Non sarebbe giusto criticare un’opera cinematografica prima ancora che raggiunga il pubblico se non fosse che per quel poco che già sappiamo potremmo descriverla alla maniera in cui Fantozzi definì il film la “La corazzata Potëmkin”.
È sufficiente infatti leggere su Wikipedia che “nella Sicilia dei primi anni 2000, Catello, un politico condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, si vede offerta la libertà da parte dei servizi segreti in cambio del suo aiuto nel catturare il suo figlioccio d’un tempo: Matteo Messina Denaro”, per rendersi conto di come si tratti di un divertente compendio di castronerie e assoluta ignoranza in materia, sia sotto il profilo storico che giudiziario.
Vaccarino non era stato condannato per concorso esterno, né tantomeno i servizi segreti gli proposero alcuna libertà Antonio Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano al quale si fa riferimento, non era stato condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, né si vide offerta la libertà da parte dei servizi segreti in cambio del suo aiuto nel catturare Matteo Messina Denaro, visto che era già un uomo libero.
Nel trailer si vede l’attore che veste i panni di Matteo Messina Denaro mentre detta un ‘pizzino’ destinato a Vaccarino.
Una ‘leggenda metropolitana’ che aveva retto nel tempo grazie a una perizia calligrafica smontata dalla criminalista Katia Sartori.
– Katia, hai saputo che ad ottobre uscirà un nuovo film su Matteo Messina Denaro?
– Si, sono venuta a conoscenza dell’uscita di questo film e ho avuto modo di vedere mio malgrado qualche anticipazione. Dico mio malgrado, perché pur essendo troppo presto per esprimere un parere sul contenuto di tutto il film, dai trailer disponibili, ho avuto modo di constatare che alcune circostanze rappresentate non corrispondono alla verità storica dei fatti. Posso capire l’esigenza di romanzare alcune parti, ma qui non stiamo parlando di un personaggio astratto, ma di una persona che nella sua carriera criminale si è macchiato le mani di sangue. E certe cose, credo che debbano essere raccontate realmente per come sono accadute. Senza storpiare, per l’ennesima volta la realtà dei fatti, posto che alcune certezze le abbiamo e sono granitiche.
– A cosa ti riferisci?
– Il film “Iddu” come sostenuto dagli stessi autori è liberamente ispirato al periodo della latitanza di Matteo Messina Denaro e in particolar modo ai suoi scambi epistolari con l’ex sindaco di Castelvetrano Antonino Vaccarino contenuti nel libro “Lettere a Svetonio” scritto nel 2008.
Nella pellicola Svetonio, che nella vita reale era appunto Antonio Vaccarino diventerà Catello. In una delle presentazioni della trama del film si dice che Catello (quindi Vaccarino) ” dà vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante”.
Peccato che la verità granitica sull’autenticità di quel carteggio tra l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino e il latitante, sia contenuta nelle quasi 200 pagine di consulenza da me elaborate e depositate in Procura.
Conclusioni le mie, certamente non in linea e molto diverse da quanto riportato da precedenti perizie e dal libro di ispirazione, ma che di fatto sono state poi confermate dallo stesso Matteo Messina Denaro dopo il suo arresto.
Verità quindi incontrovertibili, che ancora una volta vengono mistificate e questa volta non dalla stampa, ma a favore di pellicola.
Posso capire l’esigenza di dover romanzare alcuni fatti ma laddove vi è una certezza o quantomeno una verità storica, in anni di bugie e depistaggi, perché non riportarla?
Da quello che si può vedere in diversi dei trailer disponibili, si vede una donna che scrive di suo pugno, alcune parole dettate dal latitante, contenute in un foglio di carta che poi la stessa piegherà. In un successivo spezzone, si vede l’attore che interpreta il Vaccarino che ascolta la lettura di un pizzino ricevuto dal latitante, per poi prenderlo dalle mani del lettore e portarlo via con sé, con la raccomandazione di “bruciare il pizzino”.
Lo spezzone quindi rimanda a quella probabilità, ripeto smentita, che il latitante si servisse di altri per scrivere il carteggio.
Ora ripeto, aldilà delle esigenze cinematografiche, cio’ che ne può uscire dalla visione per quel che riguarda l’operazione SVETONIO/ VACCARINO è completamente fuorviante.
E mi permetto anche di aggiungere che la nota “leggera” quasi “comica” cucita addosso alla figura dell’ex sindaco di Castelvetrano è inopportuna.
L’operazione dei servizi segreti diretti allora dal Generale Mario Mori era un operazione più che congeniale. Si erano serviti di Vaccarino proprio perché il latitante si sarebbe fidato di lui. E così è stato. Il Sisde mirava a scovare il latitante e al tempo stesso tracciare la rete delle famiglie di Cosa Nostra in Sicilia, individuando e debellando gli affari economici. Se questa non rappresenta un’ operazione seria e meritevole di essere raccontata per come è stata…non so cos’altro lo possa essere.
In diverse ricostruzioni nel corso di questi anni si è favoleggiato di amanuensi che scrivevano per conto del latitante, talvolta appartenenti ai servizi segreti. La moglie di Vaccarino che invece ben sapeva dell’importante ruolo rivestito dal marito nell’operazione volta alla cattura del latitante, mi fece contattare dai suoi legali per analizzare il carteggio e il suo contenuto.
Vaccarino e la sua famiglia, è bene ricordarlo, ricevettero una lettera dal chiaro contenuto minatorio, firmata dallo stesso latitante, quando a causa di una fuga di notizie da parte degli organi inquirenti, si seppe sulla stampa nazionale e internazionale delle vere intenzioni dell’infiltrato Antonio Vaccarino.
E quindi, una volta raccolto tutto il carteggio e attinto diverse informazioni circa l’operazione organizzata dal Sisde, iniziai ad analizzarne il contenuto e tutto ciò che poteva essere utile al fine di addivenire a delle conclusioni corrette.
Nonostante le diverse conclusioni, alle quali erano giunti altri colleghi in epoca precedente, presentai ciò che erano le mie di conclusioni.
E lo feci anche nonostante qualche timore iniziale, dato che stavo comunque parlando di Matteo Messina Denaro e non di un picciotto qualsiasi.
Ma il carteggio era autentico. Vaccarino era davvero riuscito ad entrare in contatto con il latitante perché quei pizzini erano scritti proprio da lui.
Le mie conclusioni, hanno per qualche mese scompigliato le carte in tavola, ne sono consapevole.
Diversi giornalisti, magistrati, storici e cultori della materia, hanno sostenuto per anni che l’autore delle lettere destinate a Vaccarino, non fosse in realtà il latitante, poiché non riuscivano a riconoscere in lui quel tipo di bagaglio culturale, che trasmetteva nelle sue parole.
Ma fu poi lo stesso Matteo Messina Denaro ha confermare quanto da me scritto.
Durante uno dei suoi interrogatori, ammise di essere lui stesso l’autore delle lettere a Vaccarino, nonché l’autore della missiva minatoria.
Decretando pertanto, la fine delle innumerevoli storie inventate, manipolate o mal riportate, sul conto di Vaccarino e sulla veridicità, nonché concretezza di quella operazione organizzata dai nostri servizi.
Resta da sperare che – a parte le castronerie – il film riesca a tenere alta l’attenzione del pubblico e dia uno spaccato reale di quello che criminali come Matteo Messina Denaro e altri hanno significato per questa martoriata terra.
Gian J. Morici