Dalla cavea affollata gli spettatori ammirano i gladiatori, ora il Trace, l’Oplomaco o il Mirmillone, nell’attesa che la bianca sabbia si tinga di rosso sotto i colpi del gladio o della sica.
Gli harenari pronti a coprire il sangue man mano che lo spettacolo va avanti.
All’improvviso, quell’uomo gridava, “Gelati”.
Come dicono gli arabi di ogni azione che porta al nulla, è come fare la pipì nel deserto.
Un tragicomico dibattito sulla necessità o meno di rivedere il 41bis, il carcere duro che ha lo scopo di tagliare ogni collegamento tra il detenuto e l’organizzazione di appartenenza all’esterno della cinta muraria.
E quell’uomo gridava, “Gelati”.
Niente libri né musica per il ristretto. C’è anche chi dice che i mafiosi comunicano attraverso i libri.
Sarò scemo, ma non capisco come possa un detenuto comunicare attraverso la lettura di un libro.
Personalmente potrei trovare qualsiasi pena, compreso quella capitale o la tortura, fin troppo blanda per chi scioglie i bambini nell’acido.
Ma io sono soltanto un uomo, non lo Stato…
E l’uomo indicato come il portavoce della mafia, come colui che in tv invia messaggi, continua a gridare “Gelati”.
Nell’Arena non ci sono gladiatori, non c’è sangue.
Resta solo la pipì nel deserto e quell’uomo che grida, “Gelati”.
Che spettacolo pietoso…
Gian J. Morici