500 euro una-tantum e 60 euro al mese per 36 mesi. Dal premio di produttività al contributo “ex ante”, come incentivo per la qualità della vita. Il caso del Welfare aziendale del progetto Riequilibriamo
Un bonus economico una-tantum di 500 euro più una somma mensile di 60 euro per ciascun figlio o figlia minorenne per un periodo di 36 mesi.
Queste le azioni integrative di welfare aziendale messe in campo da alcuni enti del privato sociale che dallo scorso anno stanno portando avanti un progetto di “riequilibrio e conciliazione” fra tempi del lavoro e della vita privata per i propri dipendenti.
Il progetto “Riequilibriamo” è stato finanziato nel 2022 per un milione e centomila euro dal Dipartimento per le politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio e coinvolge 4 enti del Terzo Settore coordinati dall’Istituto Don Calabria di Verona, con attività in Veneto, Sicilia, Lazio, Lombardia, Campania ed Emilia Romagna.
I lavoratori e le lavoratrici coinvolte sono in totale poco più di tremila.
Il bonus economico si aggiunge ad una serie di servizi e contributi che dallo scorso anno sono finalizzati, come spiegano i responsabili degli enti coinvolti, “a migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte all’interno del nostro ambito lavorativo, dimostrando allo stesso tempo che alle azioni di welfare aziendale corrisponde anche un miglioramento della produttività e dell’efficienza dell’organizzazione nel suo complesso.”
Da notare il “cambio di paradigma” legato al bonus economico in busta paga: mentre di solito questo viene corrisposto come “premio ex post”, legato alla produttività, nel caso degli enti che gestiscono il progetto il contributo è erogato “ex ante” proprio come incentivo per il miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e delle lavoratrici, ritenuto un presupposto indispensabile per la qualità del lavoro e la produttività.
Grazie al progetto, i dipendenti dei quattro enti coinvolti hanno potuto beneficiare, insieme ai propri familiari, di una serie di servizi e bonus.
Alcuni dei servizi attivati all’interno della rete della Fondazione Don Calabria per il Sociale ETS, sono rivolti a tutti i lavoratori e le lavoratrici e alle loro famiglie (per esempio la possibilità di accedere gratuitamente a consulenze di tipo psicologico e a sostegno psicoterapeutico) mentre altri sono riservati alle famiglie con minori piccoli (il contributo baby-sitter, i contributi per lo svolgimento di attività ludico-sportive da pare dei minori). Ma il maggior impatto innovativo del progetto è legato alla organizzazione del lavoro, innanzitutto con la possibilità di ricorso esteso allo smart-working e altre forme di utilizzo delle tecnologie digitali, e ancora con modalità di organizzative che tengono conto delle esigenze familiari e di ciascuna situazione specifica.
Oltre a classiche forme di «flessibilità oraria» concordate con i singoli lavoratori e le singole lavoratrici, il progetto prevede infatti il cosiddetto «turno familiare» e le ferie combinate, lì dove sia il marito sia la moglie siano impiegati nella stessa struttura, particolari misure di tutela delle lavoratrici in allattamento, aspettative estese per i genitori di figli piccoli o che hanno necessità di cura per persone con disabilità.
Dall’ultima busta paga, è poi arrivato un contributo economico extra per tutti i dipendenti (500 euro una-tantum) ed uno specifico per chi ha figli minori (60 euro al mese per tre anni per ciascun/a figlio/a). Un ulteriore strumento di welfare, frutto anche del co-finanziamento al progetto che gli stessi enti privati hanno apportato (per circa 400 mila euro complessivi).
Per Roberto Mattina di Opera Do Calabria, “l’elemento interessante del progetto è ovviamente nel suo aspetto umano, che mira a costruire una relazione sana ed un clima sereno per i lavoratori e le lavoratrici. Ma è interessante notare come l’utilizzo di queste politiche abbia determinato un aumento della produttività complessiva degli enti, oltre che una razionalizzazione dell’organizzazione della struttura organizzativa e della spesa. Una conferma del fatto che le politiche di conciliazione, volte a rendere più equilibrati i tempi di vita privata e del lavoro, ricadono in modo positivo sulle stesse strutture ed enti; un elemento che nel caso del terzo settore e di fondazioni e cooperative impegnate nel sociale vuol dire miglioramento dei servizi resi ai cittadini e alle comunità.”