Oggi ricordano alcuni nomi importanti della lotta alla mafia: il vicequestore della Polizia di Stato, Antonino Cassarà, l’agente di Polizia Roberto Antiochia, il magistrato Gaetano Costa e il politico Andrea Raia. Uccisi tutti il 6 agosto dalla mafia; la “colpa” più grande fu quella di cercare, attraverso il proprio operato, di contrastare la criminalità organizzata.
Due studenti, Linda Ligorio e Antonio Grilletta, della classe III sez. G, del Liceo scientifico Filolao di Crotone ci parlano della tragica vicenda di alcuni di loro.
“Il 6 agosto del 1985 morì Antonino Cassarà, anche detto Ninni, vicequestore della Polizia di Stato, nonché un abile investigatore, forse uno dei migliori della Polizia di Palermo. Condannato alla stessa sorte fu anche Roberto Antiochia, agente di polizia. Ninni era il “braccio destro operativo” di Giovanni Falcone e si impegnava quotidianamente contro la criminalità organizzata. Lavorò inoltre con Giuseppe Montana e partecipò all’inchiesta “Pizza Connection” che riguardava i traffici di droga tra gli Stati Uniti e i mafiosi palermitani. Tra tutte però la sua mossa più pericolosa fu il “Rapporto del 162” che svelava i dettagli dell’organigramma di Cosa Nostra, da cui nacque un maxiprocesso che portò alla morte del commissario Giuseppe Montana, a cui Ninni e l’agente Roberto Antiochia erano molto legati. Infatti Roberto quel giorno doveva essere in ferie, ma voleva aiutare nelle indagini sull’omicidio di Montana, quindi si era arruolato volontariamente nella scorta di Cassarà. Nel primo pomeriggio Ninni stava tornando a casa per pranzare insieme ai suoi 4 uomini. Dopo aver salutato sua moglie, affacciata al balcone, una raffica di 200 colpi di kalashnikov dal balcone del palazzo di fronte li raggiunse. In modo eroico, Roberto provò a fare da scudo a Ninni, ma purtroppo i due morirono. Ninni lasciò 3 figli, Roberto una madre che dopo la sua morte si è impegnata come testimone della legalità, andando in scuole, parrocchie e circoli di tutta Italia per mantenere vivo il ricordo di suo figlio, di Ninni e di Montana. Tutto questo per far sì che la loro morte non sia stata vana, che i loro sforzi non siano stati inutili ma, soprattutto, che i loro nomi non vengano dimenticati. Sì perché i loro non erano nomi qualunque, erano nomi di eroi che nonostante i rischi hanno dato tutto quello che potevano, la loro vita, per combattere questa guerra ancora in corso, e che, magari, se tutte queste persone, gli eroi della Legalità, non fossero morte, si sarebbe già conclusa o non sarebbe mai stata combattuta perché la criminalità organizzata non sarebbe stata libera di agire indisturbata seminando morte, barbarie, paura e crudeltà.” (Linda Ligorio)
“Andrea Raia era un membro del Partito Comunista Italiano (PCI) e segretario della Camera del Lavoro locale. Faceva parte della commissione comunale per il controllo dei “granai del popolo”, istituiti per gestire la raccolta del grano e garantire la distribuzione equa del cibo durante la penuria causata dalla guerra. Le commissioni spesso entravano in conflitto con i comitati comunali, specialmente a Casteldaccia, dove Raia denunciava le speculazioni e le irregolarità legate alla mafia locale. Nella notte tra il 5 e il 6 agosto 1944, in via Butera 5 a Casteldaccia, un piccolo comune vicino Palermo, il giovane sindacalista di 38 anni Andrea Raia era seduto su una sedia sull’uscio di casa sua, mentre si alzava per rientrare in casa, all’improvviso, dall’oscurità, furono sparati due colpi, che posero fine alla sua vita. Le indagini sulla morte di Andrea Raia durarono diversi giorni. Furono raccolte le testimonianze della sua famiglia, dei compagni di partito, dei membri del comitato comunale e della commissione di controllo. Nell’estate del 1945, il caso arrivò al