Sta facendo molto discutere l’arresto di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, avvenuto all’aeroporto di Le Bourget, nei pressi di Parigi, accusato di essersi reso complice di attività illegali che avvengono sulla nota app.
Attività che vanno dal terrorismo alla pedofilia al traffico di stupefacenti.
Tra giornalisti, opinionisti e utenti dei social, si è aperto un dibattito in merito alla libertà di opinione e il diritto di tutela della privacy.
Per comprendere cosa sia Telegram e l’uso che ne è stato fatto, è sufficiente leggere la pagina dedicata alla app da Wikipedia.
Perché è stato arrestato Pavel Durov?
A prescindere dalle tante motivazioni più o meno veritiere che possono ricondurre al suo arresto, una è innegabile, Telegram potrebbe dare un supporto alle autorità per perseguire i criminali e i terroristi che usano la piattaforma ma sceglie di non farlo.
Come funziona il mercato della droga su Telegram
“Telegram – come riportato in un interessante post su Facebook – ospita una miriade di fiorenti mercati della droga che sono diventati un serio contendente ai mercati della darknet, offrendo agli utenti una barriera tecnica all’ingresso molto più bassa. Chiunque abbia l’app può accedere ai mercati della droga di Telegram con un link di invito di un amico e una comprensione su come acquistare e inviare criptovalute. Se questo è troppo complicato, ci sono anche servizi di droga basati su Telegram che, a pagamento, ti permetteranno di effettuare regolari bonifici bancari e saldare il pagamento con il tuo venditore in criptovaluta.
Grazie alla messaggistica crittografata end-to-end e a un’interfaccia semplice, Telegram è diventato una piattaforma popolare per l’acquisto non solo di farmaci – ma anche di droghe […].
Il punto – prosegue l’utente – è capire non solo chi c’è alla fine della cosiddetta “filiera” dello spaccio online, ma individuare anche chi c’è all’inizio della catena: chi sono i fornitori di droga che si servono di canali come Telegram”.
Ma Telegram non è soltanto il mezzo di raggiungere centinaia di migliaia di consumatori di droghe, senza considerare il fatto che la facilità di veicolare messaggi, foto e video pedopornografici lo rende uno strumento che se non controllato e se non vi è alcuna collaborazione con le autorità, ha una notevole pericolosità sociale che spesso, così come per i social, viene minimizzata.
Cosa ci dà la certezza che tanto questa app quanto i social siano stati utilizzati per commettere crimini anche di carattere internazionale?
A questo punto mi è necessario fare una premessa.
Già nel 2011 – per ragioni giornalistiche – ero in contatto con gruppi di ribelli coinvolti nelle ‘Primavere arabe’, tanto da potere anticipare le proteste che in Siria avrebbero portato alla rivolta in Siria.
Canale di diffusione di appelli e messaggi era Facebook, dove due giorni prima dell’inizio della rivolta la “Gioventù del 4-5 febbraio” lanciava i propri appelli contro il regime di Assad (così come riportato in questo articolo del 13 marzo).
Se questa era la parte visibile, ben diverso era quello che si celava dietro.
Sulle pagine e i profili degli utenti, i messaggi e commenti lasciavano già presagire quello che poi scoprii entrando a far parte dei gruppi segreti presenti su Facebook, in particolare dello Stato Islamico, all’interno dei quali si muoveva una strana fauna umana, strani personaggi, Anonymous, appartenenti ai servizi segreti, terroristi, che grazie a messaggi privati comunicavano tra loro.
Telegram ancora non esisteva.
Traffici e terrorismo si muovevano sui social ma mancava un sistema di comunicazione di massa che potesse raggiungere migliaia o decine di migliaia di utenti contemporaneamente.
Soltanto nel 2013 nacque la piattaforma di messaggistica istantanea, immediatamente utilizzata dai terroristi che dopo il 2014 crearono i loro canali per diffondere messaggi ma anche per impartire direttamente ordini ai cosiddetti ‘lupi solitari’ che tanto solitari non erano.
Per ragioni che non sto qui a spiegare – di cui sono conoscenza investigatori e Autorità Giudiziaria – essendo già inserito nel gruppi segreti dell’Isis nei quali mi ero infiltrato (chi avesse dubbi avendone titolo può verificare), venni inserito anche nei canali Telegram di diffusione e in contatti di messaggistica privata con supporter e jihadisti.
Già nel 2015 informavo chi di competenza di come sulla piattaforma di messaggistica istantanea stesse avvenendo una migrazione da parte di estremisti islamici che lasciavano Twitter (non Facebook) per migrare verso Telegram.
Ed era sempre sulla nota app che venivano anche divulgati messaggi provenienti dal deepweb, nei quali si faceva riferimento alle stragi e si davano consigli ad attentatori in fuga.
Telegram si limitava a cancellare utenti e canali segnalati – che tali nel caso dell’Isis potevano essere solo ad opera di eventuali infiltrati – rifiutando di collaborare con le autorità per individuare i terroristi.
È vero che Telegram viene prevalentemente utilizzato per rivolgersi direttamente al consumatore e non per organizzare i grandi traffici internazionali di stupefacenti, ma ciò non toglie la pericolosità di uno strumento che si rivolge a centinaia di migliaia di utenti e che funge da ‘vetrina’ con il mondo sommerso del dark web.
Ed è nel dark che più facilmente si riesce ad entrare in contatto con trafficanti pronti a soddisfare richieste anche da parte di organizzazioni criminali che gestiscono traffici di sostanze meno note ma ancora più pericolose di quelle individuate nel post, come nel caso del Captagon, di cui qualche anno fa ne venne sequestrata in Italia una quantità il cui valore è stato stimato in un miliardo di euro.
Un vasto traffico che interessa ovviamente le mafie italiane, in particolare la ‘Ndrangheta che domina la scena mondiale del traffico di cocaina e che a seguito del sequestro record di 16mila kg di cocaina ad Amburgo, si è scoperto utilizzava piattaforme criptate per organizzare e concludere gli affari.
Siamo certi che sia questa la libertà di opinione e il diritto di tutela della privacy che vogliamo o dovremmo riflettere su quale sia il limite tra queste libertà e il diritto alla sicurezza soggettiva e collettiva?
Gian J. Morici
Questo per quanto riguarda Telegram.
Con i prossimi articoli affronteremo l’uso ‘improprio’ dei social – che spesso nasconde ben altro – e come nel deep e nel dark si sono creati anche altri gruppi social sempre più difficili da intercettare e da infiltrare.