L’Organizzazione esorta tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario, a mitigare immediatamente la crisi, a proteggere i civili e a concentrarsi sugli sforzi diplomatici per difendere il futuro dei bambini nel Paese e in tutta la regione.
Negli ultimi quattro mesi e dopo l’escalation della violenza transfrontaliera tra Libano e Israele, decine di migliaia di famiglie nel sud del Libano hanno perso i loro mezzi di sussistenza e molte delle loro case. 47.000 alberi di ulivo e altre colture, infatti, sono andati distrutti proprio durante la stagione di raccolta.
L’aumento dei bombardamenti al confine e il lancio di razzi iniziato il 7 ottobre scorso, hanno innescato incendi che si sono propagati tra gli uliveti e tra le vicine comunità agricole proprio in una zona agricola tra le più produttive del Libano.
Secondo i dati[1], più di 86.000 persone, tra le quali circa 31.000 bambini, sono state sfollate dai villaggi e dalle città del Libano meridionale. Molte famiglie stanno lasciando le loro case con solo ciò che possono portare con sé e molte stanno affrontando una seconda esperienza di fuga, come donne e bambini libanesi e i numerosi rifugiati che vivevano in tende negli insediamenti informali nel sud del Paese. È l’allarme lanciato oggi da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine in pericolo e garantire loro un futuro.
Il settore olivicolo in Libano coinvolge oltre 110.000 agricoltori e quasi un quarto del terreno agricolo del paese è coperto da 12 milioni di alberi. Secondo le Nazioni Unite, la raccolta delle olive è una delle principali fonti di reddito per molti abitanti dei villaggi libanesi, con una produzione viva che rappresenta il 7% del PIL agricolo del paese. Gli incendi hanno colpito anche le coltivazioni di agrumi e banane e i terreni destinati al pascolo.
Rami*, 14 anni, è stato costretto a fuggire con la sua famiglia e si trova in un centro per sfollati interni sostenuto da Save the Children. “Stavo cercando carburante per la nostra abitazione quando ho sentito gli attacchi aerei israeliani. Sono corso a casa e sono riuscito a prendere solo le medicine di mio padre. Ha il cancro ed è stata l’unica cosa che sono riuscito a prendere prima di dover fuggire, di notte, in un posto più sicuro. Non ho amici con cui posso giocare qui. Voglio che la guerra finisca e possiamo tornare a casa” ha raccontato il ragazzo.
Hassan*, 52 anni, contadino, ha spiegato che la sua casa e la sua terra sono state bombardate il 27 ottobre. “Il mio sostentamento e la mia vita sono intrecciati con la terra. Ho ulivi, noci e 200 polli. Avevamo appena cominciato a raccogliere le olive prima di dover fuggire. Quest’anno avevo più di 300 ulivi, alcuni vecchi di 90 anni. Ora tutto è perduto. Non posso più sfamare la mia famiglia e i miei sette figli. Non so se potrò mandarli a scuola. Quando torneremo al nostro villaggio, dovrò ricominciare da capo”, ha commentato.
L’ONU[2] ha riferito che i combattimenti hanno avuto un pesante impatto sul settore agricolo nel sud del Libano – che è una delle principali fonti di sostentamento e reddito per le famiglie che abitano l’area – proprio durante “un periodo cruciale” come quello del raccolto e della preparazione del terreno per la stagione successiva. I danni implicano degrado del territorio, inquinamento chimico e contaminazione da resti esplosivi.
Il Ministero dell’Ambiente libanese ha recentemente annunciato di aver trovato nel suolo delle aree colpite dall’artiglieria israeliana e dalle bombe al fosforo bianco (un’arma incendiaria, che rappresenta un pericolo per la salute pubblica e l’ambiente locale), livelli elevati di metalli pesanti e 900 volte la quantità normale di fosforo. Secondo il Ministero della sanità pubblica libanese, nel Paese i civili sono stati ricoverati in ospedale a seguito dell’esposizione al fosforo bianco, che rappresenta una seria minaccia per le loro vite. Molte persone sono state sfollate e le loro case e terre hanno preso fuoco, rendendo le abitazioni non più abitabili e le terre non più utilizzabili per i raccolti.
“Lo scenario peggiore sta iniziando a diventare realtà. Stiamo assistendo a migliaia di bambini che fuggono dalle proprie case e a famiglie che perdono l’intero raccolto, la loro unica fonte di reddito. Prima di questa escalation, le comunità libanesi stavano già affrontando diverse crisi, da quella economica molto profonda alla paralisi digoverno, che alimentavano un aumento dei rischi per la protezione dell’infanzia nella popolazione” ha dichiarato Jennifer Moorehead, direttrice nazionale di Save the Children in Libano.
“Qualsiasi ulteriore inasprimento delle ostilità significherà una perdita inaccettabile di vite umane con impatti terribili e di vasta portata sulla vita e sui mezzi di sussistenza dei bambini e delle loro famiglie. Come sempre, i bambini subiranno le conseguenze peggiori del conflitto. Esortiamo fortemente tutte le parti a rispettare il diritto internazionale umanitario e a mitigare immediatamente questa crisi. Tutte le parti devono proteggere i civili e concentrarsi sugli sforzi diplomatici per difendere il futuro dei bambini in Libano e in tutta la regione” ha sottolineato Jennifer Moorehead.
Save the Children opera in Libano dal 1953. Per oltre sei decenni, Save the Children ha utilizzato approcci basati sui diritti per aumentare l’accesso di bambini, adolescenti e giovani a un’istruzione di qualità; rafforzare la partecipazione e la protezione dei bambini in ambito familiare, scolastico e comunitario; e aumentare la sicurezza alimentare e l’accesso a opportunità di sostentamento, come acqua pulita e alloggi adeguati.