giudice istruttore e gli interrogati dell’anno precedente furono nuovamente ascoltati. Tuttavia, i fratelli Tomasello furono prosciolti dall’accusa di omicidio, poiché molte testimonianze a loro favore garantirono un alibi di ferro. Su quella infinita lista di uomini innocenti e dediti alla propria famiglia e al proprio lavoro troviamo inciso il nome Andrea Raia. Possiamo ancora sentire e vedere i suoi sogni, il suo sorriso, il suo coraggio e il suo amore all’interno dei nostri cuori stanchi di ricordare, stanchi di sperare che su quella lista non si possa trovare il nostro di nome, o quello di un amico o familiare. Non sarò qui a dire le solite cose ovvero Andrea è un eroe, un uomo che va ricordato, ma sono qui a dire che Andrea voleva vivere, voleva avere una famiglia, voleva essere semplicemente felice, cosa che per lui non è stata possibile a causa della mafia che rovina vite e sogni. Spero che queste parole oltre a ringraziare Andrea per il suo coraggio ci facciano aprire gli occhi e ci facciano dire basta.” (Antonio Grilletta)
La figura del commissario Cassarà viene senz’altro ricordato per le indagini che portano all’arresto, il 12 novembre 1984, dei cugini Antonino ed Ignazio Salvo. L’iniziativa fu il frutto di un’ampia operazione che aveva visto la collaborazione del personale della Squadra Mobile e del Centro Interprovinciale Criminalpol della Questura di Palermo, del Nucleo Operativo del Gruppo di Palermo dei Carabinieri, e del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, in esecuzione di un mandato di cattura emesso dall’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Il dott. Cassarà aveva cominciato le sue ricerche sin dal 1981 sotto la direzione del Consigliere Istruttore del Tribunale di Palermo, dott. Rocco Chinnici.
Gaetano Costa fu ucciso da sei colpi di pistola P38 sparatigli alle spalle da due killer a due passi da casa sua a Palermo qualche anno prima di Cassarà (1980). Sul lavoro mantenne sempre un atteggiamento molto freddo, serio e scrupoloso. Simbolica è la sua dichiarazione il giorno del suo insediamento a Procuratore della Repubblica di Palermo: “Vengo, disse, in un ambiente dove non conosco nessuno, sono distratto e poco fisionomista. Sono circostanze che provocheranno equivoci. In questa situazione è inevitabile che il mio inserimento provocherà anche dei fenomeni di rigetto. Se la discussione però si sviluppa senza riserve mentali, per quanto vivace, polemica e stimolante, non ci priverà di una sostanziale serenità. Ma ove la discussione fosse inquinata da rapporti d’inimicizia, d’interlocutori ostili e pieni di riserve, si giungerà fatalmente alla lite”. Grazie alle sue indagini si riuscirono a capire gli intrecci economici – finanziari del boss mafioso Rosario Spatola. Tali indagini avrebbero potuto svelare i lati oscuri dell’omicidio del Presidente della Regione Piersanti Mattarella avvenuto a Palermo il 6 gennaio 1980.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ritiene fondamentale smuovere le coscienze delle future generazioni proprio per onorare la memoria dei protagonisti dell’antimafia partendo proprio dalla loro condotta, dall’impegno profuso, e dal contributo civico che hanno dato all’Italia in un periodo storico certamente abbastanza oscuro. Oggi al centro delle nostre iniziative c’è il riaffermare con forza il valore, l’impegno di tali personalità che sono diventati eroi, benché nessuno di loro fosse votato al suicidio; volevano solo semplicemente fare il loro dovere con responsabilità.
Bisogna tramandare ai giovani la memoria storica cercando di evitare la superficialità concentrandoci su un’analisi della persona e dei fatti: il miglior modo per onorarli oggi è responsabilizzare i giovani.
Il CNDDU rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.