook.
Che fare dunque, se non segnalare il post ‘incriminato’ per evitare che incauti utenti si facciano truffare?
Tanto più che trattandosi di post ‘sponsorizzati’ da Facebook, potrebbero facilmente essere ritenuti più ‘credibili’ rispetto tanti altri.
Segnalato giorni fa il post e l’utente, non tarda ad arrivare la risposta da parte dell’assistenza:
“Non abbiamo rimosso l’inserzione. Per garantire la massima equità possibile del nostro processo di controllo, ci basiamo sugli stessi Standard pubblicitari per esaminare le segnalazioni. Abbiamo controllato l’inserzione che hai segnalato e stabilito che non viola i nostri Standard pubblicitari”.
Pecunia non olet avrebbero detto gli antichi romani…
Neppure per Facebook che non soltanto sponsorizza le inserzioni truffaldine, ma le protegge anche, non rimuovendole neppure se vengono segnalate.
E la truffa è servita…
Gian J. Morici