L’Italia è un paese di furbi e furbetti.
Frodi, truffe e ladronerie di vario genere sono il pedigree che spesso compare nel curriculum vitae di tanti cosiddetti “furbetti”.
Negli ultimi anni alla categoria dei “furbetti” – prima formata da falsi invalidi, assenteisti e altri – si sono aggiunti i “furbetti del Reddito di Cittadinanza” (di recente abolito ), ovvero coloro i quali pur non spettandogli lo percepivano in danno di chi ne avevano diritto.
Queste “furberie”, infatti, hanno fatto sì che una classe politica attenta al consenso elettorale – e mai alle necessità reali del Paese – ha cavalcato l’onda dello sdegno generale, abilmente da loro costruito, e fomentato dalla stampa, con il risultato di allargare la sacca di povertà, e con i risultati che vedremo nei prossimi mesi quando i poveri, quelli veri, faranno di tutto pur di avere un pasto caldo al giorno, con buona pace dei benpensanti che dovranno fare il conto con il prevedibile aumento dei reati minori.
Una categoria che ancora mancava a quella dei furbetti di vario genere era quella dei “furbetti del PUC”.
La città di Agrigento detiene diversi primati.
Da quello della perenne crisi idrica a quello delle buche stradali, passando dalle transenne di edifici pericolanti – che tali sono e rimangono in eterno – e dall’immancabile immondizia, spesso per colpa degli stessi agrigentini, quando la causa non è delle ditte che gestiscono la rimozione dei rifiuti e lo spazzamento delle vie cittadine.
Con le casse comunali da sempre disastrate, con una classe politica inadeguata – anche questo da sempre – e l’inciviltà dilagante, come risolvere il problema?
Pensa e ripensa, ripensala ancora a lungo, e poi nuovamente – in Sicilia si dice che “chiu longa è a pinsata, chiù grossa è a minchiata”, e se non conoscete il siciliano fatevelo tradurre da un amico -, si arriva, finalmente, alla soluzione: Ci vuole un PUC!
Per chi non lo sapesse, il PUC a cui ci si riferisce non è il codice aeroportuale IATA dell’aeroporto Carbon County, Price (Utah), negli Stati Uniti, né il codice di otto cifre che permette di sbloccare la SIM card nel caso si sia inserito per tre volte consecutive il codice PIN errato, bensì quei “Progetti Utili alla collettività”, ai quali i beneficiari RdC sono tenuti ad aderire.
E qui casca l’asino.
Come tutte le cose ben fatte ad Agrigento, all’adesione al PUC non sono stati chiamati soltanto i percettori di Reddito di Cittadinanza ma anche coloro che lo avevano già perso alla fine di luglio.
Ricordate il signor Giuseppe d Agrigento, che lavora per conto di chi non si sa chi dal mese di agosto, senza percepire alcun RdC e senza essere pagato né dal Comune e neppure dalla ditta che lo ha preso in carico con il PUC?
Dando per scontato che chi lavora dev’essere pagato e che prima o poi qualcuno dovrà pur pagarlo, il povero signor Giuseppe continua a pregare San Giobbe perché gli dia la pazienza di aspettare il giorno in cui riceverà i soldi per fare la spesa e per restituirli a coloro i quali in questi mesi lo hanno aiutato.
Del resto che ad Agrigento ci si debba rivolgere ai santi, è una consuetudine anche da parte delle istituzioni, come dimostra l’immagine dell’appello – del passato – da parte del Comune a San Calogero.
Ma quello che Giuseppe non sa – né può saperlo – e che i PUC possono essere fatti in collaborazione con altri enti pubblici, con il privato sociale o con il Terzo Settore (gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale) e non possono essere società o ditte a scopo di lucro.
Le aziende che con delibera comunale del 19/06/2023 hanno stipulato la convenzione con il Comune di Agrigento, a quale categoria fanno parte?
I percettori di reddito – ormai non più neppure tali – hanno lavorato solo nelle zone individuate nel progetto o anche da altre parti?
Hanno lavorato in sostituzione di dipendenti dell’azienda (fatto in molti casi esplicitamente vietato dalla vigente normativa)?
Come mai la delibera di Giunta del Comune riporta testualmente “L’impegno allo svolgimento del PUC coincide con la durata del beneficio del Soggetto Beneficiario e prevede un massimo di 12 ore settimanali per ciascun Soggetto Beneficiario”, mentre sono stati coinvolti soggetti che non erano più beneficiari di RdC?
E ancora, perché fronte di un massimo di 12 ore di lavoro settimanali, sono costretti a svolgerne 16?
Chi pagherà, e quando pagherà?
Pagherà il Comune?
Pagherà la ditta?
E se è vero che l’abito non fa il monaco, tranne che nel caso di Fra Giacinto, detto Padre Lupara – fatalità anche lui originario della provincia di Agrigento – è altrettanto vero che non è il RdC a fare il furbetto.
Mentre il signor Giuseppe prega San Giobbe perché gli dia la pazienza, forse a verificare la liceità di ciò che accade dovrebbero essere chiamati San Brizio di Tours, i Santi Matteo e Michele Arcangelo, e la Virgo Fidelis.
Tranne che non si voglia che la città di Agrigento ai suoi tristi primati aggiunga anche quello dei “furbetti dei PUC”, ovvero le furberie istituzionalizzate.
Gian J. Morici