
La figura di Giovanni Falcone viene rievocata quasi ogni giorno. Tuttavia, con il passare del tempo, la portata del suo lavoro rischia di essere ridimensionata, portando a dimenticare che Falcone fu l’uomo chiave nelle indagini di Pizza Connection e, una volta nominato Direttore degli Affari Penali presso il Ministero di Grazia e Giustizia (dal 1991), si stava dedicando attivamente a un filone investigativo che connetteva il riciclaggio di denaro sporco della mafia ai movimenti finanziari internazionali post-sovietici, noti come “Oro di Mosca”, oltre ad altre inchieste di rilievo internazionale. Spesso, al giorno d’oggi, l’attenzione su di lui viene limitata al solo cosiddetto dossier mafia-appalti.
L’occasione per riportare in luce il profilo di un magistrato impegnato in indagini a respiro internazionale è offerta da un articolo di Giovanni Bianconi pubblicato oggi sulla pagina culturale del Corriere della Sera, intitolato “Il caso Leighton Anni di piombo fra Italia e Cile”.
In occasione del 50° anniversario dell’attentato subito da Bernardo Leighton, la Fondazione Vittorio Occorsio, in collaborazione con l’Ambasciata del Cile in Italia, ha organizzato un seminario italo-cileno. All’evento partecipano il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, e il Presidente della Repubblica del Cile, Gabriel Boric Font. Il seminario è dedicato a commemorare Bernardo Leighton, influente esponente della Democrazia Cristiana cilena negli anni Settanta, nel cinquantenario del grave agguato che lo colpì insieme alla moglie, Ana Fresno.
L’attentato a Bernardo Leighton e a sua moglie Anita Fresno avvenne a Roma, in via Aurelia 145, il 6 ottobre 1975. Nonostante i due proiettili calibro 7,65 che colpirono Leighton alla testa e la moglie all’addome, l’esponente della Repubblica del Cile e più volte vice presidente durante la presidenza di Eduardo Frei Montalva, e la consorte sopravvissero, riportando però ferite gravi e permanenti, in modo analogo a quanto accadde in seguito ad altre vittime del terrorismo.
Gli autori dell’agguato furono Pierluigi Concutelli e Stefano Delle Chiaie. Essi vennero assolti nel processo, ma furono in seguito riconosciuti colpevoli quando non erano più perseguibili per via giudiziaria. Un destino simile a quello di neofascisti come Freda e Ventura per la strage di piazza Fontana, ritenuti responsabili ma rimasti ufficialmente innocenti, anche a causa dei depistaggi istituzionali durante le indagini, i quali non sono mancati neanche nel caso Leighton.
L’obiettivo di mettere a tacere Leighton, strenuo oppositore del golpe dell’11 settembre 1973 contro il governo Allende e del regime di Pinochet, fu raggiunto. Il crimine che segnò la sua uscita dalla scena politica rappresenta solo una breve sequenza di un dramma ben più vasto, l’esportazione della sovversione della democrazia da un continente all’altro attraverso una variegata “internazionale nera”, che aveva solide ramificazioni anche in Italia.
L’attacco fu pianificato dai servizi segreti cileni ed eseguito da estremisti neofascisti italiani. La Fondazione ha voluto fare luce su questa vicenda anche per via di un tragico e significativo legame storico. L’attentatore, infatti, fù Pierluigi Concutelli (membro di un gruppo eversivo di estrema destra), che non solo attentò alla vita dei Leighton, ma fu anche l’assassino del giudice Vittorio Occorsio, ucciso il 10 luglio 1976. Occorsio era il pubblico ministero che stava indagando sulle organizzazioni neofasciste e i loro collegamenti con la massoneria e la criminalità comune, intrecci di cui si trovano tracce anche nella rete di connessioni internazionali.
L’articolo di Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera odierno ricorda Giovanni Falcone come colui che, nella sua veste di massimo dirigente del Ministero di Grazia e Giustizia, permise la riapertura del caso sull’internazionale nera, confermando l’interesse di Falcone verso le strutture occulte dei servizi segreti. Fu il suo ultimo atto.
“Se la prima indagine sugli esecutori materiali – scrive Bianconi – fondata essenzialmente sulle dichiarazioni di neofascisti “pentiti”, finì in un nulla di fatto fu anche a causa della mancata collaborazione delle autorità cilene e statunitensi. E della scarsa attenzione, diciamo così, dedicata all’epoca dagli investigatori italiani a indizi e prove, comprese quelle trovate in un covo romano frequentato da Concutelli e Delle Chiaie.
La svolta arrivò in seguito con l’apertura degli archivi cileni (una rogatoria indirizzata alle autorità di Santiago, e successivamente finalmente accolta, fu l’ultimo atto firmato da Giovanni Falcone come dirigente del ministero della Giustizia prima di essere assassinato il 23 maggio del 1992) che ha consentito di attribuire responsabilità precise a intermediari e mandanti del delitto: l’agente segreto statunitense Michael Townley, il direttore e il capo delle operazioni estere della Dina (Il servizio segreto di Pinochet) Manuel Contreras Sepulveda e Edoardo Uturriaga Neumann.”
“Per un caso di cecità fisica, se ne hanno mille di cecità morale.“
(Arturo Graf)
Gian J. Morici
