“Quando sento la parola cultura, tolgo la sicura alla mia Browning…”
(Joseph Goebbels – Ministro della propaganda nazista del III Reich)
Sembra che la frase correttamente pronunciata dal gerarca nazista sia stata quella che avete appena letto.
La vulgata popolare l’aveva tramandata, invece, in forma di poco differente (“Quando sento la parola intellettuale la mano vola veloce alla fondina della pistola”).
Il senso delle cose cambia poco perché in quella frase c’è tutto il disprezzo che il Potere, oscuro e violento, nutre nei confronti della Cultura.
Beh… potrebbe assumersi che questo sia la conseguenza di un rapporto tra entità tra loro distinte e contrapposte.
Ma qualcosa fa ritenere in maniera diversa.
Ad esempio, sembra assai strano che proprio il gerarca nazista Goebbels (feroce plenipotenziario, per dodici lunghi anni, della sanguinaria macchina da guerra della Wehrmacht) fosse una delle persone più colte della compagine dei pazzi della croce uncinata.
Lui aveva studiato all’Università di Heidelberg, aveva scritto sulla letteratura romantica del XIX Secolo e lavorato come critico d’arte.
Insomma, da un uomo che ben aveva intessuto di Cultura le sue radici era venuto fuori uno dei più fanatici e irredimibili teorizzatori di trucida barbarie.
La Storia è piena di esempi come questo.
Persone di spessore intellettivo elevato che, alla prova dei fatti, dimenticano completamente la loro dimensione umanistica e culturale per abbandonarsi alla più selvaggia e abominevole tra le nature.
Ed allora la domanda si impossessa del pensiero e lo inonda del dubbio: “È possibile che la Cultura non sia poi lo strumento più adeguato a dirigere il pensiero degli uomini per la realizzazione del bene?”.
In fondo è un’idea molto comune in Francia dove fu coniato il detto secondo cui “la cultura è come la confettura, meno se ne ha più la si spalma…”.
Ovvero, guardatevi dagli uomini che della Cultura fanno sfoggio perchè sono gli stessi che non hanno compreso che quello strumento serve proprio a contenere e mitigare l’umana (e a volte beluina…) vanità.
Il tema – invero assai complesso – lo troverete sviluppato in un piccolo libro da poco pubblicato.
Non è un caso che la collana editoriale rechi l’intestazione “Parole Controtempo” e veda il grande costituzionalista italiano, Sabino Cassese, come suo redattore.
Il titolo è: INTELLETTUALI.
Povero professore!
Cerca di inerpicarsi su scenari di parole fraintese per cogliere la definizione di quella parola (che alla fine non trova…).
Lo si legge nella sua disperata ricerca di dare un senso compiuto ad un ruolo – quello di guida intellettiva di un Paese – che nessuno può avere.
La sua missione esplicativa si infrange e naufraga tra gli scogli di una “società civile” che rifugge dal pensiero e dalla meditazione e, quindi, rifiuta di ascoltare.
È vero ciò che lui dice:
“In un mondo di incompetenti, gli intellettuali hanno l’obbligo di spiegare. Perchè c’è un punto, nel mondo più vasto di quello della scienza, dove competenza e democrazia si incontrano.
Nell’immane demenza della nostra ora, gli intellettuali hanno l’obbligo morale di agire…”.
Sì… è proprio vero, esimio professore, che gli uomini illuminati devono farsi guida intellettuale del Paese.
Bertold Brecht (e tanti altri intellettuali come lui) non vi riuscì e la brutalità del nazismo distrusse l’Europa.
Ecco perchè una domanda devasta le sue certezze:
“Nell’epidemia dell’ignoranza serve ancora un medico che cerchi di indicare la strada maestra per la guarigione?”
Lorenzo Matassa