Emanuele Bonafede e la moglie Lorena Ninfa Lanceri, questi i nomi degli arrestati con l’accusa di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, avrebbero ospitato ogni giorno il padrino a pranzo e a cena, controllando che nessuno notasse i movimenti del latitante.
Un servizio di ospitalità e vigilanza ripreso dalle telecamere di attività commerciali vicine, che vedeva la Lanceri attiva anche nel consentire al boss di mantenere i contatti con alcune persone a lui care.
Emanuele Bonafede, nipote del capomafia Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri, avevano stretto un intenso rapporto personale con Matteo Messina Denaro, già prima che nel 2017 lo avessero scelto per fare da padrino di cresima al figlio Giuseppe, per il quale aveva elargito il denaro necessario per acquistare un orologio di rilevante valore.
Con il loro arresto salgono a sei i fiancheggiatori di Messina Denaro finiti in carcere dopo la sua cattura.
Un ruolo di primo piano, quello della Lanceri, nel mantenere i contatti tra il latitante e le persone a lui care, poiché alla donna, molto legata al boss, era stato affidato il compito di gestirne le comunicazioni.
Alla Lanceri, che Messina Denaro chiamava Diletta, gli investigatori sarebbero arrivati partendo dalla testimonianza di una delle pazienti della clinica La Maddalena, Messina dove Denaro, ammalato di tumore faceva la chemioterapia, che divenuta amica del latitante, da lei conosciuto come Andrea Bonafede, aveva raccolto la confidenza di quest’ultimo in merito a una storia che intratteneva con una ragazza di nome Diletta.
Il latitante più ricercato d’Italia, aveva anche messo in contatto Diletta-Lanceri, con la sua amica conosciuta in clinica, tramite chat audio che la paziente ha conservato e le consegnato ai militari del Ros.