
Cosa non si farebbe per portare acqua al proprio mulino… È divertente l’articolo pubblicato da “Il Dubbio”, con il quale il giornalista Damiano Aliprandi valuta la preparazione dei singoli protagonisti della vicenda mafia-appalti e le loro dichiarazioni in merito. Un articolo che si è occupato di un classico senza tempo: l’incontro tra Paolo Borsellino e i ROS, con annessi e connessi, e le recenti perle di saggezza (o presunta tale) che ne sono scaturite.
L’articolo del Dubbio apre con un recente articolo di Stampa Libera, in cui l’avvocato Fabio Repici contesta le memorie degli ex ROS, che sembra abbiano accusato Repici di aver sparato cifre a caso in Commissione Antimafia. Ma il vero fulcro della discordia è l’incontro riservato tra Borsellino e i suddetti ufficiali. Repici insiste che non si trattava del dossier mafia-appalti, bensì della vicenda del “Corvo 2”.
Per Aliprandi, giornalista del Dubbio, negli ultimi anni, è fiorita una teoria da fare invidia ai complottisti più incalliti: Borsellino avrebbe incontrato i ROS perché li sospettava (soprattutto De Donno) di essere coinvolti nella diffusione della lettera anonima. Un vero e proprio thriller giudiziario, dove l’incontro serviva a smascherare un presunto depistaggio. Ma, come in ogni buona barzelletta, “qui il castello si sgretola”. Perché, diciamocelo – sostiene Aliprandi -, se Mori e De Donno fossero stati dei veri depistatori, delle “menti raffinatissime” (e non stiamo parlando di un club di briscola), il loro lavoro sarebbe stato un tantino più professionale. Invece, la memoria depositata in Commissione ha peccato di approssimazione e confusione. Un vero peccato.
Voto del Dubbio per i ROS: 2. Troppo approssimativi. Ragazzi, non fate la figura degli scolari che copiano male i compiti. E un 2, cari miei, è un voto che urla “insufficiente grave”.
E a rendere il quadro ancora più esilarante, ecco che entra in scena l’onorevole Maurizio Gasparri, membro della Commissione Antimafia, che, con la sua solita acutezza, ha esaltato la ricostruzione dei ROS, definendola “puntigliosa”. “Puntigliosa” quella che per Aliprandi appare pasticciata? Forse, come un bambino che ammira un disegno fatto male dalla mamma, ha trovato la puntigliosità dove altri vedono solo un gran caos.
Voto per Gasparri: 1. E direttamente in punizione dietro la lavagna. Con l’obbligo di ricopiare cento volte: “Non esalterò mai più ricostruzioni approssimative, nemmeno se mi pagano”. Un uno è un voto che grida “bocciato in comprensione del testo” e “messo in punizione per aver disturbato la lezione”.
In questo contesto degno di una farsa, per Aliprandi l’avvocato Repici ha avuto gioco facile nell’attaccare la memoria dei ROS. Ma attenzione, la questione è più profonda. In questi decenni si sono accumulati troppi errori, da tutte le parti. Nessuno escluso. Ed è qui che la trama si infittisce. Repici tira fuori un verbale del 2012 in cui Canale dice qualcosa che non quadra con le memorie degli ex ufficiali né con le sentenze. Ma il punto cruciale è che quella contraddizione – evidenzia Aliprandi – non fu mai contestata dai PM, né in quella sede, né nel processo Mori-Obinu. Né dai magistrati, né dagli avvocati. Un silenzio assordante.
Voto per Magistrati e Avvocati: 3 in condotta. Bravi, tutti promossi in silenzio assenso, per aver preferito non disturbare il manovratore, lasciando che le contraddizioni si accumulassero. Però, dai, un po’ di attenzione alla lezione, per favore…
Poi spunta il verbale del 1992 in cui De Donno racconta ai magistrati nisseni dell’incontro riservato con Borsellino, dove si discusse anche dell’indagine mafia-appalti. E qui arriva il pezzo forte, la ciliegina sulla torta: l’audizione dell’allora maresciallo Carmelo Canale al processo Borsellino bis, datata 24 marzo 1998. Una data non da poco, perché a distanza di soli sei anni dai fatti, la memoria era decisamente più lucida -scrive Aliprandi – e Canale fu molto preciso nel ricostruire la vicenda della lettera anonima.
Il retroscena, nella ricostruzione di Canale, è degno di quelle sale cinematografiche nelle quali una volta il massimo era rappresentato dalla proiezione dei film di Pierino: rispolverata la questione mafia-appalti, in Procura circolava la voce (senza alcun riscontro, si badi bene, solo chiacchiere da bar) che il capitano De Donno avesse preparato un anonimo per un magistrato di Catania (Felice Lima), per spostare l’indagine mafia-appalti da Palermo alla città etnea. Borsellino, allarmato da quel pettegolezzo, lo giudicò calunnioso e chiese un incontro riservato con Mori e De Donno. Canale organizza tutto, scorta Borsellino nella caserma e il giudice resta con i due ufficiali per una decina, quindici minuti. Quindi Canale riaccompagna Borsellino in Procura.
Un’audizione che per il giornalista conferma che quell’incontro non aveva nulla a che vedere con il “Corvo 2”, bensì l’indagine scaturita dal dossier mafia-appalti. Un incontro di dieci, quindici minuti che riguardava quel punto cruciale a cui si attribuiscono le stragi di Capaci, già avvenuta, e quella di via D’Amelio che sarebbe avvenuta pochi giorni dopo. Dieci minuti. Dieci minuti. Il destino d’Italia deciso in un quarto d’ora, forse anche meno, giusto il tempo di prendere un caffè e scambiare due chiacchiere. Borsellino, che voleva indagare sulle ragioni della strage di Capaci, nella quale aveva perso la vita il suo amico Giovanni Falcone, entra, saluta, chiede: “Dunque, questi appalti mafiosi, come siamo messi?”, e Mori e De Donno rispondono: “Ah, sì, quelli… Tutto a posto, tranquillo, giusto due appuntini…” E via, Borsellino se ne va, ignaro che in quei pochi minuti si è giocato il futuro. Un incontro lampo, degno del miglior speed date politico-giudiziario.
Fine anno scolastico. Verdetto finale del Professor Aliprandi: Tutti bocciati!
E l’incontro di dieci minuti? Se così fosse, noi lo avremmo bocciato per la sua assurdità. Un incontro di tale brevità, per un tema di tale portata, sarebbe la prova che la giustizia e il giornalismo a volte hanno un senso dell’umorismo tutto proprio.
Il Professor-giornalista che ha redatto l’articolo del Dubbio, con la sua meticolosa (e forse involontariamente comica) analisi, avrebbe fatto meglio a sostenere lui gli esami in Commissione, magari avrebbe conseguito un premio di consolazione.
Da mafia-appalti questo è tutto, in attesa di un’altra perla di saggezza che riguardi la Commissione antimafia, se è vero, e non vogliamo dubitarne, che la presidente Chiara Colosimo, nel condannare gli anni delle stragi rosse e nere, voglia approfondire i coinvolgimenti nelle stragi, auspicando che lo faccia anche per quelle del ’92 e per gli omicidi eccellenti sui quali indagava Falcone, a partire dall’omicidio di Piersanti Mattarella, considerando mafia-appalti per quello che fu: una concausa e non certamente l’unico movente da addebitare a “Cosa nostra” salvando tutte le convergenze e i fattori esterni che in ben altra direzione portano.
E il voto al Professore-giornalista? Quello datelo voi… vi prego, però, siate clementi, non è un cattivo ragazzo…
Gian J. Morici
P. S. Non dimentichiamo che per i mafio-appaltisti anche il delitto Mattarella fu solo opera di “Cosa nostra”…