
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di C. L. (così per come scritta), una donna della provincia di Agrigento che vive già in condizioni precarie e teme ciò che di peggio può riservarle il futuro:
“Signora Giorgia Meloni Presidente, Dio c’è?
Ho 62 anni, poca scuola e ho lavorato a fare pulizie e lavori di casa con pochi soldi e senza messa in regola.
In Sicilia non si trova di lavorare e quando c’è la paga è poco.
Ho campato con l’aiuto del reddito (Rdc – ndr) e il patronato mi ha detto che per ora non me lo tolgono e che però non si sa come finisce l’anno nuovo.
A 63 anni poi chi mi fa lavorare?
Io pensavo che Dio c’è, pero ora non lo so più.
Avete levato l’aiuto che aiutava le persone a campare, perché c’era chi non gli toccava e lo prendeva.
E quelli che non sono ciechi e malati veramente, che fate, levate a tutte le persone la penzione?
Lei con li altri onorevoli, quelli con lei e li altri pure, li stipendi li prendete e campate.
Ci sono onorevoli che hanno arrubato (rubato – ndr) al popolo e l’Italia e fanno li onorevoli, e questi li difendete.
Li guardo alla televisione che si fanno vedere con la croce e fanno la finta di pregare.
Io non ci credo che Gesù vuole che chi è povera come me deve morire dalla fame.
Allora penso che Dio non c’è.
Io non so arrubbare e non lo faccio e finisce che muoio.
Prima s’ammazzavano l’imprenditori, ora tocca a li poveri e poi a li penzionati.
Io una cosa sola volessi, che tutti quelli che fanno questa penzata scrivono una lettera a li onorevoli e che poi lo fanno davanti a voi.
Io sono vecchia ma penzo a chi non ha tutti questi anni e non sa più come campare.
Quando siamo morti per voi che scrivete le leggi e campate con i soldi del popolo, come guardate nella faccia i vostri figli?
Come andate nella casa di Gesù e vi fate belli che vi fate la croce e dite le preghiere?
Grazie signora Meloni Presidente, Dio c’è?”
Poche righe scritte in un italiano incerto, che fanno però comprendere le ansie e la disperazione di quanti vivono già in condizioni precarie – se non peggio – e temono di perdere quel minimo di aiuti dello Stato che ad oggi gli hanno permesso di sopravvivere.
Un grido di disperazione che proviene da un mondo lontano dai salotti dorati della politica.
L’autrice della lettera è una donna che percepisce il Reddito di cittadinanza e che continuerà a percepirlo fino a dicembre 2023, data oltre la quale sicuramente verrà trovato modo di continuare a garantirle quel minimo che le permetterà di sopravvivere finchè non verrà la sua ora.
Ma solo di percettori di reddito di cittadinanza è composto questo mondo di disperati?
Disoccupati, inoccupati, pensionati, monoreddito, fanno parte di questo mondo composto dalle classi sociali più svantaggiate.
Vogliamo sperare che nessuno segua l’esempio dei tanti imprenditori – troppi – che in passato hanno posto fine alla propria esistenza, presi dallo sconforto di chi costretto a vivere in povertà in un paese dove la fanno da padroni le ruberie, la corruzione e la miseria.
A C. L. abbiamo spiegato che tolto il RDC, il Governo ha previsto altre forme di aiuti alla povertà, e che dunque non deve lasciarsi prendere dalla disperazione.
Ma tolti i casi più estremi, di chi inabile o di chi ha superato la soglia dei sessanta anni, cosa ne sarà di quanti hanno raggiunto un’età che li mette fuori dal mondo del mercato del lavoro?
Una situazione che sta già mettendo in crisi molti comuni del Nord Italia, nonostante da tempo abbiano avviato percorsi di autonomia e progressivo recupero per il reinserimento nel mondo del lavoro dei soggetti più svantaggiati.
Le misure varate dal Governo metteranno in seria difficoltà gli enti locali che dovranno far fronte a nuove povertà senza averne gli strumenti.
Se questa è la situazione delle regioni del Nord Italia, il vero disastro avverrà nel Sud del Paese a causa della mancanza di lavoro e delle difficoltà degli enti locali ad affrontare già oggi lo stato di povertà nella quale versa parte della popolazione.
Cosa accadrà?
Purtroppo, per chi ci crede, non resta che sperare in Dio…. se c’è